Passeggiare per il centro di Ferrara nei tre giorni del Festival di Internazionale è un piacere per gli occhi e la mente. Una città che vive di turismo, arte e cultura per buona parte dell’anno, vede la sua massima espressione in quest’ultimo evento che arriva a chiudere i giochi all’inizio di ottobre. Tutti fanno qualcosa per il Festival, tutti vogliono esserci, partecipare, collaborare. Derubricare la tre giorni colorata di giallo solo ad un festival di giornalismo o di una rivista sarebbe riduttivo: Internazionale è una parola enorme dietro la quale una città intera ha creato un racconto corale di quello che fa, di quanto è capace di proporre tutti gli altri giorni dell’anno.

Non c’è associazione del territorio che non crei un evento speciale collaterale, mostra che non tenga aperto con orari speciali, centri culturali che non ospitino qualche attività, locale del centro che non si faccia bello per accogliere l’ondata di turisti improvvisa. Nessun altro evento a Ferrara è capace di muovere e coinvolgere in modo così trasversale la fantasia e creatività di tutte quelle realtà che con il giornalismo non hanno in realtà niente a che fare. È l’indotto economico bellezza – direte voi – ma non si tratta ovviamente solo di questo.

L’Internazionale – come la chiamano ancora tantissimi – è un evento strano e a tratti indecifrabile ai più, perché parla di temi attuali e al contempo difficili, richiede conoscenze economiche, politiche, storiche, ma l’età media dei partecipanti è bassa e fa ben sperare per il futuro. È il connubio perfettamente riuscito tra una città a misura d’uomo, civile, pulita e da fotografare agli occhi del turista di passaggio, con dibattiti e argomenti di livello universitario e colto, portati all’attenzione del grande pubblico con semplicità, come la rivista è in grado di fare ogni settimana.

Perché in fondo il festival di Internazionale ha il pubblico che vorremmo tutto l’anno, è la Ferrara civile che tutti auspichiamo di rappresentare quando qualche amico viene a trovarci. Una città dove si gira in bici, si mangia bene, con un centro storico pieno di scorci adorabili, persone perbene, file ordinate senza spintoni e insulti per seguire un incontro sul cambiamento climatico. Facciamo bella figura. Una città che esiste solo per tre giorni, a tratti irreale per la concentrazione di bellezza che è in grado di catalizzare in un solo momento, di cui riempirsi gli occhi per affrontare da oggi con il sorriso i primi freddi, le prime nebbie grigie.

Per un weekend i problemi rimangono lontani e nascosti agli occhi delle migliaia di persone che passano di qui e raccontano sui social che è il posto dove vorrebbero vivere, in barba al poco lavoro, alle torce del petrolchimico, all’esercito davanti alla stazione, al Palaspecchi da bonificare, alle griglie Betafence intorno allo stadio, a Federico Aldrovandi. Se lo specchio e la pancia della società oggi passa dai social network date un’occhiata in questi giorni al mare di foto e sensazioni positive che troverete su Instagram, Facebook o Twitter soltanto digitando la parola Ferrara.

Un biglietto da visita straordinario, una promozione del territorio spontanea e genuina da chi ha visto un luogo circondarsi di belle persone. Per tre giorni capitale del mondo, per tre giorni la migliore delle città possibili. Riusciamo a creare le condizioni per farli diventare dieci, trenta, trecentosessantacinque?

Foto di Giulia Paratelli

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