Negli ultimi giorni, dopo le denunce di molestia sessuale cadute a pioggia sul produttore hollywoodiano Harvey Weinstein, è stata lanciata in Italia una campagna di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne. Ideata dalla giornalista Giulia Blasi, si è diffusa ampliamente sui social nazionali e internazionali tramite l’hashtag #quellavoltache. Raccoglie storie piccole e grandi, esperienze molto diverse tra loro che raccontano di abusi, fisici e psicologici, di paura, di sensi di colpa. Compone un universo di situazioni spiacevoli e imbarazzanti, a volte drammatiche, purtroppo familiare alla maggior parte delle donne, troppo spesso minimizzato e taciuto.

Listone Mag aderisce e vuole contribuire a questa campagna, nella convinzione che comprendere la pervasività del fenomeno possa aiutare la società in cui viviamo a percepire con maggiore chiarezza la natura del problema, perché di problema si tratta, nonostante spesso le molestie testimoniate vengano descritte come degli “scherzi”, cose da poco, niente di cui lamentarsi.

Le storie che leggerete qui sotto sono le storie vissute dalle ragazze della nostra redazione.


#quellavoltache ero in treno ed era già buio, e nel vagone ero da sola con un ragazzo seduto di fronte a me. Leggevo un libro e lui mi fissava, poi ha infilato la mano nei jeans e ha iniziato a masturbarsi, sempre fissandomi e appoggiandosi a me col ginocchio. E io avevo paura ad alzarmi perché temevo mi seguisse. Me ne sono andata quando il treno si è fermato, approfittando del fatto che in quel momento salivano altri passeggeri.

#quellavoltache a catechismo, poco prima della cresima, il prete si avvicinò a me e a una mia amica e continuando a parlare iniziò a toccarmi il sedere. Io facendo finta di niente mi alzai e me ne andai. Non sono mai più andata a catechismo.

#quellavoltache ero in piazza davanti al duomo, avevo circa 16 anni, e un vecchio si avvicinò in bici e mi disse “vorrei leccarti il culo”, per poi ripartire. Non capii bene se ce l’avesse con me e feci finta di nulla. Qualche minuto dopo ritornò, mi si affiancò ancora e disse “vorrei leccarti il culo!”. Rimasi senza parole, certa di aver capito bene. Dopo un po’ lo ritrovai e quando disse la stessa frase, solo più forte, gli urlai contro e sparì.

#quellavoltache avevo quattordici anni ed ero in vacanza in montagna con una mia amica e il figlio del proprietario dell’albergo invitò entrambe ad andare in paese una sera, assieme alla sua compagnia di amici e alla sua fidanzata. Lui aveva ventisei anni, si ubriacò e litigò con la fidanzata in macchina, sulla strada del ritorno. Lei la lasciò nel buio, sbraitando. Arrivati all’albergo ci chiese se volevamo vedere una casetta vicino al bosco, molto bella, e per non scontentarlo – visto che era aggressivo – accettammo. La casetta veniva utilizzata come ripostiglio ma c’era un letto, dove dormiva lui d’estate, quando l’albergo era pieno. Ci chiese di fermarci lì ma noi non volevamo, insistette parecchio e per paura alla fine dicemmo di sì, convinte ingenuamente di potercela svignare appena fosse stato addormentato. Invece nel letto iniziò a toccarmi, ero sdraiata nel mezzo, vestita, e io non sapevo cosa fare, ero ammutolita, e non sapevo nemmeno come comunicare alla mia amica cosa stava succedendo. Per fortuna dopo minuti che mi sembrarono lunghissimi trovai il coraggio di alzarmi, mettermi in fretta le scarpe e assieme alla mia amica correre fuori, nel buio, con la paura che ci inseguisse. Dopo quella volta io e la mia amica abbiamo inventato un codice per avvertirci in modo silenzioso in caso di pericolo.

#quellavoltache ero al parco Massari, seduta su una panchina assieme a mia mamma e mia nonna, e un uomo in bicicletta si è fermato davanti a noi e si è messo la mano nei pantaloni per iniziare a masturbarsi. È stato cacciato da mia mamma.

#quellavoltache avevo dieci anni e assieme ai miei amici stavo saltando sui tappeti elastici, al mare, e nella pineta accanto ai giochi vedemmo un uomo che ci fissava, con i pantaloni calati, masturbandosi.

#quellavoltache lavoravo in uno stand gastronomico all’interno della Festa del Pd a Modena, e il capo veniva più volte da me e dalle altre ragazze mentre stavamo lavorando per abbracciarci e raccontarci in modo esplicito episodi della sua vita sessuale. Sempre nello stesso stand, ogni volta che andavo a prendere un piatto in cucina, il cuoco e l’aiuto cuoco facevano battute volgari: “ti vedo bene con un’arancia nel culo e una mela in bocca, come un porcellino, oppure viceversa, con un’arancia in bocca e una mela nel culo”. L’uomo che stava alla friggitrice non era da meno, quello direttamente mi toccava il sedere: gli risposi male e si arrabbiò molto, era alcolista, era aggressivo e faceva paura. Me ne andai da quel lavoro prima che finisse l’incarico.

#quellavoltache ero in vacanza da sola e prima di andare a dormire mi ero fermata a chiacchierare con dei ragazzi che lavorano nell’albergo. Quando salutai tutti e chiamai l’ascensore uno di loro si infilò nella cabina, mi seguì fino in camera chiedendomi se volevo un massaggio. Risposi mille volte di no ma non ne voleva sapere, quando aprii la porta della camera si infilò dentro. Io avevo acceso la luce, lui in un secondo la spense e mi tolse gli occhiali. Io la riaccesi e di nuovo gli dissi che volevo dormire e basta, ma insisteva. Riuscii a cacciarlo solo facendo finta di acconsentire: gli chiesi di andare a prendere l’olio per i massaggi e appena fu fuori dalla stanza chiusi la porta col chiavistello.

#quellavoltache ero in autobus di notte, in viaggio con il mio fidanzato, nei sedili che precedono l’ultima fila, avevo una coperta addosso. Dietro di me, al centro dell’ultima fila, stava un ragazzo il cui piede scalzo continuamente si infilava sotto la coperta e si strusciava contro la mia gamba, nuda perché avevo la gonna. All’inizio pensavo fossero gli scossoni dell’autobus ma poi capii che faceva apposta. Chiesi al mio fidanzato di scambiarci di posto.

#quellavoltache in piazza Castellina camminavo con in bocca un Chupa Chups e un vecchio mi disse “Succhia, succhia, ti do io qualcosa da succhiare”.

#quellavoltache decisi di lasciare il mio ragazzo e lui senza alcun preavviso mi mise le mani intorno al collo. Gli tirai una ginocchiata nei testicoli.

#quellavoltache sarebbe bello fosse stata una sola, invece sono state mille: ballavo con gli amici e mi trovavo qualcuno appiccicato addosso a sfregarsi, oppure ad abbracciarmi quando palesemente non volevo essere abbracciata. Spostarsi nel locale di solito serve a poco: dopo cinque minuti queste persone ritornano, e si appiccicano di nuovo. La soluzione più efficace per allontanarle è chiedere a un amico di fingersi fidanzato e quindi di intervenire, altrimenti non ascoltano.

#quellavoltache frequentavo le superiori ed ero sull’autobus, seduta accanto ad una cara amica. Un uomo era in piedi al mio fianco. Con la scusa delle frenate e del dondolio del mezzo ha cominciato a strusciarsi contro la mia coscia. Non l’ho capito subito. Ero davvero giovane ed ingenua ma quando ho visto il pantalone gonfiarsi mi sono alzata tirandomi dietro la mia amica e siamo scese.

#quellavoltache avevo sedici anni ed era sabato sera, avevo bevuto troppo, e un ragazzo della mia compagnia di amici si offrì di accompagnarmi a casa in macchina. Prima di arrivare fermò l’auto in uno spiazzo buio e cominciò a toccarmi, anche se io gli dicevo che non volevo e continuavo a togliermi le sue mani di dosso, chiedendo di poter tornare a casa. La cosa peggiore è che non so come sia andata a finire, non lo ricordo. Ho ancora il dubbio su cosa sia successo quella notte.

#quellavoltache, ma sono tante, in discoteca, in autobus o in qualsiasi luogo altro affollato mi sono ritrovata un ragazzo o due che si strusciavano fingendo che fosse colpa della folla quando la folla non era così tanta.

#quellavoltache quando ancora andavo al liceo, ritornando a casa in bici superai due ragazzi più grandi di me che pedalavano piano e accostati l’uno all’altro. Loro, sentendosi forse offesi dal mio scatto con la bici, mi iniziarono a riempire di insulti per poi seguirmi sempre più veloci fino a che per seminarli mi intrufolai in un cortile condominiale al buio, con il cuore in gola.

#quellavoltache ero sul treno che tornava da Venezia, non era tardi ed ero felice, avevo appena festeggiato un’amica che si laureava. Un uomo seduto davanti a me ha cominciato a masturbarsi. Io mi sono finta indifferente, mi sono alzata e ho trovato posto a fianco di tre studentesse nella carrozza vicina. Ho raccontato loro quello che era successo appena ho visto l’uomo cercarmi e passarmi accanto. Una è stata così gentile da chiedere al padre, che era venuto a prenderla in stazione, di dare uno strappo anche a me fino alla mia macchina. Le sono stata infinitamente grata, mi sentivo in colpa e terrorizzata, come se avessi fatto io qualcosa di sbagliato.

#quellavoltache ero al parco Massari a studiare e mi si è avvicinato un uomo, chiedendo se poteva parlarmi un poco. Mi ha spiegato con molta calma che aveva una disfunzione sessuale, riusciva a eccitarsi solo se qualcuno lo guardava. Era molto educato e gentile, chiedeva continuamente scusa e si diceva molto imbarazzato, ma non aveva una ragazza e non sapeva come fare. Mi offrì 100 euro per guardarlo mentre si masturbava, ho rifiutato ma lui non se ne andava. Sono riuscita ad allontanarmi perché per fortuna è passato un ragazzo che conoscevo e me ne sono andata via con lui. Il giorno dopo al parco ho rivisto la stessa persona, prima che si accorgesse di me ho raggiunto un gruppo di studenti del liceo e gli ho spiegato la situazione, gli ho chiesto se potevo stare con loro per un po’perché non volevo stare da sola.

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