Ti ringrazio ma la danza non è proprio il mio genere.

Guarda, peccato, ho una cena sennò venivo volentieri.

Fosse stata danza classica magari…

Mi piacerebbe ma sto scendendo giù da una montagna in slittino.

Stasera ho proprio voglia di rilassarmi a casa con la mia coniglia.

E così eccomi qui, gli stivali duri, quelli che mi segano la pelle ogni volta e ogni volta ci ricasco. Treccia d’ordinanza e cappotto a cui manca il solito bottone, da sola al Comunale. A dirla tutta, uscire da sola non mi dispiace affatto. Però ero curiosa di confrontarmi, di chiedere a qualcuno “Come ti è sembrato?”.

Perché i miei ultimi ricordi di danza risalgono ai miei 9 anni, quando, chignon sfatto e tutù nero (il rosa l’ho sempre rifiutato) stavo a gambe divaricate contro la parete ammuffita di una palestra mentre l’insegnante, in stile Himmler, percuoteva una frusta immaginaria al grido di Un-due-tre-un-due-tre.

Ma l’ammirazione per chi studia danza, una delle attività più faticose che esistano, non se ne è mai andata. Ammiro quei muscoli, quei corpi perfetti, quella grazia falsamente spontanea, costata anni di tortura fisica quotidiana, di disciplina rigorosa e di un’attitudine al lavoro degna di Stachanov.

Quella andata in scena ieri sera a Teatro, però, non è certo Giselle. Niente scarpette a punta e niente tutù. I danzatori di Les Ballets Jazz de Montréal eseguono une danse actuelle, una fusione unica di balletto classico, danza contemporanea, teatro e jazz. Chi sono questi ballerini del Quebec? Prendiamo una loro foto di gruppo. Una qualsiasi. E facciamo un piccolo brainstorming: le parole scontate sono esuberanza fisica, joie de vivre, entusiasmo, energia gioiosa.

Courtesy Marco Caselli Nirmal

Siamo a Teatro. C’è la signora impellicciata, c’è la studentessa con la frangetta sugli occhi, c’è il pompiere. Ci siamo tutti. E sul palco ci sono dieci ballerini che sembrano cento. E non si tratta di uno spettacolo solo, ma di tre. Un trittico spettacolare: Zero in on, Kosmos, prima nazionale e Harry. Novanta minuti di eleganza esuberante. Tutto sotto la direzione artistica di Louis Robitaille, star della danza canadese, direttore artistico dal 1998, amante delle sperimentazioni e pronto a osare con coreografie nuove e eclettiche. Creare un repertorio che piaccia a tutti i teatri in Europa e in America non è proprio semplice. La sua è una ricerca di “sostanza, originalità e novità”, come ci racconta alla fine dello spettacolo durante l’incontro con il pubblico.

Perché gli esseri umani danzano? Nelle civiltà antiche e orientali la danza era raffigurazione delle stelle in movimento. Passando dai teatri greci alle proibizioni delle Chiesa durante il Medioevo, la danza è arrivata a noi completamente trasformata. La danza moderna si è sviluppata all’inizio del Novecento nel Nord Europa grazie a Rudolf Laban e Mary Wigman e negli Stati Uniti d’America con le espressioni libere inaugurate da Isadora Duncan e Ruth St. Denis.

Che significato ha oggi la danza? Il messaggio di Robitaille è chiaro: Non solo dar prova di versatilità tecnica e stilistica, ma riuscire ad emozionare.

Torniamo allo spettacolo.

La prima creazione è Zero In On, splendido duetto firmato dallo spagnolo Cayetano Soto. I due ballerini, con tute color carne, sembrano quasi nudi e sarà la serata stanca della domenica che mi fa vedere posizioni erotiche in ogni loro avvinghiamento. Ma è Kosmos, del greco Andonis Foniadakis, a far breccia sul pubblico. Dieci ballerini in completo da lavoro grigio scuro si esibiscono in un modo mai visto prima. E’ talmente frenetico da risultare quasi ansiogeno, un movimento di energia senza nessuna soluzione di continuità. I gesti coreografici sono ispirati dal movimento frenetico della vita moderna, dall’agitazione e dal tourbillon urbano. Gesti quotidiani tradotti in danza, liberatori. La terza opera, Harry, dell’israeliano Barak Marshall, è piaciuta di più a chi di danza non si interessa e che magari si trova a teatro in sostituzione di mogli di amici. E’ una pièce teatrale danzata, una battaglia tra sessi che non si risparmiano nemmeno gli sputi. La vita è un combattimento eterno, ironico e graffiante, tra uomo e donna. Ottima la scelta musicale, che spazia dal jazz alla musica popolare israeliana.

Il pubblico si spella le mani. I ballerini si inchinano quattro, cinque, sei volte. E’ l’ultima tappa di una tournée lunghissima, quella di una compagnia che passa cinque, sei mesi l’anno a girare i palcoscenici del mondo. Usciamo scortati dagli occhi vigili dei pompieri, che poco prima hanno ritrovato il portafoglio scomparso della mia compagna di fila.

Più che a uno spettacolo di danza, ho l’impressione di aver assistito alla celebrazione del corpo umano. Un’ influenza positiva sull’animo umano, un “feel good” generale.

La Compagnia: Daniel Alwell, Christina Bodie, Mark Francis Caserta, Céline Cassone, Christian Denice, Alexander Hille, Kiera Hill, Nicholas Korkos, Morgane Le Tiec, Guillaume Michaud, Ashley Werhun / Intern Saskya Pauzé-Bégin

I realised that the only dance masters I could have were Jean-Jacques Rousseau (“Emile”), Walt Whitman and Nietzsche. 

Mi resi conto che i soli maestri di danza che potessi avere erano Jean-Jacques Rousseau (“Emile”), Walt Whitman e Nietzsche.
Isadora Duncan

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