Una volontà, una possibilità, un desiderio. Il tutto racchiuso in uno studio ferrarese, che presto ospiterà tredici artisti internazionali in città, grazie alla volontà di Angelica Bollettinari e Olivia Berkowicz. Nasce così il progetto ‘Who Cares?’, residenza artistica realizzata insieme ad altre quattro compagne di viaggio: Margherita Elliot, Margherita d’Aloja, Catalina Golban e Valeria Bevilacqua. Tutte accomunate da uno stretto, invisibile legame con la città.

Ferrara come una cura. Avevate mai pensato alla città estense in questo senso? Forse per vederla così bisogna uscire dalle mura e andare altrove, come ha fatto Angelica, che da tanti anni ormai vive a Londra. “Credo che Ferrara sia la città ideale dove poter rallentare il ritmo frenetico di vita – racconta mentre spiega il progetto –. Ferrara dà infatti la giusta libertà, la possibilità di organizzare meglio lo spazio e il tempo, in maniera differente dai ritmi che si hanno in una grande metropoli”. Nasce così Ferrara Residency, che dal 2 settembre fino al 4 ottobre ospita giovani artisti internazionali nello Studio Carmelino di Flavia Franceschini.

Ferrara Residency: la cura. Vitto, alloggio e bici, questo è il kit tutto ferrarese messo a disposizione dalle sei ragazze. “Ho contattato 13 artisti, alcuni di loro vivono a Londra, con altri ho lavorato in passato” spiega Angelica. Ragazzi che provengono dal Regno Unito, Svezia, Repubblica Ceca e Austria. Sono filmmaker, coreografi, pittori, fotografi, curatori, molti di loro fanno ricerche interdisciplinari. “Mi piaceva l’idea che fosse una catena di inviti e che ognuno fosse libero di scegliere il tempo utile per restare a Ferrara – continua –: alcuni rimarranno tutto il mese, altri solo una settimana o una decina di giorni. In ogni caso ci saranno sempre dalle sette alle dieci persone in studio”. Loro offrono l’alloggio e lo studio, suddiviso in tre stanze, gli artisti restituiranno l’accoglienza con una serie di attività, tra cui un’esposizione che porterà in mostra gli esiti delle loro riflessioni artistiche alla Galleria del Carbone e da Gate/Porta, dal 27 settembre al 4 ottobre. Ci saranno poi tanti altri appuntamenti, distribuiti lungo le quattro settimane di permanenza: gruppi di lettura e serate di presentazione dove vedere il loro work in progress. Alcuni saranno privati, altri invece saranno aperti al pubblico. Verranno coinvolte figure ferraresi collegate al mondo dell’arte, come Lola Bonora o Massimo Marchetti. Non mancheranno le gite fuori porta, per far conoscere agli artisti non solo le bellezze di Ferrara, ma anche quelle di città vicine, come Bologna (Boltanski al MamBo) e Venezia (alla Biennale).

L’arte come cura. Sì, ok, ma chi cura l’arte? Il progetto ‘Who Cares?’ spinge proprio su questo. “Nella società moderna, dove si dà più rilevanza al lavoro e all’inevitabile conflitto che questo fa sorgere – spiega Catalina – il concetto di cura diventa essenziale. Cosa vuol dire avere cura per un curatore d’arte? E per un artista? Gli artisti in residenza si confronteranno proprio su questo”. “La cura è un lavoro affettivo, immateriale – aggiunge Angelica –. Un discorso che riprende una riflessione iniziata già negli anni ’70 dalle femministe per cui il lavoro non retribuito della casalinga – essere moglie, custodire la casa, essere madre, … – permetteva al capitalismo di riprodursi. Vogliamo riprendere quel discorso, ma collegarlo ora al lavoro degli artisti”.

Lo scopo centrale della residenza è dunque riflettere sulle condizioni del lavoro creativo, immateriale, riproduttivo, e stimolare una conversazione sul concetto di lavoro come “cura” applicato al mondo dell’arte. “Ci preme riflettere su come si contestualizzi il lavoro di cura all’interno di un sistema economico che si nutre di grandi quantità di lavoro non retribuito o sottopagato, richiede sempre più flessibilità, tende a relegare il lavoratore sempre più ai margini ed è causa di costante ansia e crescente precarietà” raccontano. Le tematiche “saranno approcciate da una prospettiva femminista che tenga conto del corrente dibattito teorico e accademico, inserendosi in un continuum con l’esperienza storica di lotta femminista sul riconoscimento del lavoro riproduttivo e di cura delle donne”. Nei reading groups, programmati per i martedì sera, verranno riprese storiche, come quelle del Comitato femminista per il salario al lavoro domestico, che denunciava come il capitalismo si riproducesse attraverso lo sfruttamento e la ‘naturalizzazione’ del lavoro non pagato e svalutato svolto in casa. Strumenti di analisi critica che possono ancora dire qualcosa, anche nel presente.

Who Cares? L’obiettivo è dunque duplice: da un lato prendersi cura degli artisti, dall’altro riflettere sul concetto stesso di cura. Un’edizione ‘zero’, come spiegano Angelica e Margherita, il cui programma è in continuo divenire, ma intende soprattutto favorire contatti, scambi e contaminazioni tra gli artisti in residenza e giovani artisti locali. Zero anche perché la residenza è realizzata a zero budget e vuole sottolineare un altro aspetto, non trascurabile, della faccenda. “Una di queste artiste, ad esempio, l’ho conosciuta nel tempo a Londra – racconta Angelica – lavoravamo insieme non nella stessa galleria, ma nella stessa caffetteria” (tra l’altro insieme ad altre artiste e curatrici, che lavoravano nello stesso locale, ha dato vita al collettivo ‘Sixtyseven collective’). Questo progetto nasce dunque anche per verbalizzare la loro condizione di precariato, in cui il lavoro – sia esso artistico o di curatela – non è quasi mai monetizzato, non è visibile, è trascurato. Un po’ come la condizione delle casalinghe degli anni Settanta (e oltre).

Perché Ferrara? “Perché no?” rispondono in coro, più o meno inconsapevolmente. “Ferrara è una relazione – pensa a voce alta Margherita Elliot –, è un bisogno di tornare. È anche un voler fare le cose in un luogo che già conosci, che ti è ospitale. Abbiamo quasi tutte vissuto tanto all’estero, ma qui è e rimane sempre casa”. “La creatività qui c’è, si respira nell’aria – aggiunge Catalina –, ma bisogna vederla con uno sguardo curioso. Rivedere questa città con idee nuove e presupposti più intriganti”. Ora le ragazze riflettono anche su come tornare. “A volte si pensa ‘nella mia città non succede niente di quello che vorrei’– riprende il discorso Margherita – e noi siamo partite da questo: cosa mi piacerebbe accadesse? Ferrara Residency è solo l’inizio di un percorso, che vuole invitare artisti da fuori e coinvolgere i cittadini. Ed è un percorso educativo anche per noi, che cresciamo insieme al progetto stesso”.

Courtesy Ferrara Residency

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