Chi non si è mai chiesto, in giovane età, come sarà la sua vita da vecchio. Chi non si è mai immaginato con la dentiera, pochi fili d’argento e qualche nipotino con cui cucinare i biscotti o andare al cinema. Di solito si prende spunto da qualche conoscente, un nonno, la vicina di casa, la zia centenaria (magari rimasta zitella) per cominciare a fantasticare.

Anche io, ci ho pensato. Ho pensato alla bellezza di poter guardare la propria vita guidati dalla fiamma della consapevolezza. Ho pensato alla riscoperta del tempo, un tempo che cambia velocità e peso, si dilata e forse diventa finalmente nostro. Ho pensato, anche, alla fragilità del corpo che contrasta con la forza dello spirito; alla solitudine che incombe nella vita di chi ha perso molti affetti. Tra queste considerazioni fantasiose mi si imponeva sempre un punto fermo: sarebbe bello vivere questa stagione attivamente, regalando il mio tempo e la mia saggezza (se mai ce ne sarà) agli altri e alla mia città.

Chi lo fa davvero ogni giorno, a Ferrara e provincia, sono i volontari dell’Associazione Auser. Li avete incontrati tutti almeno una volta: visitando una mostra al Palazzo dei Diamanti, entrando in Biblioteca Ariostea, passeggiando tra le stanze del Castello. Qualcuno forse lo avete incrociato per strada mentre trasporta i malati, tutela il verde pubblico o gioca con i vostri figli a scuola. Se di certo li abbiamo incontrati, raramente vi abbiamo prestato attenzione. Ecco perché siamo andati a conoscerli personalmente, attraversando con loro il percorso di visita nelle sale del Castello Estense (dove è attualmente in corso la rassegna ‘L’arte per l’arte‘, con le opere di Boldini e De Pisis).

Difficile raccontare lo stupore di Mario, il primo volontario posto a presidiare l’ingresso, quando gli abbiamo rivelato che l’oggetto delle nostre attenzioni non era l’edificio, o la mostra al suo interno, ma era proprio lui. Quella dell’Auser è una figura posta in penombra, che vigila sui visitatori senza interferire con la loro visita. Ogni tanto, ci raccontano, vengono interpellati dai turisti che chiedono consigli o informazioni sul castello. E quando gli chiedono dove andare a mangiare, Mario ha sempre la battuta pronta: «A Ferrara dove si mangia meglio è a casa mia!».

Dopo attenta analisi, abbiamo notato che l’Auser operante in musei e luoghi di cultura sembra distinguersi dagli altri per alcune caratteristiche:

  • ama profondamente la sua città,
  • ha imparato a menadito le spiegazioni delle guide turistiche e riesce a ricrearle per i turisti bramosi di sapere,
  • conosce tutti gli aneddoti e le leggende sul luogo (o le crea all’occorrenza),
  • sfida le leggi della gravità (e dell’anzianità) per non sedersi durante le quattro ore di turno,
  • non si annoia mai nel presidiare sempre la stessa postazione (almeno è quanto sostenuto da alcuni),
  • cerca di resistere al desiderio irrefrenabile di comporre parole crociate e leggere romanzi d’appendice,
  • non vorrebbe essere spostato per alcuna ragione al mondo.

Foto di Giacomo Brini

Altre caratteristiche comuni sono la passione per la storia e l’arte, che in un luogo quale il Castello si alimentano all’infinito. Federica, ad esempio, ha girato tutto il mondo a “caccia” di musei e la troviamo perfettamente a suo agio tra le opere di Boldini. Nino, volontario Auser da dieci anni, ci regala una sua personale lezione di storia che va dalle 20.000 uova usate nei banchetti estensi, ai molti figli di Niccolò III d’Este.

Ciò che colpisce è che chiunque può essere Auser: tra loro c’è chi faceva il cuoco itinerante, chi l’infermiera, un altro era caldaista e un altro ancora lavorava nelle ferrovie. Molti di loro sono nonni a tempo pieno e si ritagliano qualche ora per prestare servizio. Altri, invece, confessano di sentirsi un po’ soli e hanno davvero bisogno del contatto con il prossimo, di avere un buon motivo per vestirsi e uscire di casa la mattina. Gino, attivo dal ’97, parlando del futuro spiega che quando si è giovani si hanno degli obiettivi: la scuola, il lavoro, il matrimonio, la pensione… Poi si arriva ad un punto della propria vita, invecchiando, in cui questi obiettivi sono dietro di noi, e allora cosa resta?

Forse l’impegno e la passione che queste persone ci regalano. Credo sia giusto ricordarsi di loro, magari scambiando qualche parola quando ci aprono la porta ad una mostra, e considerare che senza il loro apporto forse non potremmo neppure vedere quella mostra o il nostro amato Castello.

Allora grazie a Mario, Marco, Romea, Elena, Maria Rita, Giancarlo, Francesca, Nino, Mario, Gino, Emanuela, Maria Luisa, Gabriele, Alberto, Roberto, Federica, Vittorio, Cristina, Adriana, Maria Cristina e tutti gli altri Auser: figure apparentemente invisibili tra un dipinto e l’altro, che da venticinque anni ci osservano silenti e presenti mentre noi osserviamo le opere:

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