Rapina a Mano Armata di Stanley Kubrick, Pari e Dispari con Bud Spencer e Terence Hill e innumerevoli racconti di Bukowski, tutti accomunati da un luogo, che è entrato nell’immaginario collettivo come simbolo di folli scommesse, di vittorie insperate e cocenti sconfitte. Quasi una metafora della vita.

L’Ippodromo.

Con negli occhi le immagini del film di Kubrick, di cui sopra, ci accingiamo a varcare l’imponente cancello di ferro di questo luogo quasi mitico. Dimenticato dai più, a pochissimi minuti dal centro cittadino è ora ricordato solo per essere la sede di alcune feste di partito o di contrada, come punto di ritrovo per andare a correre, o per vicende molto più tragiche e drammatiche di nemmeno dieci anni fa.

Siamo ignari di cosa sia stato un tempo il nostro Ippodromo, la sua importanza e la sua rinomanza come Centro di Incremento Ippico. Uno stato di abbandono domina l’ampia pista e gli edifici, finestre sbarrate, porte chiuse, stalle dimenticate, erba incolta, se non fosse per i ragazzini dell’Acli Coccinelle, che vociferano e ridacchiano in uno degli edifici adiacenti la pista e per i pochi affaccendati addetti alla festa del PD sembrerebbe un luogo dimenticato, quasi una ghost town del Far West, o lo scenario per un episodio di Walking Dead, siamo lontani anni luce da quello che Charles Bukowski ci descriveva come suo luogo preferito con i suoi mille trucchi con cui faceva qualche dollaro azzeccando i cavalli vincenti di corsa in corsa.

Raggiungiamo la pista, deserta, con al centro uno stand della festa del partito, la desolazione regna sovrana nella canicola di una tarda mattinata estiva. Le gradinate intorno sono abbandonate, popolate solo dai fantasmi di Henry Chinaski, e da un quartetto di quindicenni seduti che scherzano tra loro, fa caldo, troppo caldo, entriamo per cercare un po’ di refrigerio e parlare con il “nostro” uomo sul posto: Gianni Ughi, dell’ufficio gestione del Libro Genealogico del Cavallo di Pura Razza Spagnola (LGPRE), e memoria storica del nostro ippodromo.

Prima ancora di cominciare il tour che ci è stato promesso del luogo, cerchiamo di capire di cosa si occupa l’U.A.I.P.R.E. (Unificazione Associazioni Italiane Pura Raza Espanola). Organizzano eventi dedicati al cavallo di pura razza spagnola, con concorsi di doma classica, dressage e morfologia.

Fino a due anni fa l’ippodromo era gestito dalla Regione, che qui aveva anche alcuni uffici e alloggi per i dipendenti, nell’ultimo biennio invece, andata via la Regione, e anche a causa del sisma del maggio 2012, la struttura e gli edifici di quello che fu il Centro di Incremento Ippico non versano in condizioni ottime, anzi, si respira un’aria di decadimento e di abbandono purtroppo. Al momento la realtà del luogo è composta da alcune associazioni (tra cui il LGPRE) che cercano di mantenere viva la struttura; ci sono l’ACLI Coccinelle che gestisce campus estivi e corsi di equitazione con i pony per i ragazzini, l’importante realtà dell’A.N.F.F.A.S (presenti da diversi anni in questa sede) con la Riabilitazione Equestre per i ragazzi disabili, La Contrada di San Luca che ha la sua sede qui e organizza una volta all’anno, negli spazi dell’ippodromo, la Giostra del Borgo, un paio di trotter, che allenano cavalli e la pattuglia ippomontata della Polizia, che tiene qui due cavalli (di razza Camargue Delta).

Dopo questa rapida introduzione delle realtà presenti il signor Ughi diventa il nostro cicerone nella visita ai luoghi e nella storia del Centro d’Incremento Ippico, coadiuvato dall’ultimo dipendente della Regione che vive ancora qui, il signor Luigi Gazzaneo, altro esperto della storia e delle vicende dell’ippodromo. Nonostante il caldo soffocante e l’impietosa afa che aleggia sulla pista e sugli edifici, uno dei trotter su un sulkie sta allenando un cavallo, si gira per una foto mentre ci addentriamo nella storia del posto…

Foto di Chiara Galloni

La struttura originaria viene creata nel primo decennio del 1900, e dal 1929 il Centro di Incremento Ippico viene gestito dai militari che avevano qui uffici e alloggi, nonché il deposito stalloni. Il Centro è composto da sette scuderie, la prime cinque disposte sul perimetro della pista sono in parte chiuse causa inagibilità per colpa del sisma, una di esse era il prestigioso maneggio coperto, un tempo conosciuto come La Cavallerizza, le altre ospitano i ragazzini dell’ACLI e i trotter, ma il vero vanto dell’Ippodromo, che lo rendeva un’eccellenza nazionale fino a pochi anni fa, è da ritrovarsi nella pittoresca scuderia “La Sansonetto”, che prende il nome da un cavallo fuoriclasse (1891-1919) e la “Pharaon”.  Riusciamo ad accedere a questi luoghi che normalmente sarebbe chiusi al pubblico e scopriamo una parte dell’ippodromo incredibile e dal valore storico fondamentale. Questa è quella che era conosciuta come Zona Sette: il fiore all’occhiello del Centro di Incremento Ippico.

Qui erano presenti laboratori per l’inseminazione artificiale, veramente all’avanguardia per l’epoca, e i box delle cavalle “gestanti”, era uno dei più grandi centri in Italia. Queste due scuderie formavano veramente quella che poteva essere considerata la zona vip dell’ippodromo, dove erano ospitati cavalli di razza purissima, dei veri fuoriclasse. Ora tutto è abbandonato, chiuso e diroccato, Ughi e Gazzaneo ci mostrano altri luoghi interessanti tra cui quella che era la mascalcia, in attività dagli inizi del novecento e ormai abbandonata, dove venivano ferrati i cavalli da tiro tramite il travaglio, e la “giostra”, tutt’ora in funzione, dove si rilassano, “sgambano”, i cavalli che hanno finito di lavorare e si asciugano dopo essere stati lavati. Infine ci segnalano, dall’altra parte della pista, la bocciofila, un tempo parte integrante del Centro di Incremento Ippico. La struttura ospitava un maneggio e la scuola di equitazione Marras, un allevatore sardo, nonché la zona di quarantena dove venivano stallati i cavalli prima di farli accedere all’ippodromo per gli esami medici e le visite di rito.

Prima di accomiatarci abbiamo l’occasione di poter scambiare quattro chiacchiere con l’altra realtà importantissima dell’ippodromo, cioè A.N.F.F.A.S., sempre perché noi del Listone “azzecchiamo i cavalli vincenti” abbiamo la fortuna ed il privilegio di parlare sia con una delle addette alla Riabilitazione Equestre, la signora Montanari che con il presidente Sabrina Carli, casualmente presente all’ippodromo. La Riabilitazione Equestre ( Ippoterapia il nome a livello sanitario), organizzata e gestita da esperti istruttori specializzati presso A.N.I.R.E. (Associazione Nazionale Italiana di Riabilitazione Equestre), si occupa di dare supporto e beneficio tramite stimoli emotivi e tatto-sensoriali, tramite il contatto con i cavalli, ai ragazzi disabili fisici e mentali, per creare un beneficio e toglierli da un sistema medicalizzato e farli divertire. E’ un processo molto lento, ovviamente, ma i ragazzi reagiscono bene e, anche se sul lungo periodo, si possono notare dei miglioramenti. Lo scopo della Riabilitazione Equestre è anche quello di  rilassare i ragazzi sia con il movimento percepito cavalcando sia grazie alla serenità che un luogo come l’ippodromo, chiuso tra alberi secolari e vecchi edifici, è capace di donare.

Ma questo è solo uno dei progetti di A.N.F.F.A.S., c’è ancora tantissimo che questa importante associazione gestisce e organizza, tanto che ci rendiamo conto che, in un’altra occasione, dovremmo approfondire la conoscenza con questa grossa realtà e dedicarle sicuramente più spazio. Salutiamo il presidente proprio con questa promessa, e veniamo invitati a visitare la loro sede, il Parco della Vita.

Come ultimo ringraziamo ulteriormente Ughi per la sua disponibilità e mentre uno dei trotter riporta un cavallo alla scuderia, guadagniamo l’uscita, sicuramente un po’ più ricchi per aver ridato luce e lustro, anche se solo per qualche ora, ad un luogo storico di Ferrara, una struttura che sicuramente meriterebbe di poter tornare agli antichi fasti, perché certe volte basta veramente scommettere poco su un brocco e vincere molto, ritrovando un fuoriclasse incredibile, come per molte cose basta crederci, o almeno provarci…

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