Navigare in mezzo alla tempesta richiede l’uso costante di una bussola. Ma come fare nel caso che i punti cardinali di quella bussola siano stati scientemente alterati? In modo da far mutare nell’opinione pubblica la percezione di dove sia il nord? Quando la tempesta si chiama ‘crisi economica’, il ritornello martellante che politica e informazione ufficiale non cessano di ripetere è che lo Stato deve ‘risparmiare’ e tagliare la sua spesa pubblica. Come fosse alla stregua di un singolo cittadino, costretto a ridurre i propri sprechi. Eppure lo Stato non è un semplice cittadino, o meglio non lo era, fino all’ingresso nell’Eurozona.

C’è una teoria economica di filone keynesiano che affronta le dinamiche finanziarie all’interno dei Paesi dell’Eurozona fiaccati dalla crisi, e che punta proprio su questo ribaltamento del tradizionale punto di vista. Il suo nome è Me Mmt: ‘Mosler economics Modern money theory’. A promuoverla, il macroeconomista statunitense Warren Mosler, e a diffonderla in Italia, il giornalista cofondatore di Report Paolo Barnard. La teoria comincia a fare presa su gruppi spontanei di cittadini, dal primo incontro pubblico a Rimini, nel febbraio del 2012, al quale ne fanno seguito altri. Anche a Ferrara qualcuno inizia a studiarne le tesi. «Siamo un gruppo apolitico – spiega Andrea Gilli, aspirante referente economico territoriale – e trasversale composto da circa una quarantina di comuni cittadini. Siamo in prevalenza lavoratori, ma abbiamo contatti anche con qualche studente. Ci riuniamo ogni mercoledì nella parrocchia di Santa Francesca Romana, in via XX settembre, per discutere pubblicamente di queste tematiche. Alcuni di noi studiano per diventare attivisti Me Mmt. Io ho assistito ai due incontri a Rimini, oltre a quello a Venezia. In città abbiamo partecipato a dibattiti con gli economisti Bruno Amoroso e Giulio Sapelli». E proprio il comitato di Cittadini ferraresi per l’economia, insieme alla comunità Emmaus, oltre a Me Mmt Ialia con i gruppi territoriali Emilia Romagna e Ferrara, sono i promotori della tappa estense del tour nazionale di Barnard e Mosler, il 20 giugno scorso, patrocinata dal Comune.

L’incontro pubblico si svolge al cinema Apollo, nella sua ultima sera di attività con la vecchia proprietà. L’affluenza massiccia della gente raggiunge presto il tutto esaurito. Oltre cinquecento persone all’interno della sala, con un’appendice esterna di pubblico in piazzetta Carbone, in contatto con un collegamento audiovisivo. Obiettivo del dibattito di Barnard e Mosler, rivolto a cittadini e amministratori del territorio, è illustrare un piano che consenta di superare il patto di stabilità e dare respiro all’economia locale.

Foto di Giacomo Brini

La premessa dell’approccio della Mmt, ideata sul finire dell’ottocento dall’economista tedesco Georg Knapp, è che il debito pubblico di uno Stato a moneta sovrana rappresenta la ricchezza dei propri cittadini. «Non è vero – sottolinea Barnard – che il debito dello Stato è il debito dei cittadini. Il debito pubblico è il credito dei cittadini». Un messaggio dalla portata dirompente se si pensa che la riduzione del debito pubblico è invece al centro delle politiche neoliberiste di austerity dei governi degli Stati dell’Eurozona, che hanno puntato sul contenimento della spesa pubblica, sulle privatizzazioni e sull’allungamento dell’età pensionabile, paralizzando i consumi e condannando cittadini e piccole medie imprese alla povertà. «I dati forniti dalla Ragioneria dello Stato – continua Barnard – evidenziano che dagli anni sessanta agli anni novanta l’Italia ha speso meno della media europea. Nel 1980 il tasso di risparmio delle famiglie era al 25%, con un’inflazione del 21,2%. Niente a che vedere con l’inflazione del 2009, ferma allo 0,8%».

Dalle parole si passa ai grafici e ai disegni. «Unico proprietario della moneta – illustra Barnard – è lo Stato che crea una spesa e tassa i cittadini. Se il governo crea 100 e tassa 100 realizza un pareggio di bilancio, incassando tutto ciò che spende. Se sciaguratamente il governo decidesse di creare 100 e tassare 120, si provocherebbe una situazione di surplus di bilancio, con la devastazione del settore privato. Al contrario, noi dobbiamo auspicarci un governo che spenda a deficit. Per esempio, che spenda 100 e tassi 70, 80. Quel deficit è il nostro risparmio».

Tuttavia da quando l’Italia si è spogliata della propria sovranità, con l’avvento dell’euro, non è più emissore di moneta. Le origini e le conseguenze di questa adesione ai trattati internazionali sono raccontate e documentate nel libro ‘Il più grande crimine’, un saggio scritto da Barnard con la consulenza di dodici economisti universitari internazionali, scaricabile gratuitamente su questo link: http://paolobarnard.info/docs/ilpiugrandecrimine2011.pdf.

«I governi non spendono a sufficienza – argomenta Mosler – per consentire ai cittadini di pagare le tasse e risparmiare. Pertanto la disoccupazione è sempre creata dalla politica. Un vero economista dice che l’austerity causa l’incremento della disoccupazione. Cosa proponiamo noi all’Unione europea? Di aumentare la soglia del deficit. Oggi è al 3% del prodotto interno lordo. Portiamola a 8, 9, 10%. Semplicemente creiamo un deficit che diventa il risparmio di tutti. Perché deficit e risparmio vanno di pari passo».

La proposta Me Mmt è consultabile al link http://memmt.info/site/programma/. L’ulteriore intenzione dei suoi promotori è di realizzare una coalizione di sindaci dei Comuni d’Italia, disposti a ripudiare i vincoli dell’Eurozona e del patto di stabilità, sostenendo invece le economie cittadine.

Lo spazio aperto ai quesiti del pubblico offre l’opportunità anche a una contestazione. L’assessore comunale al bilancio di Ferrara Luigi Marattin chiede cinque minuti per esporre alla lavagna un punto di vista alternativo, nel brusio crescente del pubblico. Mosler interviene replicando che le sue argomentazioni ricalcano quelle di un economista austriaco con cui ha recentemente dibattuto e che ha sconfitto dialetticamente. La reazione scomposta del pubblico verso il politico che scende dal palco registra comunque il dissenso di Barnard.

Si procede con le domande più varie. Una ragazza chiede come possiamo uscirne. «La speranza – risponde Barnard – è il recupero di una sovranità nazionale e parlamentare nel rispetto della nostra Costituzione, oggi violata in numerosi suoi articoli dai trattati europei». Un giovane chiede se vi siano contatti fra la Me Mmt e i movimenti alternativi legati alla decrescita. Barnard afferma di no. «La Mmt – precisa Mosler – sostiene che se non si vuole la disoccupazione conviene spendere. I maggiori danni ambientali derivano proprio dalla disperazione della gente disoccupata. Inoltre dove è maggiore la disoccupazione, è più facile ottenere voti».

7 Commenti

  1. Gu scrive:

    Dice Barnard: “La speranza – … – è il recupero di una sovranità nazionale e parlamentare…”. Come lo capisce lui lo capiscono benissimo le varie “caste” che governano, solo che sfruttano questo principio proprio sapendo che “…dove è maggiore la disoccupazione, è più facile ottenere voti…”. Non stiamo scoprendo nulla di nuovo, stiamo solo capendo quali ragionamenti sono stati fatti decadi e decadi or sono dalle potenze economiche mondiali e di cui subiamo gli effetti oggi. Chissà cosa stanno architettando per noi adesso? Cosa possiamo fare? Contro l’attuale situazione nulla, reagire alle attuali conseguenze di cause così remote non serve a nulla, come curare la varicella con il fondotinta. A questo giro, o capiamo come far fare un salto di qualità all’ “uomo” o continueremo a prendere degli sberloni senza capire da dove vengono per anni ed anni! Mio modesto parere…

  2. Michele Travagli scrive:

    Ma perché non portare il deficit al 50% del PIL, o al 90% o al 100%? Non c’è argomentazione dietro la MMT, nessuna considerazione finanziaria (o va da sé, produttiva, sembra che imprese e risparmiatori siano espulsi dal “modello”).
    Senza contare che, come ho chiesto senza ottenere risposta da Mosler, di fronte alla svalutazione dovuta al ritorno alla lira, come si comporterebbe il potere d’acquisto dei dipendenti? Come a Weimar o in Ruanda negli anni ’90? Con una spinta inflazionistica folle che, non dimentichiamolo, è la più grande imposta regressiva che possiamo conoscere? (Einaudi lo diceva, il padre dell’editore).
    Non so, a me i santoni non piacciono mai, men che meno le soluzioni semplici e sbagliate a problemi complessi.

  3. stefano scrive:

    A Michele Travagli faccio una domanda. Quali soluzioni proponi? Perché almeno questi una soluzione, per quanto semplicistica. ce l’hanno. Non so niente di MMT e neanche m’interessa più di tanto. Ma mi pare ovvio che da quando siamo entrati nell’euro e abbiamo perso la possibiltà di stampare moneta, l’Italia ha subito un processo di deindustralizzazione senza precedenti nella storia. MMT o meno, è arrivato il momento di ricontrattare i trattati capestro che i nostri simpatici politici hanno firmato alle nostre spalle. Dobbiamo riprenderci la capacità di fare politiche nell’interesse dell’Italia, cosa che al momento, con i vincoli a cui ci hanno costretto, non è possibile fare: come dice Letta: non ci sono i soldi. E quindi, ce li prende a noi. Le cose non potranno andare avanti ancora a lungo così.

  4. Paolo Bevilacqua scrive:

    Interessante che nella breve bio, blasèe quanto basta per essere conformista e trita, del giornalista ci sia la frase “odio il neoliberismo”. Chissà quali colpe terribili ha un movimento che non ha mai fatto nemmeno lontanamente capolino nel nostro Paese – un Paese costruito sulla sfrenata spesa pubblica e su uno statalismo che neanche in Vietnam! – agli occhi dell’estensore del pezzo. Ma probabilmente pensarci non è affascinante quanto raccontare di piangere di fronte ad un melò come La meglio gioventù.

  5. Antonio scrive:

    @Michele Travagli. La questione Weimar è una obiezione che puntualmente accade in questa situazione. E’ bene fare mente locale su COSA FU, economicamente parlando, WEIMAR. Weimar fu un fenomeno di iper-inflazione, che nulla ha a che vedere con la situazione attuale. Mi spiego meglio: andiamo indietro nel tempo. La Germania aveva perso la prima guerra mondiale. Con il trattato di Versailles, i vincitori decisero che doveva pagare i danni di guerra. I vincitori costrinsero costrinsero la Germania a pagare troppo, e troppo in fretta. Quindi, il governo tedesco cominciò da subito a produrre beni da esportazione per guadagnare abbastanza (soprattutto oro) per poter ripagare la colossale mole di debiti. Contestualmente, Francia e Belgio si presero una delle regioni più produttive di tutta la Germania, la Ruhr.
    Ora: l’inflazione arriva soprattutto quando in un Paese ci sono troppi soldi in giro e troppi POCHI prodotti acquistabili. Essendo la Germania costretta ad esportare una mole gigantesca di prodotti per pagare i debiti di guerra, ed essendo privata della sua zona più produttiva, la Ruhr, successe che i prodotti disponibili per il consumo INTERNO diventarono sempre più scarsi. Se contiamo anche che il governo prendeva una parte di produzione per il proprio funzionamento, accadde appunto che alla gente tedesca rimanevano pochi beni da acquistare (la risultante dei 3 fattori elencati sopra). Il governo, per non esasperare oltremodo il popolo tedesco, non volle tagliare gli stipendi nè tassare quanto necessario per contenere l’inflazione, quindi emetteva marchi.
    Risultato: le merci acquistabili scarseggiavano ampiamente, i lavoratori tedeschi percepivano lo stipendio, lo Stato pure (cioè emetteva marchi per le proprie necessità), arrivando ad una vera e propria “competizione” tra governo e cittadini per l’accaparramento dei pochissimi prodotti disponibili per il consumo interno. Situazione disastrosa (il disastro, appunto di Weimar).
    Quindi, Weimar e l’IPER-inflazione ci furono per una precisa combinazione di fattori estremi e di proporzioni ciclopiche.
    L’Italia, oggi, NON è in quelle condizioni, nel senso che non ha questi fattori. Abbiamo un tessuto produttivo che sta implorando di poter lavorare, per produrre beni. Oggi è matematicamente impossibile che possa accadere quello che è successo a Weimar, per cui consiglio vivamente a chiunque di non farsi prendere da questo panico,perchè il caso “italia oggi” e “germania weimar” non sono minimamente paragonabili. Oggi è come se avessimo una pianta in un vaso (tessuto produttivo italiano) al quale stanno dando zero acqua (e assorbendo l’acqua residua). La giusta dose d’acqua (spesa del governo a deficit) in un terreno arido, che effetto fa? Di sicuro non la inonda 😉
    Non fatevi prendere da un panico che è inesistente. Il problema è il deficit che è TROPPO basso. Un giusto deficit elimina la disoccupazione, un deficit errato la aumenta. E’ aritmetica.

    Torno un secondo su Weimar: ci fu un economista inglese in quegli anni che aveva già previsto tutto per Weimar, e che disse prima di tutti che le impossibili riparazioni di guerra imposte alla Germania non solo avrebbero creato IPER-inflazione, ma anche altri effetti spiacevoli (vedi Hitler)…. quell’uomo (che oggi tutti rinnegano) si chiamava John Maynard Keynes 😉

  6. Antonio scrive:

    Aggiungo: oggi nell’Eurozona il tetto massimo deficit/PIL è del 3%. Serve un innalzamento al 7/8%, non del 100%, come sostiene @Michele Travagli. Se aumenti la spesa a deficit portandola al 100%, allora sì, hai weimar. Per capire quanto serve spendere a deficit, basta avere come metro il tasso di disoccupazione.
    Le cose sono molto semplici: il problema è che la cultura economica mainstream spesso non comprende questa cosa (o non vuole comprendere), credendo ancora di trovarci oggi nel goldstandard.

  7. Antonio scrive:

    @Paolo Bevilacqua: anche qui, volevo fare un chiarimento. Osservo la MeMMT dall’esterno, e la sto analizzando al millimetro. La MeMMT non riguarda lo statalismo di cui parli nel tuo post. Ci tengo a risponderti perchè è stato il primo punto di diffidenza su cui mi sono imbattuto.
    Andando a verificare le fonti e soprattutto i primer didattici (contenuti in memmt.info alla sezione didattica, che ti consiglio davvero di leggere, perchè sono anche fatti bene), la MeMMT pone il settore privato AL CENTRO dell’economia, spiegando come la moneta venga gestita e creata dal settore governativo (nella misura della emissione di moneta) MA nell’interesse primario dei cittadini, ovvero del settore NON-governativo. In altre parole, il settore governativo altro non è che il “misuratore” dell’operosità del settore non-governativo (chiamiamolo PIL così capiamo meglio), e solo su questo, erogherà tanta moneta quanto serva a coprire l’occupazione. Ossia: mettere in circolo la quantità moneta adatta (nè un centesimo di più, nè un centesimo di meno) per coprire le necessità dei cittadini:
    – occupazione (il limite superiore è la PIENA occupazione)
    – risparmio privato
    Da qui, ne deriva che le TASSE diventano quindi (e di fatto lo sono anche ora, in un paese con sovranità monetaria) lo STRUMENTO di CONTROLLO dell’economia. Il termoetro dell’economia. In quest’ottica, partendo dal presupposto che uno Stato a monetà sovrana fiat ( ossia: 1)floating 2)non convertibile in oro 3)emessa monopolisticamente dal Governo) può sempre onorare il proprio deficit (nonchè debito), abbiamo che le tasse servono per :
    a) evitare oligopoli
    b) sondare l’economia ed evitare fenomeni anomali, quali eccessive inflazione e deflazione
    c) redistribuire i redditi qualora necessario
    d) dare corso legale alla moneta, darle ragion d’essere
    E’ quindi possibile un Governo nella cui Costituzione vi sia il raggiungimento della Piena Occupazione, con tutti gli strumenti sovrani di controllo e Stabilità dei Prezzi.

    Si può essere d’accordo o meno (questo è un discorso puramente ideologico) ma, a livello oggettivo, questa scuola non è mai stata confutata. E’ vero invece il contrario.
    Qui c’è una delle tante prove, di poche settimane fa: W.Mosler vs R.Murphy : http://www.youtube.com/watch?v=JrhR_IDVAmE
    Qui c’è un’altra testimonianza (Bernard Lieater about MMT):
    http://www.youtube.com/watch?v=AiSM5ozdmgE

    Buona vita a tutti !

Rispondi a stefano Cancella il commento

Prima di lasciare il tuo commento, ricordati di respirare. Non saranno ospitati negli spazi di discussione termini che non seguano le norme di rispetto e buona educazione. Post con contenuti violenti, scurrili o aggressivi non verranno pubblicati: in fondo, basta un pizzico di buon senso. Grazie.