Sul fianco sinistro del poligono affiora, tenace, una macchia biancazzurra. Il logo della Spal è un piccolo angolo di cielo ritagliato su quell’ampia superficie in legno che ogni giorno ospita le mani di Alberto. Il poligono è un piano inclinato che traccia la giusta pendenza fra i due mondi, quello dell’illustrazione e quello dell’illustratore. Come un trampolino pronto a catapultare, per diverse ore del giorno, l’immaginazione nella realtà. L’adesivo della sua squadra di calcio, nel frattempo, sorveglia immobile ogni viaggio di andata e ritorno. Perché possono cambiare i soggetti da ritrarre, le città, i paesaggi, gli eroi dei fumetti e gli animali che affollano le fantasie dei piccoli lettori, ma la fede sportiva no. Quella è una bandiera che non si scolora con il tempo. Alberto Lunghini ci accoglie nel suo studio e, da illustratore, ci illustra i ferri del suo mestiere. Ogni parete racconta un pezzo di storia della sua attività, mentre dai cassetti saltano fuori le pagine degli esordi.

A che età hai cominciato a disegnare?
«Fin da piccolo, dai tempi di scuola. Quando i vari insegnanti scrivevano di me, “ha una spiccata propensione al disegno”».

Avevi dei riferimenti nell’universo dell’illustrazione o del fumetto?
«Sono molto legato allo stile di un autore come Norman Rockwell, che ha inventato un vero e proprio genere di illustrazione. Poi sono cresciuto apprezzando lo stile di Magnus, e leggendo albi a fumetto come Alan Ford o come Dylan Dog. Un altro grande nome che mi viene in mente è quello dell’illustratore Sergio Toppi».

Ti sei diplomato all’Istituto ‘Dosso Dossi’. In che misura il tuo stile è stato influenzato dai tuoi studi?
«Io devo tanto a Emanuele Taglietti. L’ho avuto come insegnante nell’ultimo triennio. Mi ha fatto innamorare della tecnica dell’acquerello. Ricordo, per esempio, quando dovevamo realizzare la progettazione di un gioiello. Io, per fare un anello, ho scelto la tecnica dell’acquerello. Finite le ore di scuola, continuavo a dipingere».

Perché proprio questa tecnica?
«Perché è al tempo stesso delicata, istintiva e veloce. Deve riuscire bene subito e non prevede ripensamenti».

Dopo il diploma, a cosa ti sei dedicato?
«Terminata la scuola, ho frequentato un corso di restauro del dipinto antico all’Accademia ‘Raffaello’ di Urbino. Mi sono dedicato alla decorazione di pareti e ambienti, poi la passione per il fumetto è diventata prevalente».

Ci racconti del tuo tentativo di approccio alla casa editrice Bonelli?
«Da ragazzo andavo a perfezionare il mio stile in uno studio a Ferrara, in via Vegri. Era a metà degli anni novanta. C’era Germano Bonazzi che mi dava consigli e correzioni. C’era anche Nicola Mari. Entrambi lavoravano già per Nathan Never. Poi c’era Roberto Zaghi, che aveva appena cominciato a disegnare Legs Weaver. Da lì sono passati anche Thomas Campi e Marco Artioli. E in quel periodo che ho provato a bussare alla porta della Bonelli, presentando le mie tavole per Nathan Never e Legs Weaver. Inoltre, per migliorare lo stile, ho anche disegnato Dylan Dog. Purtroppo non è andata bene e dopo un po’ ho deciso di voltare pagina».

Foto di Andrea Bighi

Cosa ricordi di quel periodo?
«Un’esperienza bellissima. Trascorrevamo giornate in quello studio a disegnare. Ciascuno nella sua postazione, con il suo piano inclinato e i suoi disegni. Era un appartamento al primo piano, con due finestre. Lavoramo in silenzio o con un sottofondo musicale. Mi sembra di ricordare che ascoltassimo la musica dei Cccp, e di Vinicio Capossela. Capitava anche che diversi amici venissero a trovarci».

Come sei approdato al mondo della decorazione?
«Ho deciso di approfondire un discorso sulla ceramica artistica. Dal 1997 al 2009 ho gestito una bottega specializzata nella decorazione della ceramica rinascimentale, con un forno per lavorare il piatto grezzo da smaltare. Ho lavorato per sette anni in un negozio in piazza Trento e Trieste, e per tre anni in uno in via Terranuova. Poi ho chiuso la bottega e ho ripreso a occuparmi di illustrazione».

Attualmente ti occupi di illustrazioni per l’infanzia. Ci racconti di questo mondo?
«Mi ci sono avvicinato quando è nato mio figlio. Dal 2010 ho un agente americano che mi fornisce i contatti. Così, oltre alla realtà italiana, ho l’opportunità di rivolgermi a un mercato straniero. Mi è capitato, per esempio, di lavorare per gli Stati Uniti e per la Corea del Sud. Ho realizzato illustrazioni per alcuni libri di scuola, ma anche per privati».

Foto di Andrea Bighi

Un aneddoto che ti viene in mente?
«Mi ricordo di una signora statunitense che voleva fare un regalo a sua madre. Quest’ultima, diversi anni prima, aveva scritto una storia legata alla sua famiglia, dove l’elemento ricorrente era un orsacchiotto. Pertanto la figlia, per farle una sorpresa, mi ha commissionato un’illustrazione, che raccontasse appunto questa storia di affetti familiari».

Quanto tempo impieghi per un’illustrazione?
«Ho scadenze più immediate se si tratta di lavorare a illustrazioni destinate a libri scolastici, mentre per un privato i tempi generalmente sono un po’ più lunghi».

Hai orari precisi da dedicare al lavoro?
«Direi che si tratta di orari classici, mattina e pomeriggio. Adesso i miei impegni lavorativi devono essere compatibili con la vita in famiglia».

Fra i soggetti che dipingi ad acquerello ci sono anche scorci di città e appunti di viaggio. Come è nata questa passione?
«Gli appunti di viaggio esistono da tanto tempo. Penso a un artista inglese come William Turner che si è occupato di pittura paesaggistica, ed è vissuto fra la fine del settecento e l’inizio dell’ottocento. A me piace molto dipingere la natura. Anche quando viaggio per piacere, porto con me gli acquerelli».

C’è qualcosa che ti piace catturare di Ferrara?
«Mi piace studiare la natura e gli animali. Del territorio ferrarese, per esempio, ho dipinto le Valli di Comacchio. Nel 2011 ho pubblicato il libro ‘Terra Maris’, che ha vinto il ‘Premio giornalistico internazionale’».

Adesso quali progetti stai seguendo?
«Oltre ad alcune illustrazioni per testi scolastici negli Stati Uniti, sto realizzando un’ottantina di copertine di città italiane, destinate a un calendario».

Lascia un commento

Prima di lasciare il tuo commento, ricordati di respirare. Non saranno ospitati negli spazi di discussione termini che non seguano le norme di rispetto e buona educazione. Post con contenuti violenti, scurrili o aggressivi non verranno pubblicati: in fondo, basta un pizzico di buon senso. Grazie.