Il mondo dell’illustrazione è quella dimensione dove o conosci qualcosa, anche qualcosina, e allora noti idee, tecniche, narrazioni e ambizioni, o altrimenti sono solo i disegni, un po’ vittime del pregiudizio zoppicante dell’infantilismo o del disegnetto.

Ecco, tra queste due opposte ragioni si è infilato Find Out, che è stato un festival di illustrazione dal titolo programmatico: scoprire.

Scoprire da dentro come si fa una rivista, scoprire quante declinazioni può avere un’immagine disegnata, scoprire che l’illustrazione è viva e soprattutto vivace, anche se costretta in panorama editoriale infelice.

Basso Profilo, Zuni, Arci e Wunderkammer – sempre attenti a cosa succede in giro – si sono rimboccati le maniche per fare da ponte tra il mondo dell’illustrazione e noi tutti; l’hanno fatto divertendoci, offrendo una serie di spunti multimediali e due esposizioni, un concerto e qualche aperitivo, portando a Ferrara l’allegro carrozzone di Nurant, che è una rivista bimestrale di illustrazioni, e pure l’Officina 9 punti.

Con queste due realtà combinate sono riusciti a offrire una tre giorni di introduzione all’universo dell’ immagine disegnata, chiarendo sin da subito che non sarebbe stato un semplice travaso di visioni e nozioni. Esplorazioni, piuttosto.

Per fare un po’ di ordine:

Nurant è una rivista bimestrale, creata da grafici/illustratori, monografica, che è estremamente curata nella scelta delle carte, dei colori, della grafica e delle illustrazioni; le parole sono poche, lo spazio è tutto dedicato al linguaggio visivo.

Con il tema del carrozzone viaggiante si è presentata a Ferrara con l’ultimo numero, cioè una serie di illustrazioni circensi. Le gigantografie delle illustrazioni, stampate su di un supporto di plastica, sono state incollate alle finestre di Wunderkammer e su altri supporti, e riprese quindi nell’esposizione che potrete vedere ancora per un po’, sempre chez Wunderkammer.
Nurant non era in veste solo di prodotto, ma anche di produttore: ha condotto infatti un workshop nel quale gli aspiranti illustratori sono stati coordinati e affiancati per creare le illustrazioni necessarie a comporre un numero della rivista. Non male.
E in tutto questo, l’Officina 9 punti, realtà tipografica milanese, ha stampato con dei caratteri mobili delle affascinanti copertine.

Foto Basso Profilo

E mentre accadeva tutto questo, o forse ne succedeva solo una parte, in contemporanea, nello spazio di fianco, un incontro tra l’editrice di Topipittori, Giovanna Zoboli, il disegnatore Massimo Giacon e due rappresentanti dell’Associazione Illustratori, spiegava con estrema chiarezza una divisione concettuale che era nell’aria: quella tra chi disegna e l’illustratore.

Il disegnatore è colui che disegna, spesso per passione, seguendo solo e soltanto il suo estro personale. Il compagno di banco che non parla ma disegna, l’amico che riempie di ghirigori ogni superficie scrivibile, il parente che dipinge tele su tele di soggetti inguardabili. La guida è solo e soltanto l’estro personale. Invece l’illustratore è colui che mette al servizio di un messaggio le proprie capacità di disegnatore; non è più una cosa privata, ma è raccontare o rappresentare un qualcosa a tutti, cioè farsi capire, in primis. E allora smette di essere un disegnatore per applicare l’arte ad un linguaggio visivo, comune e condiviso dal suo pubblico.

E il linguaggio visivo torna nel miscuglio di supporti di un live painting da Zuni e di un concerto degli Uochi Toki. Torna quando si parla di parole e della loro importanza nel lavoro dell’illustratore, e allora, anche se si va per un attimo in confusione, si capisce quanto sia fondamentale avere qualcosa da disegnare, qualcosa da voler raccontare per riuscire a creare una storia potente. Ma questa è una parentesi da bar, da parlarne ancora, però altrove.

In realtà Find Out è stata la dimostrazione per gli scettici che il linguaggio visivo, in questo caso illustrato, c’è, è vivo e lotta per farsi conoscere; l’Italia sta dimostrando di avere ottimi occhi e cervelli e mani pronte a rappresentare raccontando le sfumature delle realtà o gli slanci di fantasia. E non solo per il piacere di farlo, ma anche per andare a riempire le pagine di iniziative editoriali indipendenti che placidamente scoprono e collaborano con talenti che è difficile vedere altrove. Un movimento di intenti che diventa sempre più presente, che crea reti di professionisti, e che si muove in un panorama di monoliti editoriali sfruttandone la lentezza.
Insomma, gente che ha smesso di lamentarsi e ha cominciato a fare. Gente che è il caso di scoprire per non morire di sfiducia.

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