Due ore buone a discutere di prostituzione a Ferrara. Due ore sicuramente interessanti, per la quantità dei dati puntuali forniti ai partecipanti dell’incontro. Due ore poco confortanti se si considera che, a fronte di innumerevoli statistiche e medie di presenza, non sono servite a capire come la città abbia intenzione di affrontare la spinosissima questione. L’unica politica in atto sembra essere quella dell’allontanamento, della dispersione delle sex workers in viali sempre più remoti, attuata per tranquillizzare i cittadini lamentosi, nella convinzione ipocrita che «quello che non vedo non esiste».

Qualche settimana fa presso la sala polivalente del grattacielo si è tenuto il primo appuntamento della rassegna “Nei luoghi comuni, oltre i luoghi comuni”, organizzata dal Centro di mediazione.

A fornire un primo quadro del fenomeno è intervenuta Laura Trentini, comandante della polizia municipale, la quale ha spiegato come l’ordinanza urgente firmata dal sindaco Tiziano Tagliani nell’autunno del 2012 non abbia contribuito a diminuire l’attività: «la media delle presenze non è cambiata, ci si attesta sempre su una decina di prostitute in strada a sera, l’ordinanza ha più che altro avuto l’effetto di spostare le ragazze dalla stazione verso altri luoghi della città, meno evidenti ai cittadini, come ad esempio la zona artigianale».  Per chi non se lo ricordasse, il procedimento – che multava sia le prostitute che i clienti – venne adottato a metà ottobre, perché quando venne presentato per la prima volta, ad agosto, le associazioni impegnate contro la violenza sulle donne alzarono la voce perché fosse ritirato, riuscendo solo a posticiparlo. Sempre per chi non se lo ricordasse, chi chiedeva l’annullamento dell’ordinanza – come Dora Casalino, coordinatrice dell’Unità di strada del centro Donna Giustizia – lo chiedeva perché operazioni di questo tipo inducono le prostitute a lavorare in luoghi più nascosti, dove più alto è il rischio di incorrere in stupri, rapine e aggressioni. Che dire? È successo esattamente quello che avevano previsto. E a questo proposito vale la pena sottolineare ciò che è stato raccontato sempre dal capitano Trentini, ovvero che «i dati più accurati si hanno per la zona Gad, perché nel resto della città sono stati fatti meno controlli», e che «sanzionare i clienti non è facile, perché il loro comportamento non ha caratteristiche facilmente e inequivocabilmente individuabili». Viene da chiedersi: nel periodo in cui l’ordinanza è stata in vigore, quante sanzioni sono state effettuate?

I dati forniti da Maria Grazia Leonzi, del progetto regionale “Oltre la strada”, hanno illuminato un altro aspetto del fenomeno, ovvero l’esercizio in appartamento, mappato grazie alla rilevazione degli annunci sui siti internet. Nel 2014 sono stati tracciati 306 annunci, riferiti a 282 utenze. Di questi 282, 168 erano nuove rispetto all’anno precedente, a testimonianza della grande mobilità a cui vengono sottoposte le ragazze, mobilità voluta da chi le controlla per evitare che riescano a creare legami o relazioni durature con le persone del territorio. Per quanto riguarda la nazionalità, in casa cresce notevolmente la presenza delle orientali – spesso ospitate da sedicenti centri per massaggi. Sulla strada si è assistito a una inversione di tendenza: la presenza extracomunitaria sta calando a favore di quella neocomunitaria, proveniente più che altro dai paesi dell’Est Europa.

Foto di Giulia Paratelli

A inserire questi dati in un quadro più complesso ci ha pensato Lorenza Maluccelli, autrice della ricerca “Geografie urbane della prostituzione in Emilia-Romagna”: «questa è una storia glocale: coinvolge poli e mutamenti socioeconomici mondiali, allo stesso tempo si rivela localmente, gli effetti avvengono qui». Guardando questo territorio da una prospettiva mondiale città come Ferrara o Bologna non si vedono nemmeno, ciò che si vede è la nostra regione, proiettata verso il Nord. La collocazione delle prostitute segue la morfologia, «non è un caso che in Italia il 50% di loro lavori tra Emilia-Romagna, Piemonte, Veneto e Lombardia. In Emilia-Romagna, analizzando i dati dal 1996 al 2012, si vede come l’offerta si sia progressivamente assestata su due direttrici: per il 75% sulla via Emilia, il restante 25% sull’Adriatica. Le concentrazioni maggiori sono nelle città trainanti, Modena e Rimini, ed è normale: le attività economiche si aggregano».

Ferrara come si posiziona in questo contesto? In modo decisamente atipico: è un capoluogo eccentrico e appartato. È sull’Adriatica ma nel suo punto più lontano dal mare ed ha avuto uno sviluppo particolare. Ha vissuto con grande ritardo molte delle trasformazioni del tessuto urbano che hanno caratterizzato gli ultimi trent’anni e anche il mercato del sesso è diverso.

I motivi li ha spiegati la ricercatrice: «per molto tempo è sopravvissuto in modo autoctono e tradizionale. Qui il prefetto nel 2006 diceva “le italiane stanno iniziando a calare”; nelle altre città questo fenomeno si era verificato nel 1990. Un’altra caratteristica estense è l’attività mantenuta in centro, in zona stazione è tuttora resistentissima. A Bologna nel 1998 la prostituzione riguardava tutti i viali, la circonvallazione. Nel 2003 in quelle strade era già scomparsa, spostata verso l’esterno e parcellizzata. Perché? Perché gli abitanti si identificano con il centro storico, che è il salotto della borghesia, il luogo dell’autorità, il simbolo in cui tutti si riconoscono, e l’arrivo delle straniere ha fatto alzare una selva di proteste. Inizialmente le immigrate si sono insediate senza fare particolari distinzioni, si sono messe a lavorare dappertutto, poi però sono state respinte. A Ferrara tutto ciò sta avvenendo ora: nel 2003 le prostitute stavano nei varchi di accesso, sulle direttrici per Padova e Modena. Col passare del tempo sono state spinte più lontano, una repressione continua, come se potessero sciogliersi nello spazio, nell’idea di farle sparire. Nel 2008 ad esempio già si stabilizzavano in zona fiera e in via Bologna, poi nella zona periurbana verso via Ravenna, dove abitano meno persone. Un confronto: nel 2004 il 60% delle prostitute lavorano in centro e in zona stazione, nel 2012 meno del 18%. È il processo più importante degli ultimi anni: la dispersione. L’obiettivo degli interventi sembra essere quello di rompere la concentrazione numerica e, da questo punto di vista, la mappa dei luoghi della prostituzione è una mappa della protesta, anche perché col passare degli anni cresce l’intolleranza».

Il messaggio lanciato da Maluccelli ai presenti in sala è stato chiaro: «avete un privilegio, il fatto che questa città sia spostata indietro nel tempo vi permette di imparare dagli errori degli altri».

Resta da capire cosa si vorrà fare con questo privilegio.

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