Avete presente il Borderline? Due palchi, venticinque gruppi, diciassette etichette. Tutto rigorosamente NO SIAE. Ne avevamo parlato qui. Eugenia Serravalli è tra le organizzatrici di questo festival delle etichette e delle produzioni indipendenti che tornerà a settembre. Intanto abbiamo rivolto dieci piccole domande a Eugenia. Perché lei è tante cose. Traduttrice, bassista (Sorelle Kraus/Operazione San Gennaro), chitarrista, batterista e cantante (Not the Pilot). Ecco la sua playlist personale.

1 La canzone giusta per celebrare uno spensierato disordine

Nel mio caso è un disco intero, “Last Splash” delle Breeders.  Gioia e rivoluzione. E no, nessun paragone blasfemo, è solo la sensazione che ogni volta mi dà questo disco quando lo metto su. Se proprio devo scegliere un pezzo -“Saints”, ma consiglio caldamente l’ascolto di tutto l’album.
2 Il primo album che hai tenuto tra le mani

Il ricordo si perde ormai nella notte dei tempi! Non so per certo quale sia stato il primo album che ho tenuto tra le mani ma so che le prime emozioni – avevo 10 o 11 anni – me le hanno regalate le raccolte rossa e blu dei Beatles. Leggevo ossessivamente i testi delle canzoni mentre sul piatto girava il disco. Da piccola adoravo “Girl”, che stava sulla quarta facciata dell’album rosso. Mi piaceva il risucchio che faceva Lennon nel ritornello e costringevo mio papà a rimettere la puntina all’inizio del pezzo almeno quattro volte.

  1. La canzone per convertire i lunedì in sabato sera

La prima che mi viene in mente è “Night” del Boss, perché sa sia di cartellino timbrato, di doccia appena fatta e di vestito buono che di lunedì da postumi, Oki e quattromila caffè a cercare invano di rivivere le emozioni del fine settimana. Alla vecchissima – e alla faccia del sogno americano che ci ha voluti  nemici del lunedì e amici del sabato.

4 La canzone che ti piomba addosso come un pianoforte lanciato dal decimo piano


Più che canzoni in sé e per sé di solito quel che mi piomba addosso sono versioni di canzoni. Mi vengono in mente “Loverman” di Nick Cave nella versione live a Glastonbury del 1994 e “Looking At You” degli MC5 del live a Detroit del 1970 (a dire il vero in questo caso è l’intero concerto a essere un enorme pianoforte lanciato dalla cima dell’Empire State Building).

5 Il pezzo che ti fa ballare come i dervisches tourners che girano sulle spine dorsali al suono di cavigliere del Katakali

Non credo esista, però il video di “You should be dancing” dei Bee Gees tratto dal film “Saturday Night Fever” in cui Travolta/Tony Manero fa delle mosse favolose mi ricorda ogni volta quanto io sia assolutamente negata per la danza!

6 La canzone strappa lacrime strappa

Dovendo scegliere in base a quante volte c’ho pianto su direi “If you’re gone” dei Byrds, che per me ha il rumore e l’odore della pioggia in autunno. E già solo il concetto di pioggia d’autunno… Anche “Something on your mind” di Karen Dalton è una canzone in grado di strappare non solo qualche lacrima ma probabilmente anche un paio di organi interni.

7 Se Ferrara fosse una canzone

“S’avvicina lentamente/con incedere elegante/ha l’aspetto trasognato/malinconico ed assente/non si sa da dove vien/né dove va…”

8 La canzone che sai a memoria

Due su tutte (e va là che ho già tirato in ballo i Beatles un po’ più su!):
“Thunder Road” del Boss perché mi è piaciuta dal primo istante (sì, possiamo dire modello pianoforte lanciato dal decimo piano) e non ha il ritornello quindi la si può cantare a rotta di collo; poi “How Deep Is Your Love” dei Bee Gees perché alle medie la suora di inglese la metteva nel mangiadischi e ce la faceva cantare in coro.
Menzione a parte per l’Inno alla Gioia di Beethoven perché ero una bambina solitaria e un po’ matta che un giorno ha deciso di impararsi il testo in tedesco.

9 La canzone da non prendere sul serio anche se prendere le cose sul serio non sempre serve ad avvicinarsi alla realtà

Temo di non aver capito la domanda, quindi credo mi limiterò a non prenderla sul serio e a buttarti lì un pezzo del Gran Maestro del Cazzeggio Mark E. Smith, “Totally Wired” dei Fall.

10 La canzone che ti ricorda che c’è sempre un posto dove vale la pena tornare

Qui si gira ancora una volta in coppia, non riesco a scegliere.Il primo pezzo è un vecchio, bellissimo blues di Geeshie Wiley, “Last Kind Words”, che ho sentito la prima volta per caso nel film di Terry Zwigoff su Robert Crumb e mi riporta ad un periodo bello e intenso della mia vita. A dove e quando si è stati felici val sempre la pena di tornare. L’altro pezzo è “All we ever wanted is everything” dei Bauhaus, che mi fa stare sempre un po’ a mezz’aria modello  Mary Poppins meets Etere. Quello (la mezz’aria) è un posto in cui personalmente torno sempre volentieri!

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