Giovanni Nascimbeni ha 29 anni e vive a Barcellona.

Quando sei emigrato?

L’idea di partire si è concretizzata solo l’anno scorso. Sia io che la mia ragazza ci siamo trovati nella stessa situazione di moltissimi altri artisti: legati ad un lavoro più o meno solido che però non ha a che vedere con il proprio talento. L’idea era quella di tentare di spostarsi in una città molto più grande e dove si respira un’aria più libera, con una cultura non troppo differente e con un clima mite. Abbiamo scelto Barcellona come base dove aprire una piccola galleria.
Qui la sensibilità per l’arte è molto radicata, la domenica i musei sono gratis, e le file per entrare sono interminabili, sembra la coda per andare ai Lidi.
Ci abbiamo visto giusto, perché quello che abbiamo raccolto ha un valore superiore al previsto. La NoHayNada Home Gallery è diventata un punto di ritrovo per un piccolo gruppo di artisti. La visita alla galleria prevede piatti tipici della tradizione emiliana (tagliatelle e lasagne al ragù for example) e vini biodinamici spagnoli.

La home gallery è nel quartiere di Sants, vicino a Plaza Espanya, che era il vecchio quartiere degli oppositori politici. Ora è il quartiere gitano, ma nonostante quel che si può pensare, è più tranquillo qui che da altre parti in cui ho vissuto.

Cosa facevi prima? Cosa fai ora?

Non posso stabilire un “prima” o un “dopo” rispetto a quello che faccio, anche perché quando torno in Italia, ritorno al “vecchio” lavoro, metto via un po’ di soldi e riparto.

Nei miei soggiorni a Ferrara, lavoro in una storica enoteca del centro, e trovo un’affinità tra il lavoro in osteria e l’ospitare sconosciuti in casa offrendo arte, cibo e vino, già a livello etimologico sono parole imparentate.

Posso stabilire un “prima” e un “dopo” rispetto a come lo faccio, e qua ci sarebbe da aprire una parentesi su “quello che i tuoi amici che vanno a vivere all’estero non ti dicono”. Mi spiego. Vista dall’esterno è una figata ma in realtà è un’esperienza che ti mette alla prova. Soprattutto se non parli la lingua. Soprattutto se vieni da una città piccola. Soprattutto se vieni da Ferrara. Barcellona è una città festaiola, abituata ad un ricambio rapidissimo, continuo e costante. Gente che viene e gente che va, rapporti superficiali. Il primo periodo è stato parecchio faticoso. Da una parte i problemi pratici, come trovare una casa adatta senza documenti, dall’altra i problemi più “astratti”.
A Barcellona più che in altre città funziona il passaparola, quindi finché non si è inseriti in una rete di amicizie, si ha sempre la sensazione di essere fuori dal meccanismo.

Cos’hai trovato? 

È stato difficile staccarsi da un modo di vedere le cose provinciale, ma il fare questa fatica mi ha cambiato, mi ha fatto crescere. Dal momento che ho cominciato a frequentare artisti che vivono qui, è cambiato il mio modo di vedere le cose. Ho trovato molta meno invidia, molta voglia di conoscere gli altri e di coinvolgerli in progetti. Non ho trovato la paura del prossimo, e credo che questo nuovo paio di occhiali in cui la competizione non esiste, cercherò di tenerlo sempre con me.


Cosa ti manca?

A volte la provincia mi manca. Mi mancano gli amici storici, quelli che conosci da una vita, mancano gli affetti. La ragazza con cui sono partito, è tornata in Italia perché è riuscita a trovare il lavoro che le piace. A volte mi manca il silenzio di Ferrara e l’umidità che tanto ho maledetto uscendo in autunno in bicicletta. Ma la nostalgia dura un momento, poi viene spazzata via dal sorriso di nuovi amici e di nuovi obbiettivi.
Molto meno filosofico: pizza, salame e cappelletti. Argh!

Che cosa mangi questa domenica? Con chi?

Questa domenica devo incontrare un artista di strada, il clown, attore e performer Joan Ferrerons. Ha conseguito premi e ha portato i suoi numeri in tutto il mondo. Ora Joan ha 60 anni (ma lo spirito di uno di 20) e vive nel mio stesso palazzo. Qualche mese fa mi ha chiesto di aiutarlo a fare alcune saldature su ferro ed ho accettato. Ferro, Ferrara, Ferrerons… coincidenze a parte non mi sono potuto sottrarre all’invito di una “comida” tipicamente catalana.
Questi gli ingredienti in catalano con la mia spiegazione.

Calçotada

ingrediens
– mongetes de Santa Pau (sono tipo fagioli cannellini però più piccoli)
– butifarra amb bolets (è un insaccato tipico ripieno di funghi)
– calçots amb romesco (sono porri più sottili intinti in una salsa di aglio, pomodoro, olio extravergine e frutta secca tipo anacardi pestati)
– amanida amb ceba de figueres (insalata con una cipolla che “no pica”)

“Tots fets a la braça amb oli extra verge acompanyat d’un bon vi negre”: non credo necessiti di una traduzione…

​Nel parco che c’è dietro casa mia, d’estate fanno la calçotada popular: con 5 euro mangi tipico su dei tavoli misti. Puoi trovare dagli anziani ai bambini, un bel modo per gustare la tradizione e fare nuove conoscenze, come facciamo noi!

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