Rimangono vive e pulsanti, come istantanee ferme nel tempo, le immagini che scrittori, intellettuali, artisti, viaggiatori dei secoli scorsi, ci hanno raccontato: sensazioni vissute al loro passaggio a Ferrara, nei lunghi viaggi attraverso l’Italia.

Se Michel de Montagne descrive con stupore la rosa a novembre nell’orto dei Gesuati, Charles de Brosses rimane incantato dall’erbetta tra i ciottoli delle strade di una città abitata solo da gatti turchini. De Chirico e Savinio trasfigurano in metafisica questa città dai “mille misteri naturali”, D’Annunzio canta la deserta bellezza di queste “vie piane, grandi come fiumane che conducono all’infinito” e Carducci immagina poeti e duchesse entrare a palazzo Prosperi Sacrati.
Guido Piovene decanta la “grazia svaporata” della città e definisce Corso Ercole I d’Este la più bella strada d’Italia. Soltanto Goethe, sulle orme di Ariosto e Tasso, riparte sconfortato..

Ricordare le parole che questi illustri personaggi hanno dedicato alla nostra città è vedere con altri occhi il nostro mondo, con un brivido di emozione. Ma l’emozione si fa più viva e appagante se chi ha scelto Ferrara non come tappa di un viaggio, ma come luogo in cui vivere, ci accoglie e si racconta, nella sua casa di Via Muzzina: Hugo Aisemberg, straordinario pianista e compositore argentino, ha scelto infatti di abitare qui, dentro le nostre mura rinascimentali, da sette anni.

Conosco lui e la moglie Rosi da quando vollero scoprire il mio studio di scultura, qualche anno fa. Dopo pochi minuti li sentivo già amici preziosi, il cui sorriso dona calore. “Questo è un mondo nel mondo”, mi confida ora di aver pensato allora, in quell’incontro.

Mi racconta, nel suo delizioso italiano perfetto con accento argentino, tutta la sua ricchissima vita.

Già la prima riga della sua biografia in Wikipedia potrebbe da sola costituire il tema di un romanzo: “Nasce nel 1938 a Buenos Aires da una famiglia ebrea di Odessa emigrata in Argentina scappando dalle persecuzioni dello Zar.” Ma il seguito è un susseguirsi di colpi di scena tali da rischiare di perdere il filo!

Il padre, che musicista non era affatto, era fermamente deciso ad avere un figlio pianista. E giocoforza Hugo lo diventa, tra mille bugie per godere attimi spensierati di infanzia, superando solo da adulto il conflitto di questa imposizione. La musica, ormai parte integrante di sé, lo accompagna tutta la vita, regalandogli fama e successi. E trasmette questa dote e passione ai suoi sei figli, divenuti poi tutti musicisti!

Ma andiamo avanti nel racconto: dopo aver vissuto fino a trent’anni a Buenos Aires, va a Budapest con la prima moglie e là nascono i primi due figli, Juan Lucas e Livia. Terminati i due anni di borsa di studio all’Accademia F.Liszt, con rammarico lascia l’Ungheria e ritorna in Argentina (con un viaggio in nave durato tre settimane!), dove nasce la terza figlia, Alida.
La difficile situazione del proprio paese lo fa decidere di tornare in Europa e sceglie le cattedre del Collegium Musicum di Sezze Romano e Latina, dove lo raggiunge la famiglia. Ma dopo un anno la moglie muore tragicamente in un incidente e lui rimane solo con i tre figli piccoli.
Il passaggio dall’infinitamente grande Buenos Aires al piccolo paese laziale gli è di conforto, offrendogli il calore e la solidarietà necessari per continuare, e vi rimane otto anni. Dall’Argentina arriva una ragazza, amica di famiglia, ad aiutarlo nella gestione familiare e Hugo insegna anche al Conservatorio di Reggio Calabria e a Praia a Mare, in un rocambolesco rincorrersi di treni su cui salire nel cuore delle notti.
Ottiene quindi il trasferimento al prestigioso Conservatorio G.Rossini di Pesaro e dopo pochi anni si risposa con una collega insegnante da cui ha altri tre figli: Irene, Aloisa e Saul. Qui vive trent’anni, ma il matrimonio si conclude con un divorzio e in seguito inaspettatamente ritrova, durante un suo concerto a Roma, dopo un primo e unico incontro avvenuto ventisette anni prima, colei con la quale vive ora, da tredici anni.

Era arrivato il momento, raggiunta la pensione lavorativa e volendo allontanare l’amarezza dei dissapori coniugali passati, di scegliere una nuova città in cui vivere felicemente con Rosi. E arriviamo infine a Ferrara!

Come mai ha scelto proprio la nostra città, Hugo?

A Pesaro vivevo in una bella casa in campagna, con tanti figli e tanti ulivi! Ma volendo andarmene, cercavo una città altrettanto piccola, a dimensione d’uomo. Sono arrivato qui, invitato per un primo concerto, nel 1999, in un capodanno freddissimo. Ricordo di essere passato sotto il magnifico castello, uscendo dal teatro, ma l’aria gelida mi ha fatto rinunciare alla scoperta della città.
Poi sono tornato per un secondo concerto anni dopo a primavera inoltrata e sono rimasto incantato dalla visione del Duomo dalla Piazza del Municipio, da palazzo dei Diamanti, dal ghetto.. Meravigliato, ecco.
Per fortuna Rosi ha condiviso subito il mio innamoramento per questa città ed abbiamo trovato casa in questa via silenziosa a pochi passi dal centro. Di fronte c’era lo studio di Daniela Carletti e poco più in là c’è quello di Sergio Zanni. Ci hanno fatto conoscere Gianfranco Goberti e in poco tempo siamo diventati amici di molti artisti ferraresi.  Con Cristina Carini, formidabile pianista ferrarese, l’amicizia era iniziata a Pesaro, dove anch’essa ha insegnato al Conservatorio per molti anni, ed ora con grande piacere la ritrovo in città.
Qui ho conosciuto l’argentina Nora Lomi, insegnante di spagnolo al liceo Ariosto, grazie alla cui preziosa scuola ad hoc di cucina mia moglie ha imparato a creare i piatti del mio paese, che non gustavo più da cinquant’anni!
Insomma, eravamo soli ed ora siamo circondati da amici. Quando qualcuno mi chiama, mi illumino!

Cosa ti piace, quindi, in particolar modo di Ferrara?

Passeggiare! Perdermi nel silenzio e nella pace delle vie medievali, arrivare a palazzo Schifanoia, scoprire e riassaporare gli stessi percorsi, non è mai uguale.  Non sei aggredito da macchine, da rumori. Gli unici motorini sono quelli dei ragazzi che portano le pizze! Poi Ercole d’Este e la città rinascimentale, così diversa ma parte di un universo unico. La vita a Ferrara per noi è una meraviglia. Rosi viene da Roma e apprezza come me questo rapporto umano: dialogare con il barista, salutare l’edicolante, i tanti piccoli incontri che sorprendono. Appartenere a questo nucleo, sentire che sei qualcuno anche per gli altri.  Poi Ferrara non è una città invadente, eppure ti accoglie ovunque. Mi piace venga riconosciuto il mio ruolo, perché ho sempre desiderato condividere quello che conosco e che sono, nell’amore per le mie radici.

 A volte non ti sta un po’ “stretta”, questa città così piccola?

Forse per un giovane lo può essere. E’ una città ricca di attività, avvenimenti, proposte, ma si potrebbe fare anche di più. Parlando del mio ambito artistico, ad esempio, è un peccato che i concerti al Ridotto non abbiano finanziamenti. Io sono contento, al di là di questo aspetto, dei rapporti creati con il Teatro Comunale, con la Biblioteca Ariostea, con il Conservatorio, con il Jazz Club.
La collaborazione con il teatro, con Dario Favretti, è iniziata da subito, quando mi sono stabilito a Ferrara. Però ancora non conoscevo musicisti di qui, per cui chiamavo sempre quelli che frequentavo a Pesaro, perché mi è sempre piaciuto aiutare ragazzi giovani a farsi apprezzare. Ora invece ho tra gli amici tanti bravi strumentisti ferraresi! Ti si apre un universo di creatività e attività, inventando progetti da portare avanti.
“Ferrara musica” ha un’ottima direzione artistica, che chiama il meglio che c’è nel mondo. Io posso portare il mio contributo esclusivo della musica e del mondo argentini, che racchiude la mia esperienza, le mie conoscenze, la mia anima. Come il recente omaggio a Borges creato dalla Associazione Culturale Astor Piazzolla, ad esempio, che tante persone hanno seguito alla sala Agnelli, presentato dallo scrittore Roberto Pazzi.
Se venissero domani un brasiliano, un turco, un senegalese a fare quello che faccio io, portando il loro mondo anche qui, dove già una cultura universale esiste, sarebbe una cosa meravigliosa!

Comunque tu spesso parti, chiamato per concerti in giro per il mondo. Magari insieme a qualcuno dei tuoi figli musicisti. Così come capita che sia invece tu a chiamarli qui per suonare con te. Come nel concerto che avverrà nei prossimi giorni, in cui ben tre su sei musicisti sono Aisemberg! Verranno tuo figlio Juan Lucas da Berlino, dove suona la viola da quando aveva vent’anni nell’orchestra della “Deutsche Oper” e tua figlia Aloisa, violinista dell’Orchestra Giovanile “L. Cherubini”, diretta dal Maestro Riccardo Muti e cantante nel Coro di Voci Bianche del Teatro Comunale di Bologna. Il primo come componente del tuo gruppo Novitango, la seconda come artista ospite. E gli altri tuoi figli?

Livia, dopo il conservatorio, ha scelto di diventare psicanalista e vive a Roma, Alida è pianista a Berlino e dirige una scuola per figli di italiani, Irene fa la pianista a Barcellona e ha creato una scuola di musica con il suo compagno cileno, poi c’è Saul, il più piccolo, che ha studiato clarinetto e fa il fonico. Tra il primo, nato nel 1967 e l’ultimo, del 1990, ci sono quasi venticinque anni di differenza: sono stato un quarto di secolo cambiando pannolini!

Foto di Flavia Franceschini

Abbiamo riso e sorriso tante volte, Hugo ed io, in queste due ore di racconti.
E’ quasi ora ci cena e arriva Rosi, indaffaratissima nella gestione preparatoria del concerto. L’idea infatti è partita da lei, come amoroso omaggio a Hugo, per ricordare importanti anniversari della sua vita e anticipando la festa per il suo ottantesimo compleanno: 50 anni dalla prima volta in cui Aisemberg ha portato nei concerti la musica di Astor Piazzolla, trascrivendola per pianoforte e 30 dalla nascita del gruppo strumentale Novitango, da lui diretto, che porta la musica argentina nel mondo.

Foto di Flavia Franceschini

Hugo e Rosi hanno posato per me nella raccolta di scatti fotografici a coppie di artisti, “Le Muse quietanti”, attualmente esposta nelle due sedi della MLB  home gallery e dell’Art gallery dell’Hotel Annunziata. Mi confida ora Hugo: “Essere considerati come una coppia di Ferrara, riconosciuta insieme a tutte le altre meravigliose che tu hai ritratto, per noi è come un traguardo. Ci siamo guardati con Rosi e abbiamo detto: siamo arrivati!”

2 Commenti

  1. Bellissimo servizio, scritto con parole chiare, semplici, in un incedere che si potrebbe definire quasi “confidenziale”, utilissimo per conoscere meglio il percorso artistico, ma soprattutto di vita, di Hugo Aisemberg. Complimenti all’autrice dell’articolo..

  2. Gladys Sac scrive:

    Salve,
    Cercando eventi a Ferrara ho incontrato questo articolo. Grazie.
    Sono argentina e amo il tango, insegno spagnolo, vivo in prov.di Modena e ho una storia molto vicina a quella del maestro Aisemberg.
    Chiedo se è possibile contattarlo per conoscerlo personalmente, ne sarei onorata.
    Grazie ancora.
    Gladys Sac.

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