Corso Isonzo oggi sembra un parcheggio permanente di auto, quasi tutte all’ombra grazie alla doppia fila di platani fiancheggianti la sede stradale, sopra le aiuole longitudinali che delimitano i controviali. Sono alti, importanti ma disuguali, alcuni addirittura deformi, comunque tutto l’insieme contribuisce a mantenere quasi l’antica immagine della via. Corso Isonzo è sempre stato alberato, purtroppo non so di quale tipo fossero le piante, perché nessuno me l’ha mai detto ed io a quell’età non ero in grado di riconoscerle. Solo per un breve periodo, intorno al 1945, ne fu priva.  

È bene conoscere la situazione iniziale, e risalire perciò ai primi anni ’40, quando le due lunghe e verdi aiuole, che delimitano i controviali, erano percorse nel mezzo e per tutta la loro lunghezza da una bellissima siepe compatta, e tutti in fila, alla giusta distanza tra loro, si ergevano questi magnifici alberi. Tutto l’insieme era ben tenuto, con il prato sempre rasato e la siepe regolata periodicamente. I bombardamenti, che fecero scempio della nostra città, distrussero completamente tutto ciò che c’era tra vicolo Bomba e via Cortebella, di conseguenza  anche gli alberi prospicienti via Montenero.

Il passaggio di una gara motociclistica nel 1939 davanti alla Caserma Pastrengo

Il passaggio di una gara motociclistica nel 1939 davanti alla Caserma Pastrengo in un filmato LUCE

Nel febbraio del 1945 di alberi ne rimanevano pochissimi. Mancavano non solo quelli sradicati dalle bombe, ma anche molti altri. Dove erano finiti? Il mistero venne svelato quando una sera, per caso, assistemmo all’abbattimento di uno degli ultimi rimasti. Una piccola squadra di uomini, armati di seghe, falcetti e carretto, stavano facendo a pezzi  l’albero abbattuto poco prima. Dopo alcune sere di nuovo la stessa cosa, e così di seguito, fino all’ultimo. Non furono risparmiati  nemmeno quelli prospicienti la caserma Pastrengo, oggi tra le sedi della Provincia di Ferrara, che seppur vuota, non riuscì ad incutere abbastanza soggezione!

La stessa fine fecero gli olmi di via Cassoli, che nel 1945 terminava ufficialmente all’incrocio con via Montegrappa. L’alberatura continuava, delimitando quello che sarebbe stato in futuro il prosieguo della via stessa, con gli alberi ben allineati ed equidistanti, fino all’odierna via Ortigara. Ebbene anche qui i taglialegna notturni fecero piazza pulita. Gli olmi erano di taglia medio piccola, per cui le operazioni di abbattimento taglio e trasporto furono molto più semplici e veloci. In poche parole, non rimase più nulla. Quando gli inglesi entrarono a Ferrara riempirono Corso Isonzo, via Cassoli, lo spazio Ovest adiacente al muro del campo sportivo da noi identificato come “dadrè da la Spal” e ogni altra area possibile con camion, camionette, carri armati, trattori e rimorchi. La loro permanenza riprodusse esattamente l’effetto di un campo dopo che un gregge se ne è andato: non esisteva più un filo d’erba. È bene ricordare che tutta la zona compresa tra la Spal e la Stazione era un’area devastata dalle bombe e ricoperta, oltre che dalle macerie del Canapificio e del Setificio, da cespugli vari, erbacce e rifiuti di ogni genere. 

Una sera ci radunammo spontaneamente per assistere ad uno “spettacolo pirotecnico involontario”. Dietro la Spal prese fuoco un camion, un Dodge, carico di razzi per segnalazione a tre colori, balistite, munizioni per armi leggere e proiettili d’artiglieria di piccolo calibro. L’effetto era una luce intensa alla base, da cui partivano razzi colorati verso il cielo, ed ogni tanto, qualche raffica di botti. Lo spettacolo, seppur pericoloso, fu piacevolissimo.

La zona era un formicaio di soldati che vendeva e barattava con noi qualsiasi cosa. Per esempio io cambiavo un uovo fresco con un barattolo da 50 sigarette. Loro le sigarette le buttavano, ma non avevano uova. Vendevano di tutto: calze, scarponi seminuovi, pantaloni, giubbetti, cappotti, benzina, olio per motore e perfino qualche gruppo elettrogeno smontato. Di sera il traffico era molto intenso e gli affari consistenti, con tanto di vedetta per prevenire l’intervento possibile della Militar Police.

Poi un giorno tutti se ne andarono. Il panorama era di uno squallore unico, erano rimasti un corso Isonzo depilato, una via Cassoli macinata e un “dadrè da la Spal” pieno di carcasse abbandonate di ogni cosa, comprese cucine da campo. In primo piano faceva bella mostra di se il Dodge bruciato quella sera dei fuochi, poi sparsi qua e là tra i cespugli, taniche di benzina schiacciate e fusti vuoti e ammaccati. La zona divenne ben presto un luogo ideale per coppiette e per alcune ragazze “generose” in cerca di compagnia, molte delle quali, va detto, un po’ avanti con gli anni.  

Quando l’amministrazione comunale prese in mano le redini della città, notammo con piacere che squadre di operai piantarono alcuni piccoli alberelli, con a fianco il classico “carazz ligà con n’a stropa”; erano i platani che oggi ancora vediamo lungo corso Isonzo. Qualcuno non riuscì ad attecchire e venne rimpiazzato a poco a poco nel tempo. Ecco perché sono così disuguali tra loro. La siepe non venne mai ripristinata e nemmeno l’erba sulle aiuole. È doloroso constatarlo, ma Corso Isonzo di oggi non è più bello come era un tempo.

Quanto a una di quelle ragazze che si incontravano verso sera nei dintorni della Spal, un giorno la rivedemmo spingere un passeggino con un bel maschietto dentro. I conoscenti, curiosi e ficcanaso, facendo i complimenti al bimbo le domandavano se era sposata e lei rispondeva sempre “purtroppo no”. Il bambino, che era tutto il suo amore, era il frutto di un’aggressione subita da un violentatore, una sera d’estate, là “dadrè da la Spal”.

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