Il bianco e nero delle fotocopie non restituisce i colori di un evento, ma forse ne suggerisce le sfumature. Quasi alla stregua di una radio che, senza illustrare, si limita a lasciare spazio all’immaginazione di chi ascolta. Se l’evento in questione è il ‘Ferrara Buskers Festival’, allora per provare a raccontarne l’evoluzione negli anni tornano utili alcuni articoli di giornale. Le fotocopie infatti riproducono alcune pagine del Resto del Carlino e sono il frutto di una piccola ricerca nell’archivio della biblioteca Ariostea. Le date che recano in cima rimandano ai giorni di agosto del 1988. Una settimana ferrarese che, oltre al consueto caldo estivo, verrà attraversata da un’insolita carovana di musicisti. ‘Musicisti di strada’, ‘menestrelli’, ‘buskers’, scriveranno in molti.

Pescando un vocabolo che affonda le proprie radici in un verbo spagnolo: ‘buscar’. ‘Cercare’. Cercare un posto, cioè, dove andare a suonare, perché la musica per diffondersi non ha bisogno di un palcoscenico, ma si accontenta di una piazza, di una strada, di un marciapiede. E i primi articoli a interessarsi dell’argomento tentano di fotografare la variopinta atmosfera che si respira allora nel centro storico. Così, in mezzo alla cronaca che, nel frattempo, con la ripresa della Coppa Italia, scrive di coloro che sognano il tredici al Totocalcio affidandosi a schedine da duemila o quattromila lire, e fra un pezzo che riferisce delle trattative per il rinnovo del contratto integrativo provinciale dei braccianti, e l’agenda dei film in città che riporta che al Ristori, uno degli undici cinema allora attivi, proiettano ‘Le mille luci di New York’ con Micheal J. Fox, c’è spazio anche per un titolo che recita «Arte vagabonda». Con l’incipit a chiarire che «per una settimana in città si fermeranno gli artisti girovaghi». E un po’ per girovagare fra i ricordi, un po’ per volgere lo sguardo al futuro del Festival, abbiamo incontrato il suo ideatore e direttore artistico Stefano Bottoni.

Il ‘Ferrara Buskers Festival’ è nato nel 1987, mentre la prima edizione risale al 1988. Come è nata l’idea e cosa ricorda di quell’anno di debutto?

Da ragazzo seguivo con interesse due eventi: il Festival dei Due mondi di Spoleto e quello del Mandorlo in fiore, che si svolgeva ad Agrigento, nel mese di febbraio. Il mio progetto era di realizzare a Ferrara una manifestazione dedicata alla figura del musicista di strada, intesa come vera e propria filosofia di vita. Cercavo un nome che potesse essere di facile richiamo e contenere al suo interno anche il riferimento alla città di Ferrara. La parola ‘buskers’ per indicare gli artisti di strada mi venne suggerita da Laura Lodi, una futura collaboratrice del nostro staff, che in quel periodo studiava a Londra, dove quel vocabolo veniva utilizzato. Mi piaceva molto la musicalità di quella pronuncia. ‘Ferrara Buskers Festival’.

In città c’era più interesse o scetticismo?

Senza dubbio c’era molto scetticismo. Anche noi organizzatori cominciavamo a vedere alcuni segnali di un probabile fallimento quando ci rendemmo conto che, una volta arrivati al mese di agosto, eravamo riusciti a contattare circa otto-nove gruppi su venti. Fortunatamente, grazie all’impegno di diversi amici, siamo riusciti a reperire i gruppi mancanti. Siamo andati a cercare alcuni di loro anche al giardino di Boboli, a Firenze. Fu una situazione molto naif. I musicisti che scelsero il Festival, li definisco i ‘non San Tommaso’ perché non c’erano garanzie sulla riuscita dell’evento, ma accettarono di esserci pur sapendo che sarebbero stati pagati dopo.

Con alcuni dei primi musicisti invitati siete rimasti in contatto?

Certamente. In questa edizione, per esempio, fra gli invitati c’è Ray Austin che suonerà per festeggiare i suoi settant’anni di età.

Qualche aneddoto curioso?

Mi viene in mente l’invito che abbiamo rivolto alla regina Elisabetta per l’edizione del 1997 e la sua risposta per iscritto, datata luglio di quell’anno, con cui ci ringraziava ma non poteva concederci il suo patronato.

Foto di Eugenio Ciccone

Con quale criterio ai musicisti venivano e vengono assegnati gli spazi a rotazione nel centro storico?

Gli spazi venivano e vengono studiati tenendo conto del gruppo che si esibisce. Per esempio, se un musicista suona il violino, cerchiamo di non assegnargli un posto vicino a un gruppo che usa il rullante.

Da quante persone era composto il primo staff?

L’organizzazione è rimasta negli anni più o meno invariata, circa cinque-sei persone.

La prima edizione suscitò l’interesse dei media?

Nell’aria si avvertiva il profumo di qualcosa di nuovo e alcune televisioni locali e nazionali se ne accorsero. Ricordo un servizio di quarantacinque secondi al Tg3 regionale e uno al Tg2. In più la Rete 2 fece alcune dirette radiofoniche e ci contattarono alcune televisioni straniere.

Nell’anno successivo, a Ferrara, arrivò a suonare, mimetizzato fra i gruppi, un artista come Lucio Dalla. Come sono nati i contatti?

La prima volta che incontrai Lucio Dalla fu in un giorno di novembre del 1986. Era venuto a trovarmi nella mia officina, incuriosito dall’idea del futuro Festival. Io non potevo ancora crederci quando lo vidi. Venne accompagnato dall’arrangiatore Mauro Malavasi. E rimasi incredulo quando mi chiese: «Un giorno posso venire a suonare al tuo Festival?». Nell’edizione del 1989 decise di regalarci una sorpresa. «Se hai venti minuti, arrivo», mi disse. Noi mantenemmo il segreto fino all’ultimo. Come luogo dell’esibizione venne scelta piazzetta San Nicolò. Lui montò il clarinetto e suonò per una ventina di minuti. Ricordo ancora le facce delle persone che gradualmente si rendevano conto che era proprio lui, affluendo in massa e spargendo la voce con gli amici. E proprio per ricordare questo straordinario artista, che avrebbe preso parte lo scorso anno al Festival, il 27 agosto, alle 22.30, in via Cairoli 15, daremo vita a un concerto in suo omaggio, dal titolo ‘Con gli occhi del dopo’.

A partire dal 1990 si decise di dedicare l’edizione del Festival a una nazione. Come nacque l’idea e con quale principio si scelse di volta in volta?

L’idea della nazione nacque per dare una pennellata di colore all’evento. Sono sempre stato io a scegliere secondo un mio gusto personale e in funzione di un criterio che io chiamo di ‘non toccabilità’. Cioè la nazione di un’edizione non deve confinare geograficamente con quella dell’edizione successiva. La prima volta optai per l’Olanda perché fui invitato ad Amsterdam ed ebbi l’opportunità di conoscere diversi gruppi di musicisti.

Come si è arrivati ad aggiungere ai musicisti invitati anche gli accreditati?

Ci si è arrivati per risolvere la questione degli artisti ‘infiltrati’, che intendevano esibirsi in strada ponendo problemi di gestione della manifestazione. In passato vigeva una sorta di accredito ‘a vista’. Da tempo, invece, la richiesta va fatta entro scadenze prestabilite.

E l’apertura del Festival, oltre ai musicisti, anche a mimi, acrobati, comici e cartomanti, da cosa è dipesa?

L’affluenza di artisti di strada che non fossero strettamente musicisti è dipesa da un passaparola crescente con il passare degli anni. Noi abbiamo aperto il Festival anche a queste realtà di arte di strada, facendo comunque rientrare i singoli artisti nella categoria degli accreditati. I venti gruppi invitati sono sempre rimasti dei musicisti.

Di anno in anno sono in parte cambiate anche le strumentazioni degli artisti. I musicisti che si esibiscono accompagnati da un impianto con casse e amplificatori, non rischiano di snaturare lo spirito ‘busker’ del Festival?

Non credo. Ritengo che gli impianti siano funzionali al carico di volume e al genere musicale del gruppo. Penso, per esempio, al caso dei Gunshot. Non è immaginabile un gruppo che fa rock and roll come loro, che suona i propri brani in acustico.

L’allestimento di una macchina organizzativa come il ‘Ferrara Buskers Festival’ è molto complesso. C’è un’edizione della quale è maggiormente soddisfatto?

Sicuramente la prima. Era una scommessa contro tutto e senza alcuna certezza di riuscita.

E qualche errore che si rimprovera?

C’è un episodio legato all’edizione dello scorso anno che mi è particolarmente dispiaciuto. Abbiamo dovuto immediatamente allontanare un gruppo invitato, i cui componenti ubriachi durante un’esibizione serale, si sono denudati in pubblico.

La maggiore risposta di gradimento arriva dai cittadini ferraresi o dai visitatori provenienti da altre città?

Il pubblico è molto vario. Se si guardano le cifre delle affluenze, che sono arrivate a toccare anche novantamila presenze al giorno, inevitabilmente il richiamo riguarda i turisti.

 

L’intero programma della manifestazione, che arriva a Ferrara sabato 24 agosto, è disponibile sul sito internet http://www.ferrarabuskers.com.

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