di Valentina Mantovani Sarti

Non ricordo il momento preciso in cui ho conosciuto Walter Lazzarin. Sono passati troppi anni da quella serata. Ricordo che ero a Rovigo con dei cari amici, ma onestamente non ricordo se eravamo in un bar per un bianchino o a tavola a gustarci un piatto di bigoli. Poco male.

Ogni tanto, non so se capita anche a qualcuno di voi che sta leggendo, si incrociano nella vita di tutti i giorni persone che attirano la tua attenzione e riaccendono la curiosità perché le vedi appassionate, entusiaste del loro lavoro. E tu cadi nel loro campo di forze e ne vieni risucchiata in preda a un’ammirazione sconfinata. Così riesci a discutere delle copertine di Minimum Fax, dei traduttori italiani di Foster Wallace, di cosa sia la democrazia oggi e se sia meglio il “bicerin” con il gianduia o il “marocchino”.

Ecco perché il luogo dell’incontro e l’occasione continuano a restare tappezzeria sfuocata sullo sfondo, ma dopo tutti questi anni ricordo che capii subito che il Walter era parecchio ganzo.

Un ragazzo della mia età (beh, un anno in più; ma dopo i trenta chi li conta ancora?) che nasce in quel di Padova. Due lauree: Economia Aziendale e Filosofia. Insegnante precario in Storia e Filosofia, per un po’. Grande passione per il calcio, che a braccetto con la sua abilità linguistica lo ha portato questa estate alla trasmissione “I giorni di Parigi”. Negli ultimi quattro anni ha deliziato il mio palato di lettrice con tre libri: “A volte un bacio” (2011), “21 Lettere d’amore” (2012) e il recente “Il Drago non si droga” (2015). Ed è proprio da quest’ultimo libro che scaturisce il progetto “Scrittore per strada”.

A un certo punto, Walter molla tutto e diventa “Scrittore per strada”. Con la sua Olivetti, in giro per il Belpaese, promuove il libro per le strade e crea uno spazio nuovo in cui il lettore si riavvicina all’arte della scrittura e della narrativa.

11 Ottobre 2015, su Facebook compare una foto caricata da Walter in cui sulla pensilina di una stazione ferroviaria giacciono due trolley, un tascapane rosso e uno zaino da trekking. È l’inizio dell’avventura: mi fermo a leggere cosa dice la didascalia della foto e capisco immediatamente. Capisco che quel ragazzo ganzo riuscirà a fare quello che vuole: vivere della sua scrittura. O perlomeno sta dimostrando di “avere il fegato di trasformare i vorrei in un devo” (cit. dell’autore). Quindi, mi rimane solo da commentare la foto dicendogli che è uno dei miei idoli personali e che gli auguro ogni bene.

Seguo il progetto e vedo che va a gonfie vele, e ne sono genuinamente contenta. Mi riprometto di passare per Rovigo o Padova per salutarlo, ma il lavoro e gli impegni non aiutano. Al Salone del Libro 2016 a Torino, mentre vago tra gli stand eccolo lì, seduto, con la sua Olivetti. Ecco il ganzo Walter.

Agosto ferrarese. Con mia enorme gioia leggo che lo Scrittore per Strada farà parte del Buskers Festival.

Un artista di strada sui generis, forse diverso dal busker ordinario che abbiamo in mente. Seduto in una viuzza medievale di Ferrara regalerà tautogrammi ai passanti curiosi. Appena lo scopro gli chiedo una breve intervista telematica, tra e-mail e messaggi, tra due amici che ogni tanto qua e là si ritrovano.

Da sbarbino passavi le giornate, dopo la partitella di calcio, a scrivere o hai scoperto il tuo talento in età “avanzata”? 

Da moccioso passavo le giornate a leggere e rileggere i fumetti di Topolino, ho cominciato a scrivere storie ancora prima di riuscire a farlo; in pratica, disegnavo scene su degli album di fogli A4 e poi alla mamma dettavo cosa inserire nei fumetti. Poi per anni (a parte un tentativo di racconto d’avventura e un diario tenuto durante la quarta elementare) ho accantonato la scrittura. La mia vita consisteva in una parola: calcio. Finché, in piena crisi adolescenziale ho iniziato a scrivere per potermi osservare dall’alto. Non ho più smesso, anche ora che dall’alto noto i miei capelli lasciarmi uno a uno, mese dopo mese.

Quali sono gli scrittori che ti hanno ispirato di più?

Gli scrittori non mi ispirano, mi aiutano. Se ho bisogno di dare ritmo a quello a cui sto lavorando, leggo Stephen King. Se devo colorare, impreziosire una serie di descrizioni, leggo Garcia Marquez. E così via.

Come hai deciso di intraprendere il progetto “Scrittore per strada”? Eri seduto lì a correggere compiti di adolescenti in preda a turbe ormonali e ti sei detto “fottetevi, io sono bravo a scrivere, io voglio scrivere e vivere di ciò che scrivo e se Maometto non va alla montagna allora la montagna va a Maometto”?

“Scrittore per strada” nasce dall’idea di collegare due mie passioni: la scrittura e i viaggi. Il viaggio non è una vacanza; per me è un’esperienza, un continuo cercare e mettersi alla prova, essere sempre in bilico. Alle spalle ho avventure anche molto faticose però fantastiche. Ho pensato di usare questa abitudine alla strada, questa capacità di adattarmi a tutto, per promuovere il libro in modo originale. In un mondo così pieno di titoli, di saggi e romanzi, o ti inventi qualcosa o resti nell’ombra. Sulla strada, la possibilità di essere illuminato dal sole è maggiore, no?

Regalare tautogrammi per strada, perché? (un tautogramma è un componimento nel quale tutte le parole hanno la stessa lettera iniziale – ndr)

Perché porgendo pseudo poemetti (profondi, però piacevoli) propago piacere.

L’idea di portare la narrativa, l’arte della scrittura per le strade, e soprattutto rendere la gente partecipe del processo creativo è una missione difficile al giorno d’oggi, ma il tuo progetto e l’accoglienza che hai ricevuto ci testimonia che c’è ancora la curiosità e l’interesse per qualcosa di nuovo. Questa spinta ad andare tra la gente, tra i “potenziali lettori” per diffondere la narrativa nasce da una constatazione reale (magari maturata nel precariato nella scuola) di un allontanamento dal piacere della lettura o da qualcos’altro?

Per alcuni anni ho partecipato alle fiere della piccola e media editoria, per promuovere le mie prime due pubblicazioni. Lì ho avuto modo di capire che, se il potenziale lettore ha l’occasione di conoscerti, è più facile che ti legga. Soprattutto se si trova di fronte un ragazzo enormemente bello e simpatico quale sono io. E poi ho pensato: stando sei ore per strada, vuoi non riuscire a piazzare almeno cinque libri al giorno? E poi ho pensato: in nove mesi, vuoi non riuscire a piazzare almeno mille libri? Adesso che sono passati dieci mesi e i libri piazzati sono circa 1700, ho confermato al mondo la mia genialità imprenditoriale.

Un aneddoto carino su un incontro per strada?

Milano. Corso Garibaldi. A un certo punto sento una voce: Walter, ma sei tu?! Non era la mia coscienza in fuga dal Sé. Era una mia ex compagna di classe; non ci vedevamo da secoli, e non essendo lei su Facebook non sapeva niente del mio progetto. Pensava che mi fossi ridotto a mendicare per le strade: a momenti mi sganciava un euro. Le ho detto che in nome della nostra vecchia amicizia (eravamo compagni di banco in quarta e quinta al liceo) poteva sganciarmene almeno due.

Hai dimostrato che volere è potere e ci hai ricordato che se ami fare qualcosa allora devi provare, metterti in gioco: può esistere la probabilità di riuscire a ottenere il risultato (non senza sacrifici). Bene, cosa ti è rimasto di questi dieci mesi di viaggio dal nord al sud dell’Italia, di questo nostro paese dove è difficile riuscire a fare come lavoro ciò che ami (o riuscire ad avere un impiego dignitoso) per un giovane, come me e te, della generazione nata negli anni Ottanta?

Come hai visto lo stato di salute dei giovani italiani che ti hanno avvicinato nel tuo tour?

A Catania molti ragazzi mi hanno detto: Non trovo lavoro e penso di trasferirmi al Nord. A Catania era raro che un mio coetaneo prendesse il mio libro, a Torino e Milano no. Alcuni, addirittura, ne hanno prese più copie per regalarne ad amici. Ci sono due paesi, dal punto di vista economico; è un peccato. In Sicilia e in Calabria, in Basilicata e in Campania ho conosciuto giovani più che in gamba, che però faticano il doppio rispetto a un connazionale del Nord per farcela, per attivare un’impresa che funzioni. Internet ha creato generazioni di ragazzi con interessi simili e ha accorciato le differenze di bagaglio culturale. Non ha, però, annullato le disparità economiche e sociali. Sarà un paese migliore quando scegliere se vivere a Napoli o a Verona dipenderà solo da motivi estetici o sentimentali.

Prossime tappe del tour e progetti futuri?

Dopo i Buskers di Ferrara sarò a Padova, per una presentazione; poi, per la fine estate e l’inizio autunno mi aggirerò per le città del Veneto, dell’Emilia-Romagna e del Friuli Venezia-Giulia. In quanto al futuro: dovrei trasferirmi a Roma dal primo novembre e in vista mi si profila la partecipazione fissa a un programma della Rai.

Quale?

Stay tuned. Tanto il progetto non muore: nei prossimi anni ho intenzione di proseguirlo, continuando a girare l’Italia però solo nei weekend. Non ho portato la mia Olivetti a Genova, e nemmeno a Palermo. Rimedierò. Andrò nella città di chiunque mi offra un pasto e un letto. Sono una strana specie di mendicante, in fondo in fondo.

Beh, qui a Ferrara posto letto e piatto di cappellacci assicurati, direi. Ti aspetto, ganzo Walter.
Oggi domenica 21 agosto 2016, Walter si troverà dalle 17 alle 20 in piazza Trento Trieste per distribuire tautogrammi ai passanti.

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