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Dal pensiero di Adriano Olivetti alla gestione del personale nelle organizzazioni di oggi
Relatore – Michele Fasano – regista del film documentario «In me non c’è che
futuro…». Ritratto di Adriano Olivetti
Moderatore e co-relatore Galileo Dallolio.
L’incontro è volto a presentare l’approccio alla Persona nelle pratiche della «fabbrica»
di Adriano Olivetti, tenendo conto che la Persona era posta al centro dell’attenzione
per massimizzare efficienza ed efficacia organizzativa.
Questo si spiega meglio se si tiene conto che preoccupazione principale, a monte di
tutto, era la “gestione della conoscenza”: sia quella diffusa (inerente alle competenze
dei singoli), sia quella di processo (inerente all’esperienza che di esso fanno i
singoli), sia quella teorica, astratta dal contesto specifico, prodotta delle elites
accademiche internazionali, che doveva essere indossata qui ed ora.
Al centro dell’attenzione sono, quindi, quella conoscenza e quella capacità di
innovazione che la Persona (in quanto soggetto spirituale e campo relazionale
complesso) custodisce implicite in se stessa, portandole nei luoghi di lavoro, ma
che dagli stessi luoghi di lavoro hanno poi origine, si formano e si riplasmano
continuamente. La centralità della Persona, pertanto, si spiega sia come attenzione
all’umano, anche quando esso non è funzionale, sia funzionalmente come cura di tutti
i prerequisiti esistenziali necessari alla migliore espressione dei suoi talenti cognitivi e
In tale ottica, la persona diviene veicolo di circolazione e produzione di conoscenza
per il bene della comunità. Leve trasversali sono quindi, da un lato, la possibilità di
esprimersi, dall’altro, la capacità di ascolto, che sono liberate attraverso l’esercizio di
una “leadership orizzontale” che si esprime nella capacità di “gestire processi” e non di
comandare dipendenti.
Nel modello olivettiano l’organizzazione gerarchica mantiene sì un senso, ma
unicamente in quanto funzionale all’assunzione di responsabilità, in dinamiche di
reciprocità nelle relazioni interpersonali, e non ha a che fare con il comando, proprio
perché radicale è la consapevolezza sistemica della natura dei processi di produzione/
conoscenza/comunicazione.
Questo tipo di organizzazione si caratterizza per la propria capacità di riflettere
continuamente su sé stessa e di cambiare facilmente e simultaneamente verso
sempre maggiore efficienza (azioni), sempre maggiore efficacia (obiettivo), sempre
maggior agio (relazioni interpersonali e relazioni con i luoghi, interni ed esterni). Il
cambiamento diviene in tal senso la normalità.
Guarda qua la Locandina Olivetti di presentazione.
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