Sono a Riga da un paio di giorni ma ancora non mi sono decisa ad adeguare l’orologio al fuso orario del baltico. Se arrivo quasi puntuale alla colazione con Stefano Bottoni, fondatore del Ferrara Buskers Festival, è per puro caso. La sveglia era puntata un’ora esatta troppo tardi.
Lui mi aspetta nella hall, sorride e mi accompagna al florido buffet dell’Avalon Hotel, anche se da bravi italiani scansiamo uova fritte e formaggi all’aglio. Ci sediamo di fronte a una tazza di caffè e iniziamo a confrontarci sullo strano posto in cui entrambi siamo capitati, il giorno di Ferragosto.

Riga disorienta chi ingenuamente crede che basti viaggiare in direzione Nord Est per sbattere incontro alle rovine della fu Unione Sovietica. Di quei tempi resta pochissimo: gli hangar dove una volta si riparavano i dirigibili, ora riconvertiti in mercato, un bunker di cemento armato piazzato in centro alla città, attuale sede del Museo dell’Occupazione, e un tozzo grattacielo in mattoni rossi il cui nome è omesso anche dalle cartine.
Cosa offre dunque questa capitale misconosciuta? L’architettura degli antichi mercanti restaurata e sapientemente valorizzata, l’art noveau più raffinata d’Europa, parchi verdissimi dove non un solo filo d’erba cresce fuori posto, wi-fi gratuito ovunque, comodi plaid da appoggiare alle spalle quando – seduti in un caffè all’aperto a sorseggiare birra al miele – si alza la brezza fresca della sera. E gambe.
Gambe lunghissime. Impossibile non guardarle. Le ragazze che si incrociano per strada sembrano disegnate dalla matita del signor Walt Disney, ninfe dei boschi, e forse non è un caso se la Lettonia è stata l’ultima roccaforte del paganesimo in Europa. Come non credere nella forza della terra, dei boschi, del sole e della luna in un ambiente così bello, popolato come se non bastasse di creature fatate?
“Pensa che sfiga nascere qui ed essere bruttini”, commentiamo tra le varie.

Stefano è arrivato ieri, invitato dall’amministrazione cittadina ad assistere alla Rigas Svetki, una tre giorni  all’interno della quale si infila un po’di tutto: canti bielorussi, danzatori cinesi, concerti di classica, tornei di basket, mercatini medievali, ricostruzioni di navi vichinghe, oltre agli immancabili stand gastronomici.
Dopo la colazione viene portato in tour dagli organizzatori della manifestazione, io lo seguo in qualità di “inviata speciale”.
Saliamo in cima al campanile gotico della Sv Petera Baznica, ci facciamo spiegare il significato della bellissima Biblioteca Nazionale – tutta di vetro, il profilo digradante come la montagna di una celebre favole lettone. Visitiamo la mostra “Latviskas dveseles raksti”, dedicata a decifrare le complicate texture degli abiti tradizionali.
Lui si lascia trasportare, la missione in loco è costruire contatti ma anche intercettare nuove facce da portare nel capoluogo estense, per la prossima edizione del suo festival.
Quando le nostre guide si distraggono ne approfitta per perdersi un poco tra la gente, osservare questo o quel musicista, fare delle fotografie.
Camminiamo tra le vie strette della città antica e ne approfitto per chiedergli qualcosa di più in merito al suo lavoro di scouting all’estero, un dietro le quinte a cui raramente si pensa quando si partecipa al festival, fondamentale però per gremire Ferrara di artisti sempre diversi.

Foto di Licia Vignotto

Stefano, come sei finito a trascorrere Ferragosto in Lettonia?

Il contatto con la Lettonia è nato in Lituania, nazione che è stata ospite d’onore del Buskers Festival nel 2006. E’ un Paese con il quale ho costruito molti legami, soprattutto a Kaunas, che è gemellata con Ferrara ed è la seconda città per importanza, dopo la capitale Vilnius. Ci sono stato nel 2013, per partecipare ai Kaunas City Days, una specie di meeting delle città anseatiche. Lì ho conosciuto l’assessore alla cultura di Riga, Baiba Smit, ma definire una visita non è stato facile. Dovevano corrispondere i tempi, gli impegni. In questi giorni siamo effettivamente molto a ridosso del Buskers Festival ma l’occasione del Rigas Svetki era da non perdere, per costruire contatti ma soprattutto per conoscere singoli e gruppi da invitare a Ferrara per l’edizione 2016. Insomma, mi sto portando avanti.

Come avviene la ricerca dei gruppi?

Non sono un art director di professione, questo lavoro me lo sono inventato e sto ancora imparando. Il principio che seguo è basilare: se cerchi le castagne vai sui colli bolognesi, non vai ai Lidi di Comacchio, anche se è autunno. Di base cerco gli artisti nei posti dove so che c’è molto turismo e pochi divieti per i suonatori. Figurati che a Barcellona sulle Ramblas sono già tre o quattro anni che non ci si può più esibire, tutti gli artisti si sono spostati a Barceloneta. Le strade di Riga per me sono oro, negli ultimi anni il turismo s’è sviluppato parecchio e c’è tolleranza nei confronti dei musicisti. Di gruppi adatti, accattivanti, ne ho incontrati diversi, semplicemente passeggiando e ascoltando. Un altro modo per trovare degli ospiti interessanti – ma è veramente il segreto di Pulcinella – è frequentare le fiere del turismo, come ad esempio il Ttg di Rimini. Vai nei saloni dei vari Paesi e speri sempre che ci sia un gruppo tradizionale a suonare. Molti sono più adatti al pianobar che alla strada, alcuni poi della strada proprio non ne vogliono sapere. Poi ovviamente ci sono i festival, come quelli che organizzano ad Edimburgo o ad Avignone. Non importa molto che il festival sia musicale in realtà, è utile frequentare anche le manifestazioni legate al cinema o al teatro, l’importante è che si muova molta gente, i musicisti li trovi di sicuro nelle vie vicine agli eventi di richiamo.

Hai già adocchiato qualcuno qui?

Ieri nella città vecchia ho notato un quartetto che faceva rock’n’roll, gli ho spiegato cos’è il festival e gli ho lasciato il mio biglietto da visita. Spero di risentirli quando sarò tornato in Italia.

Questa sera suonerai sul palco allestito di fronte alla stazione dei treni. Ci sarà ad ascoltarti un pubblico di interessati ma anche tanta gente capitata lì più o meno per caso, gente del posto che banalmente rientra dal lavoro o da qualche gita. Come ti senti?

Quando mi hanno chiesto di suonare devo dire che mi sono sentito un po’in imbarazzato, ma poi mi sono detto: se non ora quando? Ieri ho incontrato il chitarrista che mi accompagnerà, un ragazzo di ventitré anni diplomato al conservatorio di Riga in ingegneria del suono. Si chiama Dimitrijs Tarasovs ed è veramente in gamba.

Andando a spasso per Riga ho notato che la maggior parte dei musicisti preferisce canzoni o melodie malinconiche. Anche le hit internazionali vengono riproposte spesso con un andamento più lento e riflessivo. L’hai notato anche tu? Che idea ti sei fatto a riguardo?

Credo che questa sia una caratteristica comune ai vari Paesi di quest’area, baltici ma non solo, Paesi che erroneamente tanti definiscono “emergenti”, ma che di fatto sono emersi già da un bel po’. A mio avviso dipende dal passato che hanno avuto, l’Europa è stata per decenni tagliata in due – ideologicamente ma anche culturalmente – e le conseguenze di questa divisione sono tutt’altro che scomparse. Qui per anni e anni non c’è stata nessun tipo di libertà di espressione, né tanto meno di stampa. L’indipendenza è stata raggiunta nel 1990 – sono passati solo 25 anni – e quando ci penso mi vengono in mente quei giocattoli a molla che si usavano una volta. Queste persone hanno vissuto per anni schiacciate da un peso che adesso non c’è più, sono saltate fuori dalla scatola. C’è una forte energia e voglia di fare, rimane sul fondo una base di tristezza.

1 Commento

  1. Filippo Landini scrive:

    Complimenti per l’articolo in trasferta, una sorta di backstage del Busker festival, brava Licia, anche per le foto. Però le gambe non le hai fotografate? Ah ah, ciao.

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