“Sono dei pazzi, io non li sopporto”, “quei tamburi glieli ficcherei nel c***”, “si sposano solo tra di loro, sono una mafia”, “beL! a mi m’in frega un c** daL PaLLio”, “io li odio, pensa quello che fanno ai cavalli”

Ecco, questi sono stati i dati raccolti in questi giorni di maggio, mentre mi aggiravo sospetta per la città chiedendo: “ma tu, sì proprio tu, che ne pensi del Palio?” giusto per farmi un’idea un po’ più precisa su qualcosa di cui – come tanti in realtà – non conosco assolutamente nulla. Ecco. Niente! Poche anzi pochissime le informazioni raccolte prima di incontrare Aldo, Gabriele, Davide ed Elisa. Generazioni diverse, ambiti diversi e soprattutto… Contrade diverse.

Aldo (per la cronaca, uno dei massimi studiosi della storia del Palio e appartenente al Rione Santa Maria in Vado) spiegami, che senso ha oggi il Palio?

“Penso esista in noi una memoria storica inconscia, anche se si è trasformato nei secoli” mi dice titubante. Poi fa un passo indietro nella narrazione e inizia a spiegarmi come è nato, o meglio ri-nato più volte. “Nel 1933 esisteva solo una Ferrara dimenticata, lasciata culturalmente andare, la cui storia non era mai stata considerata, o comunque era stata poco approfondita. Con l’Officina ferrarese – testo d’arte fondamentale –  si vuole restituire a Ferrara quell’identità di capitale europea quale era stata un tempo. In questo contesto si recupera il Palio, o meglio, si crea il Palio moderno. Poi però inizia la guerra e tutto si ferma”.

E poi Aldo, e poi?

“E poi la storia ricomincia alla fine degli anni’60 e qui tutto è differente ancora una volta. È interessante sapere come il Palio non nasca come attrattiva per i turisti, ma fosse invece stato ideato per i ferraresi. Nasce quindi ‘dal basso’, come frutto di un interesse popolare e non di un Comune o di un’autorità. Negli anni ’70 si voleva mettere insieme la gente, fare aggregazione. Così nasce la concezione stessa di Contrada”.

Ecco Aldo, spiegami meglio questa concezione di Contrada, io non ci ho mai capito nulla.

“Semplice (se la ride). Già nel ‘200 esistevano degli agglomerati di vie che creavano l’unità amministrativa minima della città medievale. Queste realtà creavano una zona, collegata a sua volta ad una chiesa e gestivano autonomamente questioni come la pulizia del territorio e l’incanalamento della acque reflue. I ragazzi degli anni ’70 questo non lo sapevano, c’era solo l’idea di fare qualcosa che collegasse il presente con la bellezza di un antico passato. Certo, fa sorridere ora anche solo l’idea che sfilassimo con gli stivaletti da texani e con gli occhialoni, ma anche questo lato fa parte dell’espressione popolare, con i suoi difetti e i suoi limiti.  Da allora però è nato un lavoro di approfondimento che tuttora è in corso, cercando di fare le cose che abbiano un senso…”.

E la Contrada ora? Io ho solo capito che siete 4 Rioni, 4 Borghi e che a maggio vi chiamate tutti Contrada…

“È da quando avevo 12 anni che vivo la Contrada – incalza Aldo – una realtà nella quale ci sono degli obiettivi da raggiungere e si vive insieme con un senso di identità e di appartenenza. In Contrada ci si riconosce in un luogo e in un gruppo, si vive in modo allargato la famiglia e i suoi problemi. Dentro le Contrade si mettono insieme le storie con la Storia, creando esperienze, e questo in un bar non lo puoi fare. Poteva esser qualcos’altro ma quel qualcos’altro non c’è. Qui si sceglie di fare il Palio, si sceglie di fare le prove col freddo a dicembre o con il velluto addosso a maggio. Insomma, non è per tutti. È una sfida, è un mettersi in gioco e un metterci la faccia, apparendo. E ciò non a tutti piace. Bisogna ricordare che Ferrara è una città con dei giardini stupendi ma assolutamente riservati, nascosti ai più. Così, se fai qualcosa di ‘pubblico’ a Ferrara, sai già che molti ti criticheranno”.

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Chi mi parla del mese di maggio? Son davvero curiosa di saperlo da voi, vista la confusione che aleggia fuori…

“È un rito laico e un rito ‘è quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un’ora diversa dalle altre ore’ – sottolinea Aldo, citando Il piccolo principe. E il mese di maggio è una grande avventura, anzi, per alcuni ferraresi è IL MESE anche se, come dicevo prima, per molti altri no”.

Forse per la questione dei cavalli, penso. A proposito, i cavalli?

“La questione della compravendita dei cavalli la sanno solo in 4/5 persone per Contrada che – mi spiega Gabriele, vero guru del Rione Santo Spirito – diventa un gioco di ruolo in cui cerchi di ‘fregare’ il cavallo migliore e il negoziato si risolve spesso anche una romagnola stretta di mano. Anche il Giuramento è un momento particolare: viene presentato pubblicamente, ma cercando di dire il meno possibile su quello che poi si farà in gara. Per fortuna le parole in italiano si possono leggere in modi diversi”, mi racconta divertito.

C’è molta competizione tra le Contrade?

“La competizione si vive di più adesso – mi dice Aldo – perché è una realtà che vive tutto l’anno, mentre negli anni ’70 tutto era concentrato in soli due giorni. C’è però anche un rispetto etico, nel senso che ti rispetto perché condividi con me l’idea del Palio, perciò rispetto i tuoi colori…anche se…”

Anche se vi fate gli scherzi, vero?

“Già! Nei giorni che intercorrono tra il Giuramento e il Palio, si aspetta nascosti al buio anche per ore solo per fare degli scherzi, che sono una provocazione goliardica della sfida, e si rimane sempre un po’ bambini perché partecipano tutti, anche quelli oltre i quarant’anni” spiega Davide, tra i giovani che animano Santa Maria in Vado. “Urla e inseguimenti nella notte con veri e propri agguati con palloncini d’acqua… cosa si fa per carpire qualche informazione! E la cosa più bella è far tardi dopo una vittoria, non vedere il tempo passare e accorgerci tra le chiacchiere che è già l’alba” conclude con gli occhi lucidi Aldo.

Dunque, perché il Palio ha ancora senso oggi?

“Ha senso perché è emozione – mi spiega Gabriele – e il Palio è solo il punto di arrivo di questi otto popoli che si battono per qualcosa che a pensarci è solo un panno – il palio appunto – e non per dei beni fortemente materiali. In realtà – continua –  il Palio non è solo emozione: è anche professione (non pagata). C’è infatti alla base una forma di professionalità, per questo non tutti possono farlo. Il Palio non è una imbalsamazione di quello che era nel ‘400 e noi non siamo rievocatori storici. Ogni Palio è legato alla fase storica in cui si crea: se negli anni ’30 si riprende per volontà prettamente politiche dettate da Italo Balbo a Guido Facchini, negli anni ’70 si passa dal ‘Palio fascista’ al ‘Palio democristiano’ come si diceva allora, perché le Contrade nascevano nelle parrocchie. Le Contrade di Siena non hanno nomi di santi, ma bisogna ricordare che qui c’è stato il Papa!

E cosa rimane invece costante?

A parte i differenti periodi storici, ciò che rimane costante è l’idea di Palio legata al concetto di territorio: lo sono sia il termine rione, che quello di borgo o di contrada. Nella Contrada si annullano i ruoli sociali che si hanno all’esterno. Io, per esempio, ho una moglie e due figli, ma quando siamo in sede siamo quattro contradaioli e ognuno di noi si impegna a fare qualcosa insieme agli altri. Dalla manutenzione agli abiti, dalle coreografie alle attività di autofinanziamento, ogni contradaiolo cerca di tirare fuori il meglio di sé per donarlo agli altri. Siamo sempre in gara e non si può capire il Palio se non si conosce la vita di Contrada. Durante l’anno abbiamo le nostre attività da svolgere e siamo a disposizione anche delle varie realtà del luogo. La gara del Palio è quasi la realtà più semplice nell’arco dell’anno”.

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E i giovani che mi raccontano?

“È un allenamento che dura tutto l’anno, e la gente o ignora o si lamenta e basta – si lancia subito Davide – invece il Palio richiama turisti e tiene soprattutto viva la città, anche in una sfida campanilistica divertente”. “C’è un lavoro dietro molto grande – racconta entusiasta Elisa, che da quando aveva 4 anni è del Rione San Paolo –  e c’è alla base una ricerca che appassiona le persone. Per qualcuno la Contrada è una vera seconda famiglia, un vero luogo di ritrovo attivo tutto l’anno. C’è chi cura il gruppo danza, chi insegna ai nuovi fuochisti, chi si dedica al cucito. Io e altre quattro persone, ad esempio, ci occupiamo delle acconciature storiche, riprendendo le immagini del tempo. La Contrada è luogo anche per far fuoco”, ride.

Non voglio fare la guastafeste, ma…domandone: cosa c’è di negativo?

“C’è  sicuramente un decremento d’interesse oggi per la questione animali” afferma dopo averci pensato un po’ Aldo, mentre per Gabriele “la corsa coi cavalli o la fai o non la fai. Gli animalisti sono serviti a porre l’attenzione sul problema, ma loro come gli altri che non ‘vivono’ la Contrada vedono solo certe cose il giorno del Palio, mentre noi lavoriamo per la sicurezza tutto l’anno, con un protocollo assai rigido e veterinari che seguono costantemente i cavalli”.

E oltre alla questione cavalli?

“Dagli anni del boom economico in poi c’è stato un cambiamento sociale – analizza Gabriele – e molte persone che prima vivevano in centro si sono spostate, tanto che ora il bacino d’utenza dei Borghi (fuori le mura) è assai maggiore rispetto a quello dei Rioni (dentro le mura)”. Continua sulla stessa scia Davide “vengono pochi giovani, anche perché non c’è più l’appartenenza al quartiere. Da quando sbandierare è diventato uno sport, i bimbi vogliono andare nella Contrada dove si vince. Forse era più bello una volta, quando noi eravamo piccoli e te la giocavi, ora invece essendo uno sport è standardizzato e non liberi più tutta la fantasia di prima”, e conclude Elisa “così inoltre si rafforzano le Contrade che hanno risorse umane maggiori e il rischio nel futuro è che rimangano solo due Contrade. Quando la vivi dall’interno fai un po’ di autocritica e ammetti che la Contrada è un luogo chiuso e, anche se vengono fatte attività nelle scuole per farci conoscere, è difficile superare le diffidenze dei ferraresi”.

Finito l’incontro, pedalandoci su, ripenso ai molti discorsi fatti con la gente sul tema Palio, tra cui uno di un illuminato amico che diceva più o meno così: “non si capisce se queste Contrade siano l’ultimo baluardo di isola felice del quartiere di una volta o se siano, invece, l’approdo di un gruppo di esaltati che hanno scelto le corse coi cavalli anziché la zona ultrà dell’A.P.D. Audace Baura”. A tutti voi, l’ardua (e soprattutto ironica) sentenza…

7 Commenti

  1. adino rossi scrive:

    Una frustata di sole in faccia un fine maggio di tanti anni fa aspettando il Palio in Piazza Ariostea…da tanto non leggevo un articolo così vero e intenso…

  2. Daniel scrive:

    Un articolo bello come pochi per far capire a uno come me che del Palio non ne capiva nulla anche se vivo a Fe da 6 anni.
    Questo, come tutti gli articoli del Listonemag non hanno spreco.
    Sono sempre in stessa di vostri articoli. Complimenti per lo sforzo che fatte per portare avanti una rivista come questa con l’impegno e la qualità che lo fatte.

  3. tommy scrive:

    Davvero un bell’ articolo… 🙂

  4. Emanuela Bassan scrive:

    ho scaricato l’articolo e lo leggerò attentamente.

  5. Shishi scrive:

    Un gran bell’articolo, complimenti!

  6. fabrizio scrive:

    Bell’articolo, e giusta l’osservazione sulla corsa dei cavalli che dalla mia “esperienza” da spettatore, e’ purtroppo segnata da un triste evento, avendo assistito dalla tribuna, una ventina di anni fa, all’azzoppamento di due cavalli che avevano infilato lo zoccolo nello spazio tra le staccionate e la terra riportata delle curve di “piazza rio”. I due cavalli si reggevano sull’osso della gamba trascinando lo zoccolo attaccato con la pelle lateralmente. Ovviamente perdendo tantissimo sangue che formava delle pozze nel punto in cui stazionava sulla terra. Da quella volta non ho piu’ voluto vederlo o seguirlo e credo molti spettatori (alcuni si erano sentiti male). Non so pero’ se successivamente si sono avuti ancora eventi causati dall’infrastruttura inadatta (ci sarebbe un bellissimo ippodromo a ferrara, dove i cavalli correrebbero in sicurezza, tra l’altro gia’ sede di rievocazioni e sagre medievali), quindi forse il problema sopra riportato potrebbe essere stato risolto efficacemente.

    • Mirco scrive:

      Rispondo a fabrizio a proposito di palio all’ippodromo…. sembra la giusta location per una corsa in sicurezza ma non è così … la pista dell’ippodromo di ferrara è stata realizzata per le corse al trotto e pertanto ha caratteristiche che sono addirittura dannose per il galoppo … in sostanza i galoppatori su questa pista si “romperebbero” con molta facilità … molto meglio quindi la pista di piazza Ariostoea creata appositamente con tutti i criteri per garantire la massima sicurezza

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