La discesa agli inferi ha un passo cadenzato. Come nei gironi danteschi, l’immersione è spietata  e progressiva, eppure chi ne rimane avvinghiato non sa spiegarsi razionalmente le tappe del proprio declino. Al tempo della crisi, il declino si chiama povertà. E gli strumenti per arginarlo, questo declino, per provare a risalire i gradini di un’esistenza precipitata nella spersonalizzazione, sono spesso affidati all’impegno di realtà che operano nel sociale.

Per difendere i diritti dei senzatetto, di coloro che cioè non possiedono nemmeno i requisiti minimi per ottenere il gratuito patrocinio in un processo, nasce l’organizzazione ‘Avvocato di strada’. L’idea di aprire delle sedi nelle città italiane dove vivono persone senza fissa dimora scatta, nell’inverno del 2000, ai volontari dell’associazione bolognese ‘Amici di Piazza Grande’. La poesia dei versi di Lucio Dalla lascia presto il campo libero alla ruvida prosa delle storie di esclusione sociale con cui si misureranno gli operatori dei vari sportelli.

Intanto il progetto si espande a macchia d’olio e approda a Ferrara nel 2005. A coordinare il servizio nella città estense c’è Raffaele Rinaldi, nel suo ufficio in via Mambro 88. Un servizio in osmosi con l’associazione ‘Viale K’, l’onlus che fornisce beni di prima necessità e accoglienza nelle sue strutture a coloro che cercano cibo e un posto letto. «Noi siamo la rete che sta sotto il trapezista», commenta Rinaldi mentre ripercorre la storia dello sportello ‘Avvocato di strada’ di Ferrara. Sul muro, dietro la sua scrivania, campeggiano le parole di Ulisse recitate nella ‘Divina commedia’. «Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza». In effetti, quando non si possiede niente, la conoscenza dei propri diritti diventa l’unico grimaldello per riscattarsi. «Siamo partiti all’inizio con tre o quattro avvocati che esercitano a Ferrara. Professionisti – continua Rinaldi – che aderiscono all’iniziativa a titolo puramente gratuito, mettendo a disposizione tempo, energie e competenza». Nel dettaglio, il servizio garantisce gratuitamente una tutela giuridica a tutte quelle persone che, sprovviste perfino di una residenza, non riuscirebbero altrimenti a permettersi un avvocato attraverso lo strumento del gratuito patrocinio. La legge, infatti, collega alla residenza una serie di diritti, come la tessera sanitaria, la carta d’identità e di conseguenza la ricerca di un lavoro, o anche il voto. Il calvario dei senza fissa dimora, dunque, ha spesso inizio dalla cancellazione delle liste anagrafiche di un Comune. Poi si sviluppa rincorrendo dinamiche diverse, alimentando una casistica sempre più variegata.

Foto di Giacomo Brini

C’è il pensionato ferrarese settantaquattrenne, andato a lavorare in un’altra regione, tornato nella sua città natale a rovistare fra i rifiuti. «Ci aveva chiesto aiuto – sottolinea Rinaldi – con una lettera. L’aveva dattiloscritta usando un’antica Olivetti, consegnandocela in mano senza dire una parola. Si era separato dalla moglie, era in cattivi rapporti con i figli, e aveva perso la residenza. L’Inps non gli riconosceva alcuni contributi ed era finito a vivere in strada. Noi ci siamo attivati per allacciarlo ai servizi sociali e abbiamo risolto i suoi problemi con l’istituto previdenziale». C’è il giovane dipendente dal gioco. «Ad agosto è arrivato un ragazzo intorno ai trentacinque anni. Fuori c’era un caldo torrido e lui indossava un giubbotto con il bavero alzato, un cappellino con visiera e gli occhiali da sole. Ha detto che, a causa dei debiti di gioco, aveva perso il lavoro ed è stato costretto dalla compagna ad andare via e a cancellare la propria residenza dall’anagrafe. Non ha mai voluto dire quanto denaro ha dilapidato. Noi lo abbiamo aiutato anche a entrare in una comunità contro le dipendenze». E poi ci sono gli stranieri, solitamente di passaggio in Italia. «Diversi si sono rivolti a noi quando è stato introdotto il reato di clandestinità. A volte arrivavano per un semplice consiglio e se non conoscevano la lingua, noi ricorrevamo ad alcuni nosti ospiti nel dormitorio di ‘Viale K’ come interpreti».

Il dormitorio, peraltro, risulta utile per dimostrare all’ufficio anagrafe il domicilio degli assistiti dal servizio ‘Avvocato di strada’. Se invece le persone tendono a spostarsi in continuazione si potrà provvedere a chiedere la residenza in una via fittizia. Gli anni trascorsi, comunque, segnalano una nuova e preoccupante tendenza. «Chi chiede tutela oggi – aggiunge Rinaldi – non appartiene più soltanto alla categoria dei soliti poveri, in prevalenza migranti stranieri, ma a quella degli ‘impoveriti’. Ovvero tutte quelle famiglie italiane che fino a poco tempo prima conducevano un’esistenza dignitosa. Un impatto con la crisi difficile da gestire. Al punto da spingere qualcuno a rifiutare la fila alla mensa per un piatto di minestra, a evitare di sbattere i pugni sulla scrivania di un ufficio amministrativo dei servizi sociali, a preferire all’elemosina la scelta di lasciarsi andare».

Lo sportello di Ferrara non deve fare i conti con la mole di lavoro di quello delle altre città emiliane, eppure ultimamente le richieste di aiuto si intensificano, arrivando a toccare punte di una ventina di casi all’anno. «Un numero – ammette Rinaldi – certamente ancora basso, ma va tenuto in considerazione che chi si rivolge a noi deve poi essere seguito per tutto il tempo del suo iter. La quasi totalità delle questioni legali che trattiamo hanno esito positivo, ma quello che ci più interessa è risolvere gli ostacoli che impediscono un inserimento sociale ai nostri assistiti. Nel 2011 ci siamo occupati per lo più di cancellazione di multe, nel 2012 abbiamo trattato problemi legali di persone dipendenti soprattutto dal gioco, mentre quest’anno la realtà più consistente è quella degli ‘esodati’. La povertà si aggrava con la negazione dei diritti e, a differenza di ieri, oggi abbraccia interi nuclei familiari. Alcune situazioni purtroppo non sono sempre risolvibili. Quando, per esempio, si presenta qualcuno destinatario di un decreto di sfratto esecutivo, possiamo limitarci a offrirgli come domicilio il dormitorio della struttura di ‘Viale K’».

Le carte sulla scrivania dell’ufficio e i nuovi provvedimenti in materia di pignoramento degli stipendi suggeriscono che forse non è più tempo di canzonette. Nel buio di Piazza Grande, i gatti senza padrone oggi sono rari. E i clochard forse non si curano più di rubare l’amore, spiandolo da una panchina. D’altronde i morsi della fame sono un appetito più urgente da nutrire. Eppure capita che qualcuno, se passa da lì, fischietti ancora il ritornello.

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