Un titolo accattivante, “I duellanti”, a cui si unisce un volto noto, Alessio Boni, mi hanno condotta al Teatro Comunale giovedì scorso. Sinceramente non sapevo bene cosa aspettarmi.

Niente Shakespeare, Pirandello, né Goldoni o Beckett, ma uno spettacolo inedito, creato ad hoc per conquistare i teatri d’Italia. Il caso è curioso davvero, poiché l’idea alla base di questa rappresentazione scaturisce direttamente da un racconto dello scrittore polacco Józef Teodor Konrad Korzeniowski, meglio noto come Joseph Conrad. Nell’agile racconto “The duel: A military tale”, inserito nella raccolta “A set of six” del 1908, Conrad narra l’avvincente storia di una coppia di alti ufficiali della Grande Armée, l’esercito napoleonico a cavallo tra il ‘700 e l’800, che si fronteggiano in un duello impossibile e che li vedrà impegnati, a fasi alterne, per ben sedici anni.

I duellanti Gabriel Florian Feraud, nobile un po’altezzoso, e Armand D’Hubert, guascone sanguigno, interpretati rispettivamente da Alessio Boni e Marcello Prayer, si incontrano per pura casualità e, prendendo le mosse da un futile ed innocuo alterco, si scelgono quali eterni rivali. Sulla scena, grazie anche ai sapienti giochi di luce disegnati da Giuseppe Filipponio, li ammiro realmente scontrarsi con ardore e abilità, sfruttando ogni tipo di arma possibile al tempo. Tra un duello e l’altro, che ovviamente non terminano mai con la morte dell’avversario, i due si rincorrono per scalare le vette della carriera militare il cui antico codice d’onore impone di scontrarsi solo tra ufficiali di pari grado. Sullo sfondo della narrazione scorre inesorabile la guerra che infiamma i cuori di tutta l’Europa. La terribile campagna di Russia viene sapientemente raccontata a due voci dagli attori, esplodendo in un concitato ed appassionante climax.

Ad affiancare Boni e Prayer ci sono la violoncellista Federica Vecchio e Francesco Meoni. Si tratta di un cast davvero ristretto ma che, tramite semplici cambi di costume, riesce a dare movimento alle scene, moltiplicandosi.

Intanto gli anni passano, il duello pare non giungere mai ad una conclusione mentre la realtà muta inesorabile. Napoleone cade e con lui finisce un’epoca. Tutto deve tornare all’ordine a anche per i nostri duellanti è tempo di fare i conti con il cambiamento. Qui arriva il colpo di scena: pur di continuare l’eterno scontro Feraud salva D’Hubert dalla pena di morte, liberandolo dal carcere in cui è richiuso perché incapace di piegarsi al “nuovo” governo francese. Sono trascorsi ben sedici anni dal loro primo scontro quando riescono infine a rivedersi e si affrontano in un ultimo, decisivo duello.

L’intero racconto racchiude in se una grande metafora sulla condizione umana e, proprio per questo, rimane sempre profondamente interessante ed attuale. Ognuno di noi è in lotta contro qualcuno, contro qualcosa, contro se stesso. La lotta è la vita stessa, che ci pone davanti imprevedibili duelli. Sta a noi saperli affrontare e combattere, anno dopo anno, nell’onore e con rispetto. Senza questa eterna ed insensata lotta, ci insegnano Feraud e D’Hubert, forse saremo già morti.

Non vi racconterò di certo come va a finire, ma sappiate che Alessio Boni, che con questo spettacolo ha deciso di cimentarsi per la prima volta nella regia, ha apportato un piccolo ma significativo cambiamento al finale originale, capace di lasciare lo spettatore con il fiato sospeso. Se ve lo siete persi è proprio un peccato!

Però non disperate, ora avete la scusa perfetta per vedere un bel film del 1977 tratto dal romanzo e diretto da Ridley Scott, oppure per leggere un ottimo racconto senza tempo.

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