INTRO: Cos’è POLIS SPORTIVA?

Ma il cielo è sempre più blu’, scriveva e cantava Rino Gaetano. E a fare eco al cantautore crotonese prematuramente scomparso, sono i sostenitori dell’unica squadra calabrese presente in serie A. La loro voce, alla prese appunto con l’inno del Crotone, accompagna le prestazioni casalinghe dei propri beniamini. Il cielo continua a essere blu, anche visto dalla colonna destra della classifica. Quel contenitore che graficamente riassume la situazione di chi aspira ai piani alti, e di chi lotta per la salvezza. E che rappresenta la crudele ossessione del tifoso, sul finire di ogni settimana. La prossima giornata di campionato contrappone due squadre che detengono lo stesso numero di punti. Spal e Crotone, in coabitazione con il Sassuolo, sono infatti attualmente a quota 4. La neopromossa dell’anno in corso contro la debuttante dello scorso anno. Una sfida che conta, alla ricerca di un posto al sole, proprio in quella parte destra della classifica. E di partite in provincia, di contese per non retrocedere e, più in generale, di passione per il calcio, abbiamo parlato con Antonino Palumbo. Un amico, e un giornalista sportivo nato a Crotone e col Crotone nel cuore, anche se lucano di sangue.

La cavalcata finale verso la salvezza, conquistata all’ultima giornata della scorsa stagione, quanto è impressa nella mente della squadra crotonese che affronta questo campionato?

«È un’impresa indelebile, un traguardo ottenuto contro ogni pronostico e percentuale sfavorevole, considerato il calendario: ricordiamo la trasferta del 21 maggio con la Juventus che quel giorno festeggiò lo scudetto, dopo il rallentamento delle settimane precedenti. Quel ricordo, però, non deve illudere. È stata un’impresa unica e quest’anno converrà non trovarsi nelle stesse condizioni a metà, o a due terzi della stagione».

È più difficile, per una debuttante, sorprendere il primo anno, o confermarsi nell’anno successivo?

«Confermarsi, senza dubbio, anche se nel calcio di oggi e nella seria A attuale, visto il dislivello di valore fra le big e le neopromosse, resta difficile pure sorprendere. La ‘quasi impresa’ della Spal con il Napoli, sottolineata anche da Diego Armando Maradona, ci insegna però che il calcio sa anche regalare giornate di ruvida poesia».

Quali sono le qualità e i limiti che hai notato nel Crotone di questo inizio di campionato?

«Il livello della rosa è rimasto intatto, ovvero medio-basso, per cui si fa fatica a costruire con continuità. Ma ci sono giovani promettenti, fra cui Mandragora, andato a segno domenica con il Benevento. Toccherà poi di nuovo a Nicola, allenatore pratico che sa ottimizzare i pregi e limare i difetti degli uomini a disposizione, dare alla squadra un gioco efficace nella sua semplicità».

E della Spal vista finora, cosa ti ha impressionato?

«La capacità di giocarsela e di provarci fino alla fine. È una squadra che non molla mai, che insegue il risultato fino alla fine, contro chiunque. Una squadra di lottatori. Spesso è andata male, ma è un atteggiamento che alla lunga può premiare».

Un giocatore dei pitagorici e uno degli spallini che prenderesti senza esitazioni al fantacalcio?

«Ho preso per il secondo anno di fila Martella (più Pavlovic) in difesa e la new entry Budimir come prima riserva in attacco. Della Spal ho puntato sull’indomito Mora e sull’eterno Borriello. Una cortesia: se lo sentite, ditegli di tornare presto a farmi gioire».

Le giornate di campionato appena trascorse sono sufficienti a delineare le prime gerarchie?

«Per quanto riguarda la lotta scudetto, direi di sì. Napoli e Juventus hanno qualcosa in più delle altre, l’Inter può inserirsi perché sa vincere anche senza brillare e la Roma chiuderà fra le prime quattro. Il Milan deve ancora lavorare tanto. Il Real Madrid dei Galacticos insegna che non è con undici figurine che si conquistano i trofei. Per creare una squadra, spesso serve tempo».

Oltre a scrivere di calcio, lo pratichi giocando per La Fiasca, squadra lucana che milita in seconda categoria. Più affascinante il campo, vissuto da dentro o raccontato da fuori?

«La Fiasca è una grande storia d’amore, più che una squadra di calcio. Senza La Fiasca non è domenica. Quest’anno disputiamo il ventiduesimo campionato federale della nostra storia. Cos’è più affascinante? Dare al lettore la sensazione di essere dentro la partita è ciò per cui ho scelto questo mestiere. Ma anticipare un attaccante o insaccarla di testa è un brivido che neppure la miglior penna riuscirebbe a raccontare, prima di averlo fatto».

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