Non sapevo dell’esistenza di FILO, nonostante sia in commercio già da due anni. È l’acronimo di “Find & Locate” e si tratta di un dispositivo che ti aiuta a non perdere le cose, o meglio ti aiuta a ritrovarle. Uno dei suoi ideatori è il ferrarese Lapo Ceccherelli. Ci incontriamo in piazzetta municipale per parlare della sua creazione, non solo sua, ma lo specifichiamo meglio dopo. Dato che fuori si congela conquistiamo due sedie all’interno di un locale. Così, davanti ad un bicchiere di vino, ho modo di conoscere meglio Lapo e la storia della nascita di FILO.

Prima di incontrarlo ho un’idea un po’ distorta di lui. Mi immagino un tipo con gli occhiali che programma ogni aspetto della sua giornata. Ho paura mi parli di tecnologia e marketing portandomi alla noia. Fortunatamente mi sbaglio. E non solo perché Lapo non ha gli occhiali, o almeno quel giorno non li porta, ma perché la discussione non è affatto noiosa e lui è un tipo molto alla mano. I bicchieri di vino diventano due e discutiamo sia di FILO che della sua esperienza senza guardare continuamente l’orologio.

Lapo nasce a Ferrara dove frequenta anche il liceo. In seguito studia scienze della comunicazione a Bologna ma decide di non iscriversi alla specialistica. Qualcosa è cambiato e ha bisogno di aria nuova. Di provare una strada diversa. Parte per Londra decidendo di concedersi una specie di anno sabbatico. Qui lavora la sera nei pub e impara l’inglese. Il periodo gli serve per avvicinarsi al mondo della grafica e della comunicazione digitale, che sembra appassionarlo molto. Durante il giorno si dedica principalmente a questo.

Quando torna in Italia si stabilisce a Roma. Lavora tre anni come grafico presso un’agenzia. È una bella esperienza ma ancora non basta, manca qualcosa. Il lavoro con i colleghi è sicuramente stimolante e contribuisce ad accrescere le sue abilità ma ha bisogno di un posto dove non sia circondato da persone che appartengono al suo stesso mondo o che hanno in comune le proprie radici.

Un amico gli parla di un corso gratuito realizzato da InnovAction Lab, un progetto che mette in comunicazione i giovani che hanno buone idee con il mercato e potenziali investitori. Lapo partecipa al corso ed entra nel mondo delle startup. Viene in contatto con un nuovo approccio nell’affrontare le cose. La ricerca di un problema, la sua possibile soluzione, il lavoro all’interno di un team i cui elementi provengono da ambienti differenti.

È in questo contesto che i genitori di FILO si conoscono. Il team è composto inizialmente da cinque persone: Giorgio Sadolfo, Stefania De Roberto, Andrea Gattini, Roberta Alessandrini e Lapo.

Un tutor li segue durante la ricerca dell’idea che possa interessare il mercato. E FILO finalmente nasce.

Proposito del team è quello di unire un software, un’applicazione che scarichi da internet, ad un hardware, un dispositivo da applicare agli oggetti che non vuoi perdere o continui a dimenticare ovunque. Attraverso l’applicazione puoi collegare il dispositivo al cellulare che è in grado di dirti dove si trova ciò che cerchi in un raggio di 70 metri. Se ti allontani troppo FILO registra l’ultima posizione della cosa che hai dimenticato e ti dice dove era quando l’hai persa. Quindi in teoria puoi usarlo anche per ritrovare l’auto quando non ricordi dove hai parcheggiato. Comunemente viene attaccato alle chiavi, alla borsa, ad uno zaino, anche se Lapo mi giura che gli hanno chiesto se poteva essere allacciato anche ad una moglie. Non essendo GPS (FILO funziona tramite bluetooth) non si può. A meno che il marito non si metta a pedinare la compagna entro i 70 metri, che possono però diminuire in base alle interferenze presenti nell’ambiente, e comunque non sembra essere una buona soluzione alle perplessità che sorgono durante le relazioni coniugali.

FILO è altresì bidirezionale. Attraverso il dispositivo puoi far suonare il cellulare anche se è in modalità silenziosa. Insomma sembra una buona idea per i più sbadati che, come il sottoscritto, prima di uscire perdono oltre alle cose almeno dieci minuti a ritrovare tutto ciò che ti serve, e che poi sono comunque costretti a tornare indietro perché hanno dimenticato qualcosa.

Illustrazione di Elia Barbieri

Al termine del corso il team di FILO si classifica al quarto posto tra i progetti migliori. Lapo e gli altri hanno così la possibilità di venire a contatto con alcuni investitori. Hanno un’opportunità, ma devono produrre in cinque mesi duemila unità di prodotto e testare il mercato. Realizzare hardware in cinque mesi risulta essere davvero una bella sfida. Emozionante ma particolarmente impervia.

Cominciano in agosto, con i fornitori chiusi. Nonostante le difficoltà riescono. FILO è ufficialmente nel mercato.

Attualmente FILO non è un progetto “chiuso”. Attraverso i feedback dei clienti e degli investitori tende a migliorare sé stesso. È ormai uno degli attori del mercato nazionale ma vorrebbero portarlo anche in Europa. Il team è cresciuto e ha fondato un s.r.l.

Lapo ha in mente anche un nuovo progetto ma non può parlarmene. Si limita a dirmi che anche quest’ultimo riguarderà il tracking. Quando gli chiedo se ha trovato quello che cercava mi risponde: «Per ora, si».

Lapo sembra funzionare come il suo prodotto, ma al contrario. Invece che percorrere un percorso a ritroso per ritrovare ciò che perde avanza un passo alla volta alla ricerca di qualcosa che non conosce ancora. In entrambi i casi c’è un filo invisibile che lega un individuo a ciò che vuole. Ma nell’ultimo caso non si sa cos’è.

Mi dice che a suo parere la realtà lavorativa è più ampia di quella che si crede. Bisogna però capirne le dinamiche. E non è assolutamente facile. Ci sono mondi e aspetti della stessa che nemmeno si conoscono. Se vuoi realizzare qualcosa oggi puoi, ma bisogna inserirsi all’interno di questa evoluzione in atto. L’ambiente seppur ostile concede delle opportunità. Il problema è spesso come sfruttarle e nessuno ti prepara a farlo. Ma ciò non significa che non ci siano.

Terminiamo la discussione parlando un po’di Ferrara e del mercato italiano in generale. Lapo è affezionato ancora alla sua città e ci torna spesso. La considera un territorio vergine dove si possono portare le esperienze fatte fuori. Sul mercato e i prodotti italiani, invece, dice che c’è una cosa dove noi siamo molto in gamba, oltre che nell’arte e nella musica ovviamente, ed è il design. Oggi siamo riusciti a fare passi da gigante nel campo tecnologico ma ci siamo dimenticati quali sono i nostri punti di forza. Bisognerebbe fondere le due cose, la tecnologia e il design, e ottenere qualcosa di nuovo.

Cercare, trovare, creare qualcosa di nuovo. Ci risiamo, credo stia ancora rincorrendo il suo filo. Ci salutiamo. Buona caccia.

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