di Ilaria Ferraresi

Poco più di un mese fa, il 7 ottobre scorso, l’associazione IBO Italia ha festeggiato i 60 anni della fondazione al Seminario di Ferrara. Una giornata tra saluti, non banali e scontati, delle rappresentanze istituzionali, dal Sindaco Tagliani al Vescovo Perego all’Onorevole Boldrini, e le testimonianze dei volontari appena tornati dai loro viaggi. Un compleanno importante che ha catturato anche la nostra attenzione: per cercare di capire qualcosa in più su questa importante realtà cittadina abbiamo incontrato il direttore dell’associazione, Dino Montanari, nella sede nazionale di Via Montebello.

Sono passati 60 anni da quando Padre Angelo Marcandella ha fondato l’Associazione Italiana Soci Costruttori, oggi meglio conosciuta come IBO Italia. L’associazione, nata dalle rovine della seconda guerra mondiale, chiamava i giovani a rimboccarsi le maniche per ricostruire l’Europa, prendendo per mano le popolazioni e seppellendo ogni spirito di vendetta. L’associazione nasce a Trento, dove viveva allora Padre Angelo, e segue il suo fondatore fino ad arrivare a Cassana, in provincia di Ferrara, nel 1994. Erano gli anni di Tangentopoli, anni di difficoltà per gran parte delle associazioni come IBO, rimaste senza finanziamenti per anni. È proprio allora che IBO Italia si trasferisce nella vecchia stalla ristrutturata, dove oggi si trova il ristorante La Casona, gestito dalla Cooperativa Sociale Meeting Point. Nel 2001 la sede nazionale dell’associazione si trasferisce invece in via Montebello, nel centro di Ferrara.

IBO Italia è l’unica ONG che ha sede nazionale nella nostra città. Essere ONG significa essere un’organizzazione senza fini di lucro del tutto slegata dagli organi governativi. Questa è la definizione che corrisponde alla sigla, ma per IBO Italia cosa significa essere un’ONG?

L’abbiamo chiesto a Dino Montanari, che ci risponde così: ”Vuol dire avviare progetti internazionali nei paesi con minori opportunità cercando di facilitare l’accesso all’educazione e alla formazione, lavorando sul territorio e sulla comunità. Creare ponti tra due sistemi, il nostro e il loro, sia economico che sociale, partendo dai più giovani, i bambini. E fare questo anche rimuovendo le cause, gli ostacoli all’ istruzione: inadeguatezza delle strutture, povertà culturale e sociale, lontananza delle scuole e assenza di insegnanti.” 

Le mani, le braccia, le menti e il cuore di IBO, nel portare avanti la sua missione come ONG, sono quelle dei giovani. Facendo notare l’originalità di questa scelta, il direttore dell’associazione ci risponde con la storia: i giovani sono la materia prima dell’associazione dagli anni ‘50, dai primi Campi di Lavoro e di Volontariato nei paesi di tutta Europa. Questa scelta è normale conseguenza di uno spirito associativo. IBO Italia cerca di rispondere ad una sempre minore attenzione da parte della società all’incontro con e tra i giovani, con la proposta di esperienze che costituiscano l’opportunità per loro di aprirsi al mondo. Durante questi viaggi per alcuni si creano legami di amicizia, altri restano e si costruiscono una vita nei paesi per i quali sono partiti: una cosa è certa, chi parte torna profondamente cambiato, e da questo nasce il motto dell’associazione “Il Servizio Civile ti cambia la vita!”.

Fondamentale al ritorno da queste esperienze è che ciò che i giovani hanno vissuto e sperimentato via non rimanga chiuso nella loro valigia, ma venga tirato fuori, e come un seme sia piantato e coltivato fino a crescere e a dare frutto. Nel sogno di IBO c’è “una società in cui tutti si sentano ugualmente responsabili verso gli altri e verso il bene comune”. Montanari osserva come per la realizzazione di questo futuro sia necessario un lento cambiamento proveniente dal basso a cui i volontari contribuiscano raccontando il bello che hanno visto e vissuto. Attraverso la loro testimonianza di solidarietà, pazienza e altruismo questi giovani contribuiscono alla realizzazione di un sogno.

Courtesy IBO Italia

Non sono pochi gli ostacoli incontrati lungo il cammino da IBO Italia, e il direttore di IBO Italia ce li racconta: “Venti anni fa abbiamo dato via a un progetto di cooperazione internazionale in Romania. In quegli anni il paese, appena uscito dal comunismo, era estremamente povero economicamente e culturalmente. Iniziano da questi paesi dell’Est, Romania e Albania, forti migrazioni in Italia e con quelle si alza il muro di ostilità culturale verso questi popoli. Così promuovere il progetto diventa difficile per noi, che ci troviamo a dover abbattere muri non solo in Romania, ma anche in Italia. I luoghi comuni da sfatare poi non si limitano solo alle popolazioni che si cercano di aiutare, ma talvolta anche contro l’ONG, in quanto tale.”

Ma arriviamo a parlare dei più grandi ostacoli che oggi IBO Italia incontra: la crisi economica, la burocrazia e i finanziamenti. Per anni interi il Servizio Civile non è stato proposto, progetti già studiati e messi a punto non sono potuti essere portati avanti. Fino a 6 anni fa, per attivare un progetto l’associazione riceveva un prefinanziamento che costituiva circa già l’80% della somma necessaria. Oggi i prefinanziamenti sono sempre più bassi o, talvolta, semplicemente non più concessi. Cosa vuol dire tutto questo? Il volontariato sta diventando sempre più difficile, ma non perché manchi la manodopera, il desiderio dei giovani di mettersi in gioco.

Con le difficoltà da superare, sono tante anche le conquiste che IBO Italia ha raggiunto in questi 60 anni. Tra queste, Dino Montanari, ricorda la rete di progetti di cooperazione internazionale avviati in Perù.  IBO Italia ha infatti avviato una rete di progetti sulle Ande che, partendo dall’istruzione dei più piccoli, permettesse ai giovani di lavorare nel loro territorio. Oggi il progetto “Università sulle Ande” fornisce corsi di studio per l’insegnamento, ma anche di ostetricia e ginecologia. Accanto al progetto UniAnde, nella regione di Ancash, l’ “Empres-art” ha dato avvio a corsi per il lavoro del marmo, della pietra e di manufatti tessili. Un’altra iniziativa, che ormai si sta concludendo in Perù ha avviato una scuola di falegnameria, i cui artigiani producono mobili di un incredibile valore e bellezza, il cui catalogo mi viene mostrato alla fine dell’intervista da Dino Montanari. Queste iniziative hanno permesso ai paesi della regione di rimodernarsi e impreziosirsi, catturando l’attenzione del mondo sul turismo andino: dalle escursioni in scenari spettacolari fino alla riscoperta delle civiltà precolombiane. La speranza per il futuro è che così facendo parte della popolazione rimanga nei paesi di origine, lavorando sul territorio e per il territorio.

Le iniziative di IBO Italia arrivano anche in Equador, Tanzania, Romania e Ucraina. Non sono solo all’estero, ma anche in Italia nelle regioni terremotate e nei progetti di volontariato sul territorio per giovani e migranti. IBO Italia, non è sola, ma collabora con altre associazioni di volontariato per dare avvio ai suoi progetti. Possiamo quindi dire, dopo aver conosciuto un po’ di più l’associazione, che IBO Italia è un tessuto di relazioni, di mani che si stringono e si sostengono, di vite che si intrecciano e crescono, di territori e popoli. È una testimonianza che pianta in ognuno di noi un seme, che accresce la voglia di fare, aiutare, contribuire ad un mondo un po’ più grande di quello che vediamo e conosciamo. Ma soprattutto è anche storia: da sessant’anni ad oggi l’associazione ha costruito, attraverso il lavoro dei giovani di allora come di quelli di adesso, un mondo nel quale “ognuno possa avere un’educazione e una formazione che lo renda libero di scegliere di vivere nel proprio territorio come altrove”.

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