Arriviamo sul tardi lungo la via che porta a Malborghetto di Boara. Arriviamo cantando stonati viiiva viiiva San Maureliooo (con la stessa intonazione della canzone di quel film spettacolare che è Per grazia ricevuta, di Nino Manfredi). Sì, perché la prima cosa che si vede arrivando a Malborghetto è la scritta SAGRA DI SAN MAURELIO, che della sagra paesana ne ha proprio l’odore, i colori. Le macchine dell’autoscontro sulla destra, il ristorante nel tendone bianco e, immancabile, lo spazio per la lotteria in quello blu. Superiamo i bimbi urlanti, evitiamo il baracchino dei dolciumi e in fondo, nascosto dietro alcuni alberi, intravediamo un palco. Eccolo il RockaFe, allora esiste ancora!!!

“Tutto è nato insieme alla sagra paesana” spiega Andrea, uno dei ragazzi che da anni organizza la manifestazione. Infatti RockaFe, festival di concerti che si tiene sempre tra fine maggio ed inizio giugno, sembra essere alla prima occhiata l’‘area giovane’ appendice delle storiche feste de l’Unità, ma molto più ingrandita, molto più strutturata. “Era il 1993 quando RockaFe è nato – continua Andrea – infatti quest’anno compie vent’anni. Il palco era molto più piccolo all’inizio e col passare degli anni si è ingrandito, ma l’idea è rimasta costante nel tempo: pensare ad un luogo adeguato per i gruppi emergenti, che in altre manifestazioni musicali non potevano trovare spazio”.

RockaFe si svolge infatti sopra il manto erboso del parco della fondazione Navarra, coperto per l’occasione da una struttura bianca che da lontano sembra un circo ed è capace di contenere oltre duemila persone, garantendo lo svolgimento dei concerti sotto qualsiasi condizione meteo. “Quello che ci sta a cuore da sempre è valorizzare le nuove band, infatti RockaFe è principalmente un contest che vede sfidarsi tra loro vari gruppi emergenti, anche se tra le dieci serate della manifestazione diamo spazio anche a gruppi più o meno noti. Negli anni sono passati da Malborghetto anche Cevoli e la PFM” spiega Silvia, la fondatrice insieme ad Alberto di questa realtà che è stata la prima (e forse unica) nel territorio ferrarese a dare uno spazio così ben gestito ai ragazzi che si lanciano nel mondo della musica.

“I gruppi che aderiscono al bando vengono valutati da tutti noi dell’organizzazione, che ci ritroviamo ad ascoltare attentamente tutti i demo che ci arrivano dalle band, anche se quelli con l’orecchio più tecnico sono Silvia e Alberto… mentre noi andiamo più… a usta!” mi spiegano Andrea, Chiara e Simona ridendo tra loro. Continua poi Silvia “qui la regola fondamentale è avere il massimo rispetto per chi suona, sia come luci che come audio e palco, vogliamo dare spazio a chi fa musica propria, questa non è la tipica festa della birra dove si sentono solo cover. Inoltre RockaFe diventa un luogo per poter parlare e raccontare le realtà che ci circondano e che vogliamo aiutare”.

Foto di Claudio Furin

Sì, perché quello che forse non risulta all’esterno è che, oltre a dare un palco a band emergenti,  parte dell’incasso ottenuto con RockaFe viene donato ad alcune realtà locali o associazioni, che di anno in anno cambiano. “Questa è la carica che dopo vent’anni ci fa continuare anche se tanti pensano che questa sia la festa del prete perché è collegata alla sagra e che quindi i soldi tirati su con RockaFe vadano alla chiesa” spiega Andrea. Continua inoltre “si fa fatica ad andare avanti perché molti non concepiscono l’idea del volontariato e vogliono essere pagati. Io ho preso le ferie per essere qui, perché coi turni che faccio alla Montedison non ce la farei altrimenti, c’è chi è qui stasera e domani si alza alle cinque per andare a lavorare, come c’è chi si prende mezza giornata per venire ad aiutare, anche solo per tagliare la cipolla e i peperoni in cucina. In tutto siamo un centinaio di volontari e mi fa sorridere quando le persone, anche molti amici, mi chiedono perché lo faccio. Lo faccio perché come gli altri io ci credo ed è triste sentirsi rispondere: io al posto tuo andrei al mare! Mi chiedono anche quanto prendo per farlo e quando dico che di soldi noi non ne riceviamo e che lo facciamo solo per aiutare le associazioni e per fare del bene a chi sta peggio, mi ridono in faccia”.

Un’unione, quella di questi organizzatori, che sembra davvero fare la forza dell’evento, concretizzandosi in un aiuto che il singolo non riuscirebbe mai a fare da solo. “Ad esempio, l’anno scorso – ricorda Chiara – abbiamo raccolto ben 7200 euro che sono stati devoluti alla scuola elementare di Bondeno, colpita dal terremoto, e abbiamo organizzato una cena che è servita a finanziare un defibrillatore, donato alla società sportiva di calcio locale, in seguito alla morte di un loro ragazzo in campo”.

Sicuramente il clima quest’anno ha influito molto sulla manifestazione, e i ragazzi che man mano si sono aggiunti al nostro tavolo ci spiegano come “ogni anno ce n’è sempre una” e quest’anno è stato il grande freddo a rovinare un po’ l’edizione 2013. “Se piove la gente non esce, anche se lo spazio è coperto. E poi c’è da dire che Malborghetto è in una zona ibrida: è vicino a Ferrara tanto che c’è pure la ciclabile per arrivare dal centro, ma manca lo stimolo e la voglia di farsi 4 km, siamo percepiti come fuori mano anche se il mercoledì abbiamo fatto molta gente, forse perché qui ci sono meno restrizioni rispetto alla piazza”. Parlando, viene fuori nel frattempo che molti di loro non abitano in paese, ma vengono da Ferrara o da zone limitrofe, e come sottolinea Filippo “il bello di RockaFe è che si riallacciano le amicizie perse durante l’anno e ci si ritrova qui insieme per coinvolgere tante persone”. Anche perché, a vent’anni di distanza da quel lontano 1993 molte sono le situazioni che sono cambiate tra i ‘veterani’ della manifestazione: alcuni hanno messo su famiglia, altri non hanno più tempo per via del lavoro. “Per fortuna, molti giovani hanno preso le redini della situazione e si sono svegliati un po’ rispetto agli anni scorsi. Finalmente, ragazzi, c’è stato ‘sto ricambio generazionale!” afferma soddisfatta Simona.

Partendo da queste considerazioni, si innescano le ultime riflessioni, come il combattuto tema delle risorse. “Senza soldi non fai niente perché non si riesce a chiamare un gruppo che per suonare chiede 30000 euro. Con la crisi si cerca di trovare il modo di risparmiare, come l’anno scorso che abbiamo convertito i concerti in unplugged altrimenti avremmo dovuto cancellare l’intero programma” precisa subito Andrea, mentre Silvia, forse per via della sua maggiore esperienza, sembra essere più pacifica nel guardare oltre. “Siamo arrivati a vent’anni di RockaFe anche grazie a questo: ci si adegua alle situazioni sempre e, d’altronde… amiamo fare un po’ di fatica”.

“A proposito, ragazzi – interrompe Filippo – io vi saluto, che inizio a pulire la cucina…”.

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