Quello che so del golf è che non so niente. O meglio, lo so da Wikipedia, che è la stessa cosa. Pare che il golf nasca nel Medioevo in Scozia grazie a due contadini che hanno iniziato a lanciarsi una pietra con due bastoni, non si sa bene perché. Un gioco simile al golf come lo conosciamo oggi è riconducibile anche ad un gioco olandese dei primi del Trecento, quando si giocava con una stecca e una palla di cuoio. La parola “golf” potrebbe essere proprio un’alterazione della parola olandese “Kolf” che significa “stecca”.

Scozia o Olanda, purché si giochi. Abbiamo chiamato il maestro Luca Martufi e ci siamo fatti spiegare le basi. L’unica volta che ho preso una stecca in mano è stato al minigolf di un campeggio sul mare. La mazza ha colpito il palo della luce al primo colpo, provocando un black out elettrico generale. Quando arriviamo alla sede del CUS passo in rassegna il campo da golf. Pali della luce neanche l’ombra.

Luca è un po’ come ti immagini un maestro di un qualunque sport all’aperto, dal tennis allo sci nautico. Abbronzato, calmo e paziente. Sfila il primo ferro dalla sacca (non si dice mazza, ecchecavolo, un po’ di eleganza) e prepara il TEE, il punto di partenza.

Abbiamo almeno tre domande. Cosa c’è dentro la sacca? Chi è il caddie? Perché giochi a golf? I ferri e i legni, oggi, sono tutti in metallo e il numero (Ferro 3 mi evoca un film coreano inquietante e bellissimo) dipende dalla lunghezza e dall’inclinazione, che, a sua volta, determina il volo della palla. Lo scopo è chiudere la buca con il minor numero di colpi possibili, ça va sans dire. Il caddie non è un tuttofare porta bastoni, è un giocatore professionista con il compito di consigliare il giocatore sul ferro giusto al momento giusto. Luca ha iniziato a giocare da bambino, grazie a suo padre. «E’ un sport molto educativo. Aiuta al rispetto per le regole».

Foto di Giacomo Brini

La cosa più bella del golf sono due.

Il contatto con la natura e qui si scade nel banale. Il problema della retorica è che quando dici delle cose semplici ti accusano di essere retorica. Ma il cioccolato è buono e i gatti sono morbidi lo stesso. Quindi, ripeto, la natura sembra lì apposta per accogliere il giocatore. Il momento in cui lanci la pallina, sollevi il braccio nel modo giusto e ruoti il tallone come si deve, lo sguardo si perde nel verde e nel blu del cielo.  Ti senti un tutt’uno con quel prato, in pace con tutti gli elementi della terra.

L’altra cosa è anche il suo rovescio. Il golf è un gioco di precisione, ad altissima concentrazione. È un gioco tecnico, non spontaneo. E’ un po’ come studiare il tedesco. All’inizio ti chiedi ma chi me l’ha fatto fare, poi dopo i primi mesi la soddisfazione è tale che cancella via la fatica. Golfista non ci si improvvisa.

Luca, chi sono i giocatori di golf in città? «Abbiamo 450 soci giocatori, più uomini che donne, di età media ma un gruppo di una trentina di ragazzi dai 7 ai 13 anni. Abbiamo anche partecipato al Campionato Under 18 Pallavicino e ci siamo qualificati per l’anno prossimo».

Lo sappiamo tutti a cosa viene associato il golf in Italia. «Sì, a uno sport d’élite. È  un pregiudizio tipicamente italiano. Ora il mercato è cambiato, i prezzi sono scesi. Un set di bastoni può costare anche 190 euro. Il CUS, comunque, fornisce tutta l’attrezzatura necessaria, quindi si può cominciare senza spesa. Con cento euro hai diritto a sei lezioni di mezz’ora, tessera del CUS inclusa».

Il sole picchia, tocca a me. La prima lezione sembra una coreografia. Iniziamo con la stretta delle dita sul ferro fino alla posa di gambe, braccia e schiena. Pollice in fuori, indice stretto insieme al mignolo. Dritta con la schiena, abbassa le ginocchia. Devi avere la sensazione di tuffarti sulla palla. Dall’Address, la posizione iniziale, si passa allo Swing, il back swing e il down swing, i movimenti di lancio. Sì, esatto, tutti quei tutorial su youtube non sono serviti a niente. Gira e colpisci, scendi e ruota, fuori il bacino, giù le ginocchia, piega le ginocchia, ho detto, giù la spalla sinistra, la sinistra, sempre gli occhi sulla palla, braccio teso, vai! La pallina parte, non troppo in alto ma nemmeno rasoterra, ed è già un successo. Il Finish è la posizione finale, quella che identifica il golf nel modo più caratteristico. E’ un gesto bello da vedere se fatto bene. «Non è tanto questione di estetica, ti dà la risposta al colpo che hai fatto, se sei scomposto è perché hai colpito male».

Un campo da golf è molto più simile a un giardino zen che ad un campo sportivo. I giocatori sono gente tranquilla, che ha imparato a combinare tecnica e istinto, in una sfida con sé stessi che ha qualcosa di molto antico.

Golf combines two favourite American pastimes: Taking long walks and hitting things with a stick.

Patrick Jake O’Rourke

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