In basso, a sinistra della porta murata, c’è una scritta con la vernice rossa: ‘Sck’. Un po’ più a sinistra, di fianco all’altro ‘Sck’, c’è il messaggio lasciato da Said: ‘Cerco lavoro, sono un muratore’. C’è anche il numero di telefono. Tra le finestre, anche loro murate, altri tre segni di vita: un pacchetto di sigarette da dieci, l’adesivo di un locale del centro, una bomboletta di tracciatore da cantiere, vecchia almeno di cinque anni. Per capire cosa c’è stato, tra i messaggi di Said e le sigarette abbandonate, bisogna guardare un po’ più in alto, a sinistra della facciata che oggi dice qualcosa solo a chi ha più di 50 anni: ‘In questo teatro, la sera del 7 novembre 1914, Cesare Battisti, con parola ardente auspicò la nostra guerra di redenzione’. Un posto che esiste, insomma, anche se per ora è nascosto tra i ricordi di chi ci è stato, tanti anni fa, e le occhiate di chi ci passa davanti per parcheggiare, per andare alla Cgil o al supermercato.

Ma la sfida oggi è farlo esistere per tutti, il teatro Verdi, almeno per i tre giorni di ottobre in cui la struttura in disuso sarà aperta al pubblico, in occasione del Festival di Internazionale. E’ la storia del vecchio teatro di piazza Verdi, nato nel XVI secolo come ‘teatro degli Obizzi’, completamente rifatto nel 1912 dopo una serie di incendi e crolli, fino all’abbandono dopo la Seconda Guerra Mondiale e alla riapertura come cinema erotico, che lo ha riportato in vita per qualche anno. Poi, a più di 30 anni dalla chiusura definitiva, un nuovo progetto di ristrutturazione, iniziato nel 2003 e interrotto da anni. Oggi il teatro Verdi non lo nota quasi nessuno: difficile riconoscerlo dietro le catene che bloccano l’unica porta non murata, quella che si affaccia su via Castelnuovo. Difficile riconoscerlo guardando l’enorme imbragatura di via Camaleonte, sul lato sinistro della struttura. Difficile riconoscerlo anche dalla facciata, quasi incassata nel cantiere che ricaverà degli appartamenti sul lato destro dell’edificio. Guardandolo da dentro, le cose vanno un po’ meglio: va meglio, ad esempio, se ci si perde nella prospettiva che sembra quasi infinita fermandosi in galleria, al secondo o al terzo piano. Una prospettiva da brividi, che oggi proietta lo sguardo verso un altro segno di vita recente: una scrivania con una sedia, appena un po’ a destra rispetto al centro del palco. Le avranno lasciate gli operai, tra un tentativo di recupero e l’altro. Le cose vanno meglio anche se ci si sofferma sui capitelli, che sembrano quasi sbucare tra una trave e l’altra. Sì – viene da pensare – qui c’è stato qualcosa di importante, qualcosa che vale la pena recuperare, fosse anche un recupero simbolico. Resta il fatto che oggi il teatro Verdi è un simbolo dell’abbandono con una prospettiva poco rosea, dal momento che per recuperarlo servirebbero almeno dieci milioni, forse quindici: cifra inimmaginabile in tempi di bilanci impossibili per i Comuni, e probabilmente inaffrontabile anche per un privato pieno di idee e di risorse. Niente da fare, insomma, a meno di inventarsi qualcosa.

Ma quel ‘qualcosa’ oggi esiste, e si chiama ‘Città della cultura – Cultura della città’, un programma di recupero degli spazi urbani che per il 2013 metterà al centro proprio il riuso – anche se temporaneo – del teatro Verdi. In sostanza, si tratta di mettere in sicurezza la struttura in modo da riuscire ad aprirla al pubblico ad ottobre, in occasione del Festival di Internazionale, con una serie di eventi che metteranno al centro proprio la possibilità di riqualificazione della struttura e di piazza Verdi, che oggi per i ferraresi è sostanzialmente un parcheggio. Ma la modalità più innovativa è il metodo scelto per la raccolta fondi: dei circa 30mila euro che servono per riaprire il teatro, 12mila – la parte restante viene da partner privati e dai bandi degli enti locali – verrà dal crowdfunding, un sistema di ricerca di fondi legati a un progetto che sfrutta i portali internet. ‘Abbiamo deciso di fare questa ‘lucida follia’ che prevede la riapertura del teatro Verdi – spiega l’architetto Maurizio Bonizzi del centro studi Dante Bighi, coinvolto nel progetto insieme a Canapè Cantieriaperti, Eco-Polis e Smart City-Città Creativa – dopo aver fatto un tour nella città addormentata ed esserci innamorati del teatro e della illogica sistemazione del parcheggio. Per questo, dal 4 al 6 ottobre, utilizzeremo l’interno della struttura, che nel frattempo sarà messa completamente in sicurezza, per fare entrare la gente e far prendere coscienza ai ferraresi dell’esistenza di questo spazio. Nel frattempo, anche la piazza sarà ‘riempita’ con diverse attività, con una domanda sullo sfondo: cosa potrà essere del teatro Verdi? Certo, nel 2013 l’amministrazione pubblica non può avere un ruolo trainante nella riqualificazione, ma può avere un ruolo indirizzante: oggi ci sono giovani imprenditori, start up e realtà territoriali che potrebbero essere interessate al riutilizzo di questo contenitore’.

Foto di Lucia Ligniti

Tornando al crowdfunding, l’architetto spiega che ‘la scelta è caduta sul portale francese Ulule, una delle piattaforme più affidabili al mondo per la raccolta fondi destinata a progetti come quello per il teatro Verdi’. La ricerca di finanziamenti è partita ad inizio marzo e si concluderà il 3 giugno: 90 giorni di tempo per raggiungere i 12mila euro previsti (10mila andranno al progetto e 2mila al portale): ‘Un sistema – riprende Bonizzi – che permette anche a perfetti sconosciuti di finanziare un progetto. Ad esempio, nei giorni scorsi abbiamo ricevuto 50 dollari da un cittadino americano che nessuno di noi conosce, ma che evidentemente ha valutato la bontà della nostra proposta e ha deciso di sostenerla’.

Il sistema – per conoscerlo e per contribuire basta cliccare su http://it.ulule.com/cittacultura/ – prevede una serie di premi per chi decide di finanziare il progetto: si va dalla spilla della ‘Città della Cultura’ per chi dona 5 euro alla maglietta per chi contribuisce con 15 euro, dal ‘quaderno d’artista’, insieme all’inserimento nella lista dei ‘riattivatori culturali’, per chi dona almeno 25 euro, fino al nome o al volto del donatore inserito nell’immagine dell’evento (oltre a tutti i gadget) per coloro che contribuiranno con più di 200 euro. Ma il crowdfunding ha anche una caratteristica piuttosto ‘insidiosa’: se non viene raggiunto l’obiettivo – oggi siamo al 40% del finanziamento richiesto, con circa 120 sostenitori – i soldi tornano direttamente alla carta di credito del donatore. O si arriva a 12mila euro o niente, insomma, anche se l’architetto Bonizzi ricorda che ‘andremo avanti in ogni caso, quindi se anche non dovessero arrivare quei soldi, vedremo di adeguare il progetto alle risorse che abbiamo. In fin dei conti non dobbiamo lucidare il teatro, ma solo spolverarlo…’.

Un progetto in cui crede fortemente anche il professor Gianfranco Franz, docente dell’Università di Ferrara e rappresentante del coordinamento di ‘Città della Cultura – Cultura della Città’: ‘Il teatro Verdi è uno spazio affascinante – spiega il professore – ma conosciuto solo dai cittadini che hanno almeno 50 anni. Allora ci è venuta in mente una riapertura temporanea, per ricordare a noi e alla città che questo spazio esiste, per sollevare il problema: parlare del teatro vuol dire anche iniziare a pensare a cosa farne’. Riaprire il teatro, anche solo per qualche giorno, vuol dire riappropriarsi dello spazio, riavvicinarlo ad una città che, tra gli anni che passano e i progetti falliti, si sta dimenticando di lui: ‘Oggi non è in prospettiva la riapertura – spiega l’assessore comunale alla Cultura Massimo Maisto – sia perché per la riqualificazione servirebbero più di 10 milioni, cifra che oggi l’amministrazione non ha, sia perché in città non c’è spazio per un altro teatro lirico, quindi anche una eventuale riqualificazione andrebbe pensata per un uso diverso. Per questo, la riapertura temporanea rappresenta un momento di riappropriazione dello spazio da parte di tutta la città: entrare là dentro, anche solo per qualche giorno, è come affermare che quel posto esiste. A quel punto, potremo mettere in campo una serie di idee per fare chiarezza sulle possibili destinazioni dell’edificio e sulla possibilità di mettere in pratica i progetti’.

Non potendo ipotizzare oggi una effettiva riapertura del teatro, insomma, l’utilizzo temporaneo rappresenta un segnale preciso da dare alla città. Un segnale che dovrà essere accompagnato, come ricorda il sito internet della ‘Città della Cultura’, dalla ‘buona dose di ardita incoscienza’ necessaria per far rivivere un luogo speciale che tanti ferraresi non hanno mai conosciuto.

3 Commenti

  1. Flavia Franceschini scrive:

    Evviva la buona volontà ! Se potesse assomigliare a quello che era la Sala Polivalente, di cui tutti sentono la mancanza ..

  2. Letuall scrive:

    Davvero felice per il teatro verdi. L’ultima foto riassume le speranze di tutti i ferraresi.

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