“Sono nato qui. Mi sono sposato, sono andato ad abitare a Tamara, poi è morto mio padre e sono tornato qui: non lascio mica mia madre da sola. Il telescopio l’ho fatto a Tamara. Qua ho fatto l’osservatorio. La prima sera che ho aperto l’osservatorio è stata nel 1991. Ci ho messo diversi anni a costruire l’osservatorio, sono partito negli anni ’80. Ho fatto tutto io, da solo. Prima è arrivato il telescopio, ma stava fermo a Tamara. Poi mi sono deciso a tirare su i muri, qui in cortile a casa mia. Ho chiamato l’impresa per fare la gettata di cemento, poi ho costruito la cupola di lamiera, deve essere tonda se no non gira mica. Poi il cavalletto e ho montato su il telescopio. Sai, la cupola gira con quell’ingranaggio lì, per seguire le stelle. Meglio del tuo orologio. E poi niente, quando ho finito ho aperto. Da allora ogni sera io sono qui, dalle 22 in poi (indica il cartello sopra le nostre teste). Non chiedo niente a nessuno, intànt. A me fa piacere se la gente viene. Negli anni è venuto chiunque: matti, bambini, scuole, maestre. Chi veniva poi lo raccontava ad altri e così stai sicuro che la sera dopo venivano i suoi amici. E via andare. Ho pure il vino, si sta qui, in compagnia, e io faccio vedere le stelle. Ho iniziato a guardarle da piccolo, non lo so il perché. E’ una cosa che hai dentro, non si spiega mica, che ti fa guardare sempre in alto. Io l’ho sempre fatto, avevo questa passione, sono sempre stato curioso. Volevo sapere tutto. Ho fatto la quinta elementare, non ho mica studiato sui libri. Io le cose le volevo toccare con le mani. Infatti è un peccato, oggi a scuola insegnano tutto sui libri, così i ragazzi non imparano mica niente. Le cose le devi vedere, toccare tu. E io volevo toccare tutto, vedere tutto”.

Continua.

“Sono cinquant’anni che guardo il cielo con altri telescopi più piccoli. Ad un certo punto ho pensato: mi son stancato di fare roba piccola, ne faccio uno grosso e basta. Ne ho fatti una marea prima. Ad ogni modo in cinquant’anni ne ho vista tanta roba che ne ho vista un mare. Capì? Ho visto pianeti, stelle, ammassi stellari, nebulosi, galassie. Il sole, anche. Le lingue di fuoco. Capì? Comete. Halley no, non l’ha vista nessuno qua nel nord. Ho visto i buchi su Giove, nell’atmosfera. L’eclissi totale di sole, e sai quanti anni avevo? Tu non eri ancora nato, diciassette diciotto anni, lavoravo a Copparo e quel giorno lì son stato a casa da lavorare, per vederla. Eclissi totale, che le galline sono andate a letto. Io facevo il verniciatore. Ho verniciato per tutta la vita. I telescopi l’è un altar quél, è un hobby. Chiunque può farlo, non è una roba difficile. Piano piano si fa tutto, no? Roba da ridere. Da solo, certo, sempre, io di mestiere facevo tutt’altro. Ah, ne ho fatti di lavori: son stato nei militari, ho fatto il verniciatore. Ho fatto anche il pittore. Ho fatto anche il ladro, eh (ride): andavo nei campi, a rubare i cocomeri, però prima ritagliavo un quadratino col coltellino, se era rossa la prendevo, se era bianca la lasciavo là. Insomma, di giorno lavoravo, poi quando ero a casa mi mettevo lì e facevo il telescopio. Carta e penna, ho fatto i conti, per vedere la calibratura delle lenti, quelle cose lì”.

Ancora. “Eclissi totale, le galline sono andate a dormire, dava fastidio guardare a occhio nudo, perché le lingue di fuoco del sole brillavano, bastava prendere un vetro, affumicarlo con la candela, e a posto. Adesso quell’eclisse lì viene nel 2081. Forse i suoi figli la vedranno, anche lei, quando girerà con la zanetta, con i reumatismi. Capito com’è la faccenda? Ho studiato su un librettino, come fare i telescopi. I primi li facevo con le lenti degli occhiali. Poi mi son stancato, ne faccio uno grosso e basta. E’ bel gros, quel lì. Il tubo l’ho fatto venire da Milano, col corriere. Era nero, poi dopo l’ho lucidato, l’ho pulito, tagliato e poi tutto il resto. Le lenti le ho fatte fare a Venezia, un certo Zen Romano di Venezia. Son andato io a prenderle, a portare i disegni, come la volevo la lente, tutti i dati, poi sono andato a prenderla. Non mi ricordo neanche più quanto speso. Le lenti, sono lavorate in quattro parti: son due lenti, positive e negative, lavorate in tutti i lati. Ha capito? Ci ho messo tre o quattro anni a farlo, a tempo perso eh, lavoravo anche in fabbrica intanto. La prima cosa che ho visto? C’era Giove in cielo. Tira eh! Ho fatto le diapositive sulla neve su Marte, le diapositive di Saturno mentre tramontava dietro la Luna. Ne ho fatte, di foto. Saturno, coi suoi anelli. Ho il cronografo, vedo anche le Lingue di fuoco. Ne metta poche di foto su internet, eh, che poi le donne mi corrono dietro (ride).

All’inizio ci guardavo io soltanto, nel ’90, non c’era ancora la scala, c’era la scala per staccare la frutta soltanto, e se uno cade vado nei guai. Fatto la scala, ho aperto. Faccio venire tutti, non voglio niente da nessuno, spiego tutto, i vulcani sulla Luna, i mari. Qua mi conoscono dappertutto, capì? Tutta la gente che è venuta qua, si dava la voce l’uno con l’altro, hai capito? Per esempio, viene uno studente universitario, sta sicuro che dopo tre giorni i vien tuti chi. Il genitore col bambino? Dopo una settimana la maestra con gli alunni. Anche se sono di Copparo li faccio entrare lo stesso (ride). Il sismografo me l’hanno dato tutto rotto, l’ho aggiustato e rimontato. E funziona! Questo è un proiettore per le diapositive, quest’chi. Questo qua ce n’è uno di questi strumenti, uno solo: alla mostra dell’hobby ho portato via una bella medaglina d’oro, mostra nazionale, il primo in tutta la mostra, è quello il bello. E’ l’unico microscopio con cui si vede una goccia di sostanza chimica, si vede mentre si formano i cristalli. Anche quell’altro fa da 150 fino a 9500 ingrandimenti, altra medaglia d’oro, l’ho fatto io. Posso vedere oggetti solidi e liquidi, poi il principio dell’invenzione di Backster, che fa vedere l’intelligenza delle piante. Poi là c’è la bacheca dei minerali, la sabbia da tutto il mondo: 2750 provette. Faccio scambio con altri collezionisti. C’è un uovo di struzzo, anche, dal Sudafrica. Gli struzzi, io li ho visti anche a Copparo, però (ride). Sono contento? Quello che ho visto io in cinquant’anni io guardando il cielo! Ne ho vista di roba. Mi spiace per gli studenti, che hanno visto solo la roba sui libri e basta. Allora io gliela faccio vedere. La passione per le stelle? Ci si nasce matti. Ci si nasce, sì. Seria butega, alòra? Ci nasce, viene così la passione. Sono curioso, vado a cercare minerali. Andavo in giro per l’Italia, sabbia qua e là e via andare, poi la scambiavo. Sono andato a Napoli, mi hanno corso dietro, alla solfatara è vietato, non si può più far niente. Però li ho fregati: li ho portati via lo stesso, i minerali (ride). Sono italiano e non posso prendere roba italiana?”.

“Eh. Ma si che tutti possono fare un osservatorio così. E’ stato il primo nato a Ferrara. Capì? Il primo a lenti. Poi a Ostellato a specchio, poi a Bondeno. Brava gente anche loro, venivano anche loro a vedere, così. Tra di noi andiamo d’accordo, eh. Ogni sera c’è pieno di gente, vengono da tutte le parti, i vièn. Da tutta Italia, anche dall’estero, loro parlano la sua lingua, io parlo in dialetto. I giovani hanno il microchip nel cervello. Chi fa da sè fa per tre. Ho conosciuto nella mia vita un grande personaggio, sempre stato disprezzato, dalla popolazione durante la sua vita: era l’aiutante di Guglielmo Marconi. Sapeva tanta di quella roba, Pierluigi Ighina, quello là col maglione blu (indica una foto sulla parete). Ho imparato un mare di roba da lui: la gente rispetto a lui è indietro di duecento anni, garantito. Era un personaggio, scoltamo chi: mai conosciuto un personaggio del genere. Sempre disprezzato: calcolato matto, dalla popolazione. L’aiutante di Guglielmo Marconi”.

“Il telescopio che fine farà? Lo lascio a mio figlio, poi veda un po’ lui. Però c’è della gente che non se lo merita. Sono andato a minerali, sull’Appennino, c’erano due donne, vengono da me, ‘Vuole comprare dei minerali? Siamo due maestre, un signore è morto e ha regalato alle scuole i suoi minerali, e noi vogliamo sbarazzarcene’. Gli son corso dietro. C’è della roba che rimani disgustato. Fai una bacheca, la lasci nelle scuole, spieghi agli studenti, così li vedono coi loro occhi, i minerali. Va bèn. Chiudiamo? Gente strana qui è passata, di tutte le razze, anche gente che la sapevano lunga come la povera Margherita Hack, che per vivere però facevano altri lavori, ma la sapevano ben lunga, quelli là. Un altro, un professore, cercava le mappe astronomiche, ‘ha una matita e un pezzo di carta?’, gliel’ho data, prende misure, ‘volevo vedere l’anulare della Lira!’, gliela faccio vedere dico, ‘no, la voglio trovare io’, fa i calcoli, alla fine gli dico: ‘guardi che nel telescopio mancano i dischi orari, se vuol vederla gliela faccio vedere io’. A occhio nudo non si vede mica, io però vado senza calcoli, vado con le costellazioni, con i disegni che ci sono in cielo. La mappa (indica un planisfero appeso alla parete) ormai è solo per bellezza, io guardo in cielo ormai, io vado direttamente dove si trovano le costellazioni. La mappa è il cielo. Capito? C’è l’ammasso globurale di Ercole, la Lira. Sono cinquant’anni che guardo in su. Di giorno lavoravo, di sera guardavo le stelle. Tutte le sere spiego alla gente, le distanze, tutto, gli anni-luce. Hai capito? Sono una persona curiosa.

Ce ne sarebbe di altra roba da scoprire. Ho anche una rana con sei gambe (apre l’armadietto, tira fuori un vasetto con dentro in formaldeide una rana da sei gambe). Ho una collezione di lumache, conchiglie microscopiche. La rana stava qui, le avevo fatto il recinto, le davo da mangiare, l’avevo anche addomesticata, stava in mano. Perché aveva sei gambe? Perché poi chi la mangia paga di più (ride). C’è un mare di roba, qua dentro. Ferrara? Ferrara è una bella città. Sono rare le città col castello in mezzo. E’ bella da vedere. Però dipende dalla gente, poi. Le faccio vedere la rana, poi chiudo e vado a fare qualcosa. Quanta robina che c’è qui dentro (apre una bacheca). Questo è un pesciolino mummificato con la piramide. Questa è la coda di un serpente a sonagli. Questa è una testa di squaletto. Quanta roba che c’è. Denti dell’ippopotamo. Pallina di erba sputata da un gabbiano. Disinfettata, nel diluente mezza giornata, eh. Questo è un baco da seta, guarda s’lè bèl. Ac zapèl. Il fiore del cotone. C’è solo a Ferrara, ma qui dentro però. Il nido dell’ape regina, è di cera eh. Questa è la radio. Funziona senza pile, senza valvole, senza niènt: si alimenta con la corrente nell’aria, l’energia elettrostatica. Capito com’è la faccenda? Con questa qua da bambino sentivo fino a Radio Praga, trasmissione in lingua italiana. Capito che confusione qui dentro?”

“Tutte le sere, anche a Natale, io apro”, conclude. Aziona la cupola, entra un po’ d’aria, le zanzare continuano a rosicchiarci la pelle. “Vado a inchiodare le mie assi, allora”. Mentre saluta, guarda per un po’ in basso, per terra, armeggiando con il suo bastone. Mi sembra quasi stanchissimo, per tutto quello che ha visto, senza muoversi mai da qui. Ma non si stanca mai, di tenere aperto tutti i giorni? “Ma no. Passo il tempo in compagnia”.

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24 Commenti

  1. Letuall scrive:

    La prova che l’impegno e i sacrifici ripagano sempre…complimenti per le foto…davvero significative rapportate alla storia descritta nell’articolo.

  2. Laura Ragazzi scrive:

    Grandissimooooo!!! ci sono stata varie volte, sembra di essere in un altro mondo. Angelo è fortissimo, ospitale e simpatico. Complimenti!!!

  3. gianni travagli scrive:

    l’articolo è come una favola contemporanea meravigliosa!!!!!!!!! ho 69 anni e sono nato all’indimenticabile NERELLA vicinissima all’osservatorio ,nipote di Mario Pasti che sicuramente Angelo avrai conosciuto,probabilmente da bambini avremo giocato assieme,voglio esprimerti la mia grandissima stima per ciò che hai fatto e che spero continuerai a fare per tantissimo tempo!!!! .ciao anzul

  4. erika molossi scrive:

    Bellissimo articolo, commovente.
    Ricordi di ragazzina, ci sono stata due tre volte, tornando dalla discoteca.
    Anzul spiegava, infaticabile, tutti i misteri della luna, perchè quella sera ..”an svdeva nient”!

  5. Rita scrive:

    Orgogliosa di essere sua nipote !❤️❤️❤️

  6. Rita scrive:

    Orgogliosa di essere sua nipote

  7. Ermes scrive:

    Bellissimo, bellissimo oltre quello che è l’articolo, già bello, dolce e garbato, ma pensare ad un personaggio simile che si mette in testa di guardare le stelle e per questo si costruisce un’osservatorio … è semplicemente una meraviglia.
    Quando si dice che con la volontà e l’ingegno si fa ciò che si vuole …
    Spero ardentemente di poter riuscire ad andare a vedere questo osservatorio e a conoscere questa favolosa Persona.

  8. cristian bucchi scrive:

    Ciao Angelo, spero tu possa accarezzare le tue amate stelle come hai fatto per tutta la vita. Grazie delle serate e della pelledoca data dalle tue storie…entrate nelle mie orecchie di ragazzino e restate nella mia mente e nel cuore di uomo.
    Buon viaggio.

  9. tania scrive:

    a presto amico …. ieri sera ho mangiato due fette del salame che mi hai portato…sono orgogliosa di averti incontrato…custodirò come tesori i tuoi insegnamenti…io e mamma suoneremo la campana tibetana per te….finchè tu possa riempire la tua energia di suoni d’amore..proprio come le stelle con il loro magico suono,,,,
    ricorda la promessa…
    quand ca mor a vien a tirart i piè….
    ti voglioi bene

  10. paolo benini scrive:

    Ho letto l’articolo e mi sembra di essere entrato in un mondo di favola, di un mondo che non esiste piu’ e che mi fa tenerezza e nostalgia. Non conosco ne’ il personaggio ne’ le sue realizzazioni che mi sembrano eccezionali. Mi riprometto prima della fine dell’estate di andare a trovare lui e il suo osservatorio. E’ un grande personaggio e meriterebbe di essere conosciuto di piu’ e premiato per il suo ingegno. Grazie.

  11. michele scrive:

    CI INCONTREMO ANCORA ANGELO NON SO DOVE E NON SO QUANDO MA SO CHE CI INCONTREREMO

  12. Andrea scrive:

    Un grande uomo indimenticabile.
    Grazie di tutto Angelo,
    riposa in Pace.

  13. Ora sei su una stella pure tu, aspettami , spero che la mia stella sia vicina alla tua così ti verrò a trovare, senza zanetta perchè anch’io soffro di artosi ed è per questo che non ti ho più fatto visita nelle notti d’estate. Il tuo osservatorio con tante lucciole intorno che facevano a gara con le stelle a chi brillava di più. Tutti i tuoi tesori, fossili, minerali più o meno preziosi, tutti catalogati, tutti con una storia. Ma il tesoro più grande era la tua fantasia, le storie che raccontavi con cui hai fatto sognare me insieme 25 bambini di 5/ 6 anni e cinquanta genitori in una notte di fine maggio del 1999.I bimbi non volevano più andare a letto erano le due e così bravi, attenti ed interessati , non li avevo mai visti nemmeno di martedì mattina. Dicevi che dopo la morte ognuno di noi salirà su una stella, ognuno con la propria. E’ per questo che mi piacerebbe fosse vicina alla tua per potere ascoltare altre storie. Eri un grande narratore. Grazie Fiacchi per essere stato: geniale, generoso, meravigliosamente curioso intelligente e fantasioso. Chissà che non ci si ritrovi a bere un bicchiere di vino fresco in un osservatorio tra le stelle.

  14. Mario Pagnanelli scrive:

    Grande perdita…
    Ricordo ancora quando stava costruendo il telescopio a Tamara…
    Sul muro un cartello recitava:
    “Chi arte non sa, butega sera !”

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