Tut i dà d’nas,
l’è arivà al paciugàr.

Io lo dico sempre. Tutti storcono il naso, è arrivato il paciugaro. Certo, è anche ovvio, non possiamo mica profumare di viola! Certo, certo. Non puoi mica passare inosservato. Sei lo spazzino e lo sarai sempre, anche se i mezzi che ora si utilizzano sono più tecnologici.

In realtà, in questi quattro anni, ho notato che sono più le persone anziane che ti guardano storto. Per loro rimarrai sempre al paciugàr. Spesso, poi, soprattutto nei turni serali e notturni, si trovano persone che interferiscono con la zona che devi pulire. C’è chi sporca apposta o magari non ci pensa nemmeno, tanto l’idea di base è “Ci sono loro – cioè noi – che poi puliscono”. Ci sono i picchiatori di fama, come c’è la testa calda che vuole salire sul mezzo. Se poi è notte e devi andare a spazzare le vie più buie, devi stare attento che non ti lancino uova o pietre dalle finestre al primo rumore che fai.

Poi, invece, trovi quelli che ti danno in mano il loro sacchetto del pattume e ti ringraziano. C’è anche chi lo lancia direttamente dentro al tuo mezzo, esultando come un bimbo quando fa canestro. Insomma, c’è anche gente molto disponibile che lavora meglio dell’operatore ecologico.

Le zone che dobbiamo pulire dentro le mura variano dal centro storico alle vie residenziali, come la zona della stazione, i giardini. Per fare questo abbiamo quattro spazzatrici e siamo divisi in quattro operatori per zona.

La città è piccola ma ha anche tante vie e viuzze. In più, offre ai suoi cittadini molti servizi e non solo la raccolta dei rifiuti. Sempre a noi compete il lavaggio dei cassonetti, la cura dell’ambiente e delle strade. Durante un turno di lavoro si fanno tante mansioni diverse. Le cose più importanti da seguire sono le vie principali, le zone in cui i bimbi vanno a giocare, tutto il cambio dei cestini urbani. Poi ci sono i diversi servizi di svuotamento RSU, ovvero del rifiuto solido urbano, cioè l’indifferenziata. Questa viene ancora fatta manualmente, agganciamo il cassonetto al mezzo e lo svuotiamo. Questa parte del lavoro credo rimarrà anche se il futuro è il porta a porta, perché a Ferrara in certi posti non riesci proprio a passare con il mezzo.

Poi c’è la raccolta differenziata. Con la differenziata è vero, vedi meno sporcizia in giro. Sarà perché ti fai vedere dal vicino di casa e allora anche lui si mette a farla, non so. Noi del settore vediamo proprio una reazione a catena. Diciamo che se prima non era entrata nel nostro modo di pensare, ora fa parte della nostra cultura.

Ferrara è una città piena di studenti ed è vivibile. Non trovo tutte queste negatività che gli altri le trovano. Si può girare a piedi, in bici. È pulita. A Ferrara, semmai, quello che davvero manca sono i cestini. O meglio, cestini ce ne sono anche, è che sono poco visibili. Quindi ci vorrebbero più cestini, magari anche colorati in modo da essere subito individuabili.

Per il resto, penso che di Ferrara non ci si possa proprio lamentare. Certo, non siamo a livelli di Treviso, ma anche qui c’è una pulizia completa, ventiquattro ore su ventiquattro. Rispetto ad altre città ci difendiamo bene. Già dall’ora dell’aperitivo si inizia a pulire. Poi, dopo l’una, si comincia con le grandi manovre. Le spazzatrici aspirano e danno acqua nebulizzata sulla superficie. Poi si fanno i lavori di ritocco con la scopa. Di solito faccio il turno della mattina, quello che inizia alle cinque. Sono uno di quelli che tira.

Il momento più sporco nella piazza è, difatti, la mattina. C’è da svuotare i bidoni, c’è da spazzare. C’è anche da tirare su i regalini che ci lasciano i maleducati coi cani, anche questo spetta sempre a noi. Abbiamo anche delle bici attrezzate per arrivare in quegli angoli fuori dall’occhio della gente. Il lavoro è quello che è. Siamo carichi di cose da fare la maggior parte delle volte, poiché vengono svuotati duecento cassonetti grandi al giorno e in centro storico si passa anche due, tre volte al giorno. Però, quando si finisce, possiamo dire di aver fatto qualcosa – il nostro lavoro – e di averlo fatto bene, contribuendo all’igiene della città. Altri lavori non ti darebbero questa emozione, una volta concluso il turno. Il mio, sì.

Sia nel mio lavoro che nella vita, penso di essere una persona umile. Poi, finite le ore di lavoro, sono un’altra persona. E con questo intendo dire che sono attivo, che mi informo con costanza e attenzione sui temi che mi stanno a cuore, come quelli ecologici e sociali.

Inoltre, avendo studiato all’istituto d’arte, tengo molto anche al fatto che i turisti siano soddisfatti della mia città, che è bella e pulita. Purtroppo noto spesso che tanti luoghi di interesse turistico hanno orari d’apertura folli. Questo è deludente, ritengo siano delle scelte amministrative assolutamente sbagliate perché io che sono in strada di turisti ne vedo sempre girare. Una città che si chiude in questo modo perde di valore.

Il lavoro dello spazzino è un lavoro cosiddetto usurante, perché sposti sporcizia, inali odori. Sono sicuro che molti, vedendomi al lavoro, pensano “Guarda quello sfigato, che lavoro di merda che fa”. A me invece piace. La mia zona è quella del centro storico. La conosco bene e so dove sono i suoi punti critici. È la zona con maggiore movimento e per questo è anche la più sporca. In più, anche se come regola aziendale non dovremmo avere rapporti con il pubblico, mi piace stare in mezzo alla gente e la zona del centro storico è la zona perfetta. Credo che una città debba essere vissuta come una agorà, dove vai, ti incontri con le persone e scambi opinioni. Poi amo la natura e avere un lavoro a cielo aperto mi rende felice. Nel mio lavoro non ho vincoli legati alla produzione, non ho catene di montaggio, né numeri di serie. Prima di fare lo spazzino, ho lavorato dieci anni come carpentiere e operaio assemblatore. So di cosa parlo e non tornerei mai indietro.

Dipinto di Emanuele Taglietti

Dipinto di Emanuele Taglietti

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