In quest’estate ferrarese in cui la città, oltre che alla solita afa insopportabile, pare in preda a una vera e propria febbre da Spal, sembra che non ci sia spazio per altre notizie che non ruotino attorno al pianeta biancazzurro. Dai giornali locali che sparano nomi di acquisti più o meno improbabili, ai bar e ai social dove queste notizie vengono masticate e digerite, fino agli umarell che stazionano giorno e notte davanti al mega cantiere del Mazza criticando inesorabilmente e dall’alto della loro indiscussa competenza lo sviluppo dei lavori, la temperatura sale ogni giorno pari quasi a quella del termometro. Anche io, lo confesso, sono contagiato da questa febbre e ricorrerei a qualsiasi mezzuccio, compresa la soffiata di un capo usciere corrotto di fantozziana memoria, pur di assicurarmi un prezioso abbonamento in un settore, per così dire, popolare. Che poi tanto popolare non è, visti i prezzi.

Per cui quando, ancora nel pieno dei festeggiamenti per la promozione della Spal, dalla redazione mi è arrivata una mail che mi invitava a scrivere un articolo sul mondo del tchoukball ferrarese, ho pensato si trattasse di uno scherzo. Prima di tutto ignoravo che cosa fosse il tchoukball, parola che a fatica riuscivo a pronunciare (scoprirò in seguito che la giusta dizione è, letteralmente, “ciùkball”); poi, soprattutto, ignoravo che in quei magici giorni del “maggio radioso” in cui la Spal tornava in serie A dopo quasi cinquant’anni (quarantanove per la precisione e per evitare di essere bollato con l’infamante etichetta di occasionale), c’era chi, i Ferrara Bulls, la serie A la vinceva, battendo nella finale play off giocata a San Miniato la squadra di Rovello.

Dopo queste premesse non posso menarmela da grande esperto di tchoukball, fingendo di conoscere il regolamento a menadito e di raccontare l’epica di uno sport di cui fino a un mese fa non sapevo nemmeno l’esistenza. Darò soltanto alcune informazioni essenziali e, cioè, che il tchoukball combina insieme elementi dello squash, della pelota basca e della pallavolo; che si gioca a squadre miste, sette contro sette oppure cinque contro cinque; che si gioca in assenza di campo orientato, potendo indifferentemente segnare un punto nella propria porta o in quella avversaria; che l’obiettivo del gioco consiste nel far rimbalzare la palla contro la porta (un pannello formato da una cornice metallica di 1m x 1m con al suo interno una rete) in modo che, dopo il rimbalzo, tocchi il terreno di gioco prima che un avversario riesca a recuperarla e che, prima di concludere l’azione “in rete”, bisogna obbligatoriamente fare tre passaggi. Per chi, poi, voglia saperne di più, rimando al canale online You Tchouk.

Più interessante, ai miei occhi, è la dimensione pedagogica del tchoukball (parola onomatopeica che deriva dal suono che fa la palla quando rimbalza contro la rete), sport fondato negli anni sessanta da un’idea di Hermann Brandt, biologo svizzero che lavorava nel campo della riabilitazione. Nel tchoukball, infatti, contano non tanto o non solo l’aspetto della tecnica individuale e la dimensione tattica di squadra, quanto la componente etica che consiste in un rispetto quasi maniacale per l’avversario, con il quale non bisogna mettersi in contrapposizione, ma piuttosto in una relazione empatica. Concetto riassunto dalla frase di Brandt “Il bel gioco chiama il bel gioco”, a sottolineare che, in assenza di contatto fisico, lo spirito di questo sport consiste nel cercare di creare la migliore azione di gioco possibile, in modo da spingere l’avversario all’emulazione, e racchiuso nella Carta del Tchoukball, il Testo Sacro che chiunque si avvicini a questa disciplina deve mandare (quasi) a memoria.

Foto di Eugenio Ciccone

In Italia il tchoukball si diffonde nei primi anni duemila a partire dalle scuole, in particolare in Lombardia e Piemonte, per iniziativa di alcuni insegnanti di educazione fisica tra cui Chiara Volonté, professoressa del liceo di Saronno, che avvia i suoi alunni alla pratica di questo sport. Bisogna aspettare il 2006, però, perché il tchoukball inizi ad attecchire anche a Ferrara: “Quell’anno un gruppo di ragazzi dell’oratorio di S. Agostino, in viale Krasnodar, accompagnati dal loro educatore Mario Fantini parteciparono a una dimostrazione di tchoukball al Parco Reale di Monza, dalla quale tornarono coi pannelli delle porte in prestito per provare a giocare durante l’estate ai campi scuola parrocchiali – racconta Patrizio Fergnani, uno dei promotori del tchoukball ferrarese, oggi presidente della Federazione Italiana. A settembre di quell’anno, alla festa della parrocchia di S. Agostino, Mario Fantini chiamò alcuni ragazzi di Saronno, accompagnati da Chiara Volonté, per una dimostrazione di tchoukball; proprio nel 2006, inoltre, la Federazione stava promuovendo il primo campionato italiano a cui i nostri ragazzi decisero di iscriversi. Quella prima stagione non è stata facile, ricordo che abbiamo perso le prime otto partite, vincendo per la prima volta solo a febbraio ad Asti, ma dopo quella vittoria abbiamo chiuso il campionato in crescendo e siamo riusciti a classificarci quinti su sette. Nel frattempo – continua Fergnani – ci siamo strutturati come società, partendo dal principio che Ferrara è l’unica realtà del tchoukball italiano in cui sono stati i ragazzi a insegnare lo sport ai loro coetanei, senza lo stimolo della scuola. Noi adulti siamo entrati in seguito per aiutarli ad affrontare gli aspetti organizzativi, come la prenotazione delle palestre o la ricerca degli sponsor”.

Dopo il primo, pionieristico campionato, il tchoukball inizia decisamente a prendere piede nella nostra città, tanto che nella stagione 2007/2008 sono ben tre le squadre ferraresi iscritte alla serie A: “Quell’anno il numero dei ragazzi che volevano giocare era talmente cresciuto – continua Fergnani – che abbiamo iniziato a istituire dei corsi per istruttori di tchoukball, in modo da poter insegnare in maniera adeguata ai giovani che si avvicinavano per la prima volta a questa disciplina non soltanto gli aspetti tecnico- tattici, ma soprattutto i valori fondamentali di questo sport”.

Bisogna aspettare il 2011 per la prima storica vittoria: quell’anno, battendo in finale i tradizionali avversari di Saronno, i Ferrara Allnuts conquistarono il campionato italiano: “Gli Allnuts sono stati il primo gruppo forte del tchoukball ferrarese, composto per intero da ragazzi che abitavano nella zona di viale Krasnodar e, di questi, tre erano i miei figli Marco, Andrea e Irene – commenta con una certa soddisfazione Fergnani”. E c’è da credere che, benché nella Carta del Tchoukball sia scritto in maniera un po’ altisonante che “questo gioco esclude ogni ricerca, personale o collettiva, di prestigio…” e che “l’orgoglio del vincitore implica la lotta per il prestigio che noi non approviamo perché è sorgente di tensioni e di conflitti nelle relazioni umane…”, dopo quella vittoria almeno una bottiglia di spumante sia stata stappata. Come del resto anche al termine di questa fantastica stagione in cui i Ferrara Bulls hanno vinto sia la Coppa Italia che lo scudetto, negli stessi giorni in cui la nostra città festeggiava lo storico ritorno in Serie A della Spal.

Trascinato anche da questi successi, oggi il tchoukball ferrarese è una realtà consolidata: “Quest’anno abbiamo avuto cinquantasei giocatori iscritti, che è il numero più alto che abbiamo mai raggiunto – conclude Fergnani. Oltre ai Bulls abbiamo un’altra squadra in serie A, il Conad Krasnodar, e due in serie B, i Los Cornetteros e gli Spaltacus, squadra composta da ragazzi che l’anno scorso giocavano nell’under 14 o che hanno iniziato a giocare quest’anno per la prima volta. E, poi, stiamo facendo un gran lavoro coi giovani: abbiamo, infatti, un gruppo consistente di ragazzi nati tra il 1997 e il 1998 tra cui Andrea Bonora, Lorenzo Mantovani e Emiliano Biavati, che sono campioni d’Europa under diciotto con la nazionale italiana e un altro gruppo numeroso di ragazzi del 2000″. Prossimo appuntamento il due settembre al Parco dell’Amicizia di viale Krasnodar con l’undicesima edizione del Green Tchoukball dell’amicizia, una giornata in cui chiunque potrà cimentarsi con questo sport.

In conclusione posso dire di aver scoperto un mondo di una vitalità inaspettata. Vorrà dire che, dovesse andarmi male con l’abbonamento, da occasionale della Spal mi riciclerò in ultrà del tchoukball.

1 Commento

  1. Dolzo scrive:

    Una correzione: per concludere l’azione si possono fare FINO A 3 passaggi!

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