Vivere la città, più intensamente, nonostante i sabati e le domeniche e i mari e le piogge, affinché lei non ti muoia tra le braccia. Se dovessi riassumere il festival di Altroconsumo in una twitterata da 140 caratteri, scriverei più o meno così.
Visto che di spazi interattivi ne ho qualcuno in più, proverò a raccontare quello che vi siete persi, e che forse mi sono persa un po’ anch’io avendo vissuto il festival solo lavorando|scrivendone per due quotidiani ferraresi. L’importante è il senso profondo delle cose che accadono, molto più che un loro sterile elenco.

Dunque.
Allora.
Sì.

C’è questa immagine che non riesco a togliermi dalla testa. Sono ad un bar, sfoglio velocemente La Nuova e Il Carlino per vedere che foto hanno scelto, che cosa è stato scritto dell’ultimo giorno di festival, quanto spazio gli han dato. Il bar ha i giornali in un tavolino vicino al bagno, dove è in attesa anche la direttrice di Altroconsumo, che devo intervistare. Dietro di lei, in fila, c’è una famiglia composta da mamma e due bimbi. Il più grandino, sette anni o giù di lì, guarda il mio articolo sul Carlino ed esclama: “Mamma, guarda! Sul giornale parlano di Altroconsumo!”.
– “Conosci Altroconsumo?”, gli chiedo stupita. Lui mi fissa con occhi azzurrissimi, vivissimi.
– “Sì, certo. Ci siamo appena stati con la mamma”.
– “E cosa ti è piaciuto di più?”
– “Tante cose, ma la più bella è la stampante 3D”. Continua a guardare il giornale che ho tra le mani
– La stampante 3D, penso, la stampante 3D, nell’articolo sul Carlino non ho scritto della stampante 3D. (Non glielo dico). “E se avessi una stampante 3D cosa ci faresti?”
– “Prima di tutto dei giocattoli”. Mi lancia un sorriso.
Giustamente, che domande.
Gli lascio il giornale e lui lo prende svelto, se ne frega della fila per il bagno e si siede a un tavolino, per leggere l’articolo dove si racconta di tante cose, ma non della sua stampante.

Dire, fare e (soprattutto) cambiare. Sharing economy, forza delle community, dei social network, ma anche dei gruppi di acquisto e delle class action. Consapevolezza, aggregazione, cattivo tempo. Incontri, facilitatori di informazioni, mercato di oggi, cittadino informato. Autonomia di scelta, spazi piccoli, luoghi intimi. Consumatori 2.0, persone, soci. Le parole che più ho usato in questi giorni per descrivere il festival di Altroconsumo a Ferrara.

Foto di Anja Rossi

Ci sono invece parole che non ho ancora scritto e sono: i festival nelle piazze, i chiostri aperti alla gente, i bar pieni (di bambini che leggono il giornale!), le voci per strada che hanno altri accenti. E poi i pensieri, i pareri tecnici, l’imparare ad ascoltare, il porsi domande. Ecco, Ferrara, io ti vorrei vedere così sempre più spesso, per non vederti morire giorno dopo giorno tra i tuoi cancelli chiusi, le tue serrande. Tra i ‘vendesi’ che nel frattempo si sono trasformati in ‘affittasi’, ma che alla loro rivalsa credono ormai poco. Ferrara, non ti vorrei più vedere dentro i tuoi luoghi abbandonati, sulle facce tirate della gente, che poi, te ne rendi conto? Non sorride quasi più nessuno, qui.
Città d’arte e di cultura, mi ricordi spesso quegli uccelli bellissimi, ma impagliati. I festival sono invece quel qualcosa di vivo, di attuale, che vive di luce propria anche senza un Ariosto, un Palio, un glorioso Quattrocento di antica fama e splendore. I festival parlano di noi, non di quei noi mascherati nei nostri avi.

La piazza che diventa in breve tempo un palco rimane il nostro punto di forza (forse l’unico rimasto). Per questo sogno per te cittadini che scendano nel tuo centro, che si informino nei tuoi chiostri, che si scambino informazioni, idee e progetti. Sogno che questo non diventi “l’evento di Altroconsumo” o “l’evento di Internazionale”, ma che diventi parte di te, tua linfa vitale, con diffusa costanza, caparbia ed interesse.

Ecco, cara Ferrara, io se avessi una stampante 3D ti colorerei ogni giorno con un festival diverso.

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