di Filippo Landini e Alessandro Casolari, dal libro “Gruppo d’azione”, Red Star Press.

“E violenza sarà” era la chiamata alle armi, il prepararsi allo scontro, sciarpe sul viso e via a caricare. “E violenza sarà” era un messaggio che anche le forze dell’ordine recepivano e professionalmente si apprestavano a ricevere ordini. L’Articolo del Resto del Carlino dopo la partita SPAL – Padova del 1987 è esplicito.

Violenza che preoccupa
Gli incidenti di domenica vicino allo stadio provocati da teppisti locali. Sette i feriti, tra cui 5 carabinieri.

I violenti scontri avvenuti nelle adiacenze dello stadio e anche alla stazione alla fine della partita Spal – Padova hanno evidenziato ancora una volta, in maniera preoccupante, il livello di pericolosità raggiunto da alcune frange di giovani che alla domenica si danno appuntamento in massa sugli spalti con l’obiettivo primario di esercitarsi alla guerriglia. Il tifo per la squadra è solo un ingrediente o meglio un pretesto. […] Si ha la netta impressione che l’aver troppo tollerato certe manifestazioni per nulla attinenti con lo sport, abbia finito per creare spazi eccessivi a teppisti scalmanati. Per quanto riguarda la nostra città è auspicabile che soprattutto la Spal, come società, prenda iniziative per isolare quei gruppi organizzati promotori e protagonisti di sanguinosa violenza all’ombra dei vessilli biancazzurri.
[a. b.]

8 marzo 1987, Spal – Padova, il ritorno. L’andata fu il 2 novembre dell’86, il giorno in cui esordì il Gruppo d’Azione. La rivalità con i padovani era molto sentita, come del resto con tutte le città venete. Fondamentalmente era il Veneto a stare sul cazzo ai ferraresi. I veneti erano troppo bigotti, dei bacia pile che pensavano solo agli schèi (i soldi in dialetto veneto). Già dalla mattina i ragazzi del Gruppo d’Azione erano in giro in zona stadio e stazione. Ovviamente c’erano anche altri gruppi della Curva Ovest in questo pattugliamento del territorio, in questa caccia ai padovani. Gli ultrà della SPAL li stavano aspettando ed erano pronti allo scontro. Gli sbirri anche, con tanto di elicottero. Sulle strade le forze dell’ordine erano presenti ovunque. In quell’area urbana vi era una sorta di campana di vetro che la isolava dal resto della città. Vi era uno spazio circoscritto in cui muoversi, dove il trascorrere del tempo non era più contemplato, dove i nomi e i cognomi dei singoli non esistevano più. Esisteva il Gruppo d’Azione. E basta.

In quegli anni era consuetudine, secondo l’organizzazione della Gioventù Estense in accordo con la società SPAL, appendere gli striscioni circa tre ore prima dell’inizio partita e ritornare allo stadio dopo, all’apertura dei cancelli. La Gioventù Estense era l’insieme di tutti i gruppi ultrà della Curva Ovest, era la seconda generazione del tifo organizzato e raccoglieva dai mille ai duemila tifosi, a seconda delle occasioni. Quella mattina di SPAL – Padova alcuni ragazzi andarono in Curva Ovest e appesero i due grandi striscioni casalinghi, GIOVENTÙ ESTENSE e SUPPORTERS. Lo stadio era ancora deserto e in zona non si erano ancora visti i tifosi ospiti. Dopo pranzo, quando gli ultrà spallini entrarono in Curva Ovest, gli striscioni erano spariti. Erano finiti nelle mani dei padovani. Probabilmente alcuni di loro giunti in macchina si accorsero, guardando attraverso le fessure dei portoni della curva est, che in Curva Ovest vi erano gli striscioni e nessuna persona. Fu la miccia che innescò, dopo la partita, tre ore di guerriglia urbana nel quartiere Giardino, in tutta l’area fra lo stadio e la stazione. La consapevolezza che i due grandi striscioni della Curva Ovest fossero stati presi, fece salire la tensione ai massimi livelli. Alcuni ultrà non entrarono neanche aggirandosi intorno allo stadio a caccia di padovani sprovveduti o delle loro automobili. Vi furono anche alcuni tentativi di avvicinamento alla curva est, ma era totalmente presidiata dalle forze dell’ordine e sarebbe stata necessaria una catapulta per raggiungere i tifosi padovani.

“E violenza sarà”, ripetuto come un mantra dentro la Curva Ovest, rimbomba in tutto il quartiere. Durante la partita uno dei ragazzi dalla Curva Ovest scavalca in gradinata e si dirige verso la curva est. Un carabiniere lo intercetta e cerca in maniera maldestra di colpirlo con la bandoliera. L’ultrà spallino evitando il colpo gli sottrae la bandoliera e comincia a correre come un indemoniato su e giù per la gradinata gremita di persone roteando la bandoliera come un trofeo. Il carabiniere, tutto trafelato con la mano che schiaccia il cappello sulla testa, cerca di catturarlo. Tutta la Curva Ovest incita il ragazzo di mettersi in salvo tornando in curva. Nel correre lancia la bandoliera del carruba in campo, a partita in corso, come se fosse un grande osso per fermare l’inseguimento del molosso da guardia, il quale infatti rallenta e recupera la propria bandoliera. L’ultrà spallino ne approfitta e con un balzo si riposiziona in Curva Ovest. Immancabile il coro sulle politiche del lavoro.

La rabbia per gli striscioni rubati è incontenibile. Mancano venti minuti alla fine della partita e in Curva Ovest decidono di andare a riprendere gli striscioni. Seicento forse settecento ragazzi escono dallo stadio decisi e risoluti, sciarpe sul viso e oggetti contundenti fra le mani. In pochi minuti riempiono via Cassoli, la via della gradinata e si dirigono veloci verso la curva est ma un muro massiccio di sbirri con casco, scudo e manganello gli blocca la strada. Dalle schiere di ultrà spallini inizia un lancio di pietre e bottiglie sia verso gli sbirri che dentro la curva est. La violenza e le minacce rimbombano nella via. I padovani sono ammutoliti, silenzio assoluto, solo il rumore delle bottiglie che si spaccano sull’asfalto. Gli sbirri sono meno intimoriti, gli scudi e i manganelli partono violenti, non hanno voglia di temporeggiare, mediare o stronzate varie. Vogliono disperdere nel più breve tempo possibile settecento pezzi di merda che li stanno bersagliando con porfidi e campanelli, lattine e bottiglie. La carica degli uomini in divisa è efficace, respinge le centinaia di ultrà verso il grande prato di piazzale Giordano Bruno, il retro dell’imponente edificio dell’ASL.

Vista la massiccia presenza di sbirri e del moscone di Stato che sorvola e segue qualsiasi movimento sospetto, le centinaia di ultrà ferraresi iniziano a dividersi in decine di gruppetti e cominciano ad attaccare tutti i veicoli targati PD e qualsiasi cosa con i colori biancorossi. Gli ultrà della SPAL sono convinti che gli striscioni rubati si trovino all’interno di qualche auto padovana. Con molta fatica e determinazione da parte degli sbirri, il corteo degli ultrà veneti viene messo in sicurezza presso lo scalo merci della stazione. Gli attacchi dei ferraresi sono continui per tutto il percorso, una pioggia di bottiglie e di pietre, mordi e fuggi per centinaia di metri, sbucando da dietro gli angoli, gli alberi, i cassonetti. Quindi l’assalto alla stazione in cui sono convogliati decine di gruppetti spallini. Ma le forze dell’ordine sono molto efficienti e respingono ogni attacco. Nel frattempo in tutta l’area da viale Cavour fino all’Acquedotto, improvvisi focolai di autentica guerriglia urbana tengono impegnati gli sbirri antisommossa.

Lungo viale IV Novembre alcuni ragazzi si aggirano sopra le mura storiche per avere una visuale più ampia. Per disperderli arrivano due noti personaggi sulle loro Moto Guzzi, Stanlio e Olio vestiti da carabinieri. Olio cerca d’inerpicarsi con la moto sul terrapieno delle mura, ma a metà sentiero la moto sotto il suo peso si ribalta all’indietro ruzzolando rovinosamente giù dalla discesa. I ragazzi, come gibboni imbizzarriti, si piegano dalle risate. La moto e Olio diventano bersaglio di oggetti vari. Lo sbirro in serie difficoltà, ancora accasciato, estrae la pistola e la punta intorno. I gibboni smettono di ridere e se ne vanno in fretta mentre una gazzella dei colleghi di Olio arriva a sirene spiegate. Alcuni ragazzi tornano verso lo stadio e in via Poledrelli, adiacente a piazzale Giordano Bruno, bloccano a sassate una ritmo blu targata Padova. Vi è solo una persona sopra, forse è un rodigino con l’auto targata PD, giorno sbagliato per girare a Ferrara. Il guidatore scende con un bastone ma è percosso e dalla sua auto viene sottratto lo stereo e altre cose.

Senza tregua. Nei giardini del Grattacielo, appena fuori la stazione, alcuni padovani sono intercettati da elementi del Gruppo d’Azione e vengono aggrediti in corsa e depredati delle sciarpe biancorosse e di qualche stendardo. Corso Piave, auto di tifosi ospiti bloccata e conducente trascinato giù per i capelli. Tifosi veneti aggrediti e auto distrutta. L’elicottero sorvola e controlla. Iniziano a sentirsi le prime ambulanze che arrivano veloci da viale Cavour. Camionette di sbirri percorrono incessanti le strade che richiamano la Grande Guerra. Corso Piave, viale IV Novembre, corso Isonzo, via Fiume, Nazario Sauro e vie limitrofe. Reparti antisommossa respingono altre incursioni di ultrà di Ferrara lungo tutto il perimetro della stazione. Buona parte del Gruppo d’Azione si dirige verso via Oroboni e poi giù per una traversa, via Bianchi, fino ai binari della linea ferroviaria che collega Emilia-Romagna e Veneto. Una zona della città un po’ abbandonata, vecchie case popolari e semi diroccate, qualche piccola discarica abusiva e un canale, il Gramicia, putrescente con odori nauseanti e pantegane da pesi massimi. La zona è già fuori dal pattugliamento degli sbirri e anche l’elicottero sembra non accorgersi di questo movimento di una ventina di persone. Giunti ai binari, i ragazzi fanno scorta di sassi e nascosti fra i cespugli attendono il treno dei padovani. Invano. Il mezzo pubblico non si vede. I ragazzi sapranno dai giornali del giorno dopo che i tifosi veneti avevano tirato il freno d’emergenza appena il treno era partito e quindi all’altezza di via Bianchi ci transitò molto dopo. In quel frangente di attesa, l’elicottero o i pochi residenti della zona si accorgono di quell’insolita e inquietante presenza lungo i binari, decine di ragazzi con pietre e bastoni che si aggirano presso la massicciata della ferrovia. Sentendo l’arrivo delle volanti a sirene spiegate, i ragazzi si disperdono lungo i campi incolti e sbucano quindi sulla trafficata viale Po, dove i guidatori della domenica li guardano allibiti. Il tramonto come sfondo e queste giovani sagome che attraversano il viale con le sciarpe sul viso e i bastoni in mano. Mentre ritornano verso la stazione e lo stadio, le sirene delle ambulanze si mischiano a quelle dei mezzi della polizia e dei carabinieri, scontri con feriti sono ancora in corso.

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