Qualcosa si rompe in via Porta San Pietro. Terry May, artista e curatrice della omonima home gallery, ha deciso di chiudere. Una perdita che non scuoterà certo gli equilibri cittadini – non li scuote nemmeno il fallimento di Carife, figuriamoci un posticino odoroso di tempera e colori ad olio che decide di abbassare le serrande – ma che per i tanti frequentatori e amici della galleria ha significato e si accompagna inevitabilmente a un senso di tristezza. Ma è davvero il caso di farsi prendere dalla malinconia? Forse no. No se si considera la fine necessaria a un nuovo inizio, la leggerezza e l’energia che derivano dall’abbandono, la bella forza di chi è vivo e vuole restare vivo, e per questo deve cambiare.

Terry abbandona il campo – «sarà un po’come andare sulla luna» – e lo fa a modo suo, con la stessa precisa lucidità e ironia che ha contraddistinto il suo lavoro in questi anni, lanciando strali e illuminando il cielo bianco di Ferrara di coscienza scattante e luminosa come fulmine.

Si chiude un’epoca, è la fine di un mondo. Sancisco la fine della mia appartenenza ad un determinato, canonizzato, convenzionale, ovvero nullo, mondo dell’arte al quale per luogo geografico (Ferrara nello specifico e Italia in generale), per tempo storico, e non altro, ho fatto parte. Mi tiro fuori da questa merda che mi circonda e che fanno passare per arte. The End.

Essere in un posto ma non essere di quel posto.

Essere di un tempo ma non essere di quel tempo.

Credo sia questo ora, la scommessa, il puntare oltre questo tempo e questo spazio.

Mentre sparo a zero su tutto e tutti mi vien chiesto perché le persone dovrebbero puntare sull’arte.
Rispondo da un punto di vista materiale, spiegando l’ippica, la corsa dei cavalli. É lo stesso. Arrivare al traguardo è il senso, vincere. Vince chi arriva al traguardo. Chi punta su un buon cavallo, su un vero artista, su un purosangue, vince. É un investimento. Dal punto di vista materiale è un gioco, soltanto un gioco. Per quanto riguarda lo spirituale è di per sé nell’arte.

Ma il traguardo ultimo lo si sa. Se si è dopo quello, se si è oltrepassati, si è. In Italia comandano i morti, chi punta sui morti vince!

Per il cavallo, per l’artista, il traguardo è chiaro, è superare l’ostacolo, la morte, andargli oltre. Impronta, traccia. Se si fosse immortali impiegheremmo meglio il nostro tempo. Come gli Dei. A far burle e a trasformare. Ecco perché mi piacciono Zeus e i suoi; sanno cambiare e sanno cambiare le cose.

E poi sì, c’è anche il fatto che la felicità e quelle cose lì sono nel percorso ed è forse questo il punto cruciale. Si può essere felici in mezzo alla merda?

Ma, tornando a The End, credo che per rinascere si abbia bisogno di una fine. Per me è importante la fine al pari dell’inizio. Ma anche tutto il resto. Dall’inizio alla fine. Tutto. A molti artisti piace stare lì, in sospensione.

Ho da tirarmi fuori prima del contagio, si respira aria viziata. S’è, inoltre, scoperto che l’imbecillità sia contagiosa e si diventa né morti e né vivi, arroccati come anime in pena su piccoli risultati di niente: una mostricina qui, una lì, la biennale, la triennale, la quadriennale, la collettiva, la personale, un vuoto assoluto vagante da una galleria all’altra, da un locale all’altro, da un aperitivo all’altro.

Ora più che mai s’è scoperto che gli artisti sono dei gran fessi e pur di mostrarsi si attaccherebbero gratis e/o a pagamento a tutto, proprio tutto, pure ar cazzo! Ma di poetica niente! Della poetica non se ne parla. Viene il dubbio se sappiano cosa sia la poetica. Non c’è più, davvero, religione; non c’è il senso e la sacralità dell’arte. Sembra di star in mezzo alle mignotte!

Quattro parole smorte dette a pagamento da un qualche curatore di turno su delle cose che sembrano nuove ma già son state fatte ai tempi di mia nonna e pure prima. Eccola l’arte! gran leccate di culo e un triste, triste cadavere squisito, servito e riverito.

Per questo, anche per questo, via da questa pazza folla! The End.

Ma non è un addio alle armi, piuttosto fuoco ai cannoni!

Questo messaggio è stato pubblicato ieri da Terry sulla sua pagina Facebook, le abbiamo chiesto il permesso di pubblicarlo e ci ha mandato un appunto: «mi dispiace che ci siano delle parole un po’ volgari qua e là nel testo ma non sono ancora riuscita a trovarne altre che possano sostituirle e che rendano così bene il significato». Come darle torto?

Chi volesse salutarla è invitato sabato 5 marzo in via Porta San Pietro 56, dalle 18 alle 20, quando tutto verrà venduto e svenduto, le sue opere e quelle altrui, collezionati negli anni.

«É difficile parlare della fine senza il racconto di ciò che è stato e tacendo l’idea di un nuovo differente inizio. Pertanto, e per ora, The End. Questa è la fine, come nei film, quelli con un finale aperto».

5 Commenti

  1. ORSATTI scrive:

    TANTO DI CAPPELLO PER TERRY CHE DIGNITOSAMENTE SI RITIRA DALL’ARTE.
    LA “MORTALITA” ARTISTICA E’ MOLTO ELEVATA (SPECIE IN ITALIA) ANCHE PERCHE’ CHI SI CIMENTA IN QUESTA ATTIVITA’ PENSA ALLA VENDITA, MA QUESTO E’ UN ERRORE DI BASE, LA CREATIVITA’ DEVE ESSERE INTESA COME “CURA DELL’ANIMA”.
    C’E’ IL MESTIERE PIU’ BELLO DEL MONDO QUELLO DELL’ARTISTA.MA E’ IL PIU’ DIFFICILE DA FARE.

  2. Terry May scrive:

    Grazie Orsatti, non ritiro dall’arte ma soltanto da una “certa” arte! 🙂

  3. CARA TERRY…DICI PAROLE VERISSIME….sembra che oggi il MONDO DELL’ARTE non si renda conto che gli “artisti viventi”…contemporanei con cui fare aperitivo, ma mai comprare o …meglio…cercare di comprendere …saranno parte della STORIA DELL’ARTE di DOMANI!!!!…QUEI POCHI CHE LO AVRANNO CAPITO AVRANNO ANCHE UNA SODDISFAZIONE ECONOMICA.futura..gli altri si mangeranno le mani!!!…..dalle loro cattedre e dalla loro indifferenza non sapranno nè gioirne oggi …nè tanto meno domani!!!!….volta pagina ..se vuoi…ma non lasciare quello che è il tuo mondo: l’ARTE!!!

  4. Andrea scrive:

    Pittura, sultura e architettura…le tre arti…e solo gli architetti rispettano delle regole.
    Per il resto si è perso il gusto e il piacere del saper fare l’artista per infilarsi in presunti motivi validi e paroloni sconnessi nel tentativo di cercare di darsi un tono e far credere di saper fare.
    Sono uno scultore che ha avuto la fortuna di imparare anche il mestiere del falegname da mio padre e assieme a questo l’importanza del saper fare un lavoro.
    E’ il minimo che uno scultore sappia scolpire e un pittore dipingere, ma molto, troppo speso oggi si fingono filosofi per spiegare cose viste e riviste. Bisogna avere l’imiltà di saper fare un lavoro e farlo con coscienza, senza pensare e pretendere di essere un “Artista”, così la gente avrà un ricordo anche a distanza di anni, non solo nell’immediato.

  5. andrea amaducci scrive:

    Caro Andrea, gli architetti non rispettano proprio un cazzo. Un cazzo di niente e se guardi al contemporaneo, molti architetti sono artisti, proprio quelli del mondo da cui Terry si discosta.

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