Le mani di Mark riposano salde sulle spalle della sua Blayne. L’azzurro del cielo sembra un mantello che protegge tutto dall’alto. La finestra sul loro angolo di quiete è un dipinto al centro dello studio di Emanuele. Mark è un artista, vive negli Stati Uniti e non ama volare. Fa lo scultore e realizza modelli di mostri e personaggi di fantasia destinati alla vendita e all’utilizzo nelle serie americane. Lui crea il prototipo, ne produce un calco e poi lo spedisce all’estero perché venga ultimato. Anche Emanuele è un artista. Quando può, va a trovare il suo amico Mark Alfrey negli Stati Uniti. Il viaggio sopra l’oceano non lo spaventa. Perché volare è anche un balzo fra i diversi mondi dell’arte. Un varco dal disegno alla pittura, dall’illustrazione alla scenografia. E con lo scenografo, illustratore e pittore ferrarese Emanuele Taglietti abbiamo realizzato questa intervista.

Quando si è reso conto delle sue potenzialità espressive?

«A diciott’anni. Quando, dopo essermi diplomato all’istituto d’arte ‘Dosso Dossi’, sono riuscito a entrare al Centro sperimentale di cinematografia di Roma per studiare scenografia»

Che cosa ricorda di quell’esperienza?

«Ho avuto maestri molto bravi. In quel periodo, poi, c’erano registi come René Clair, Vittorio De Sica, Nanni Loy. Così ho cominciato a lavorare alla scenografia di film. Io, come assistente, facevo i bozzetti per gli scenografi e i registi. Mi è capitato di collaborare a pellicole di Federico Fellini, di Ettore Scola, di Marco Ferreri».

Ci sono pellicole alle quali è particolarmente legato?

«Ricordo quando mi contattò lo scenografo e premio Oscar Piero Gherardi. Aveva visto alcuni miei bozzetti e mi chiamò per ‘Giulietta degli spiriti’ di Fellini. Finite le riprese, fui anche chiamato per le scenografie de ‘Il viaggio di G. Mastorna’, il film di Fellini che non venne mai girato. In quel periodo mi capitava di lavorare anche a tre pellicole insieme. Di generi diversi, così non c’era mai d’annoiarsi. Erano tempi d’oro per il cinema, l’America è stata l’Italia».

Oltre all’Italia, i film venivano realizzati all’estero?

«Sì. C’erano produzioni italiane che lavoravano anche in Tunisia, o in Jugoslavia».

Come funzionava il rapporto fra il regista e lo scenografo nell’allestimento di un set?

«Lo scenografo titolare era l’art director ed era in contatto con il regista. Lo scenografo, quindi, riferiva a me e io realizzavo il bozzetto. Il regista decideva i movimenti di macchina, sentite eventuali proposte dello scenografo, senza escludere l’operatore alle luci. Quello dell’operatore era un ruolo fondamentale».

Foto di Andrea Bighi

Ha avuto modo di assistere a una qualche fase di trasformazione del cinema?

«Ricordo quando si cominciò a sperimentare, a passare dal bianco e nero al colore. Per esempio, il regista Michelangelo Antonioni chiamò un operatore a cui piaceva sperimentare come Carlo Di Palma (direttore della fotografia ndr) per il suo primo film a colori, ‘Deserto rosso’».

Le è capitato di lavorare con il regista Antonioni?

«Non ne ho avuto occasione. Invece è successo diverse volte a mio padre Otello, che lavorava nel cinema come pittore decoratore».

Negli anni settanta, si è dedicato a realizzare le copertine di albi a fumetti erotici. Ci sono differenze, dal punto di vista espressivo, fra l’attività di copertinista e quella di disegnatore?

«Come copertinista, dovevo estrapolare un qualcosa dalla storia e renderla in un’unica illustrazione. La trame delle storie, scritte su un foglio, mi arrivavano a casa per posta. E io mi occupavo di realizzare le singole copertine. Fra gli autori del primo erotico bello di quegli anni c’erano Stelio Fenzo, Magnus, Milo Manara».

In quel periodo la libertà creativa era, in qualche misura, condizionata? 

«Quando mi apprestavo a realizzare le copertine, partivo sempre con libertà. A volte capitava che qualche pretore ordinasse il sequestro di un albo. A metà degli anni ottanta, quando si passò da rappresentazioni suggerite ad altre più esplicite, nelle edicole i fumetti erano blisterati per impedire che si potesse intravedere il contenuto da fuori».

Quali erano i suoi riferimenti nell’ambito dell’illustrazione?

«Fra i nomi che mi vengono in mente, c’è lo spagnolo José Gonzalez, peraltro uno degli autori del personaggio a fumetti ‘Vampirella’».

Fra i soggetti dei suoi dipinti ci sono persone e luoghi. Come vengono scelti?

«D’estate viaggio molto e ho l’opportunità di osservare tante realtà. Una volta, per esempio, sono stato a Buenos Aires e sono rimasto colpito da Plaza de Mayo. Quindi mi sono fermato lì per circa tre ore a dipingere con gli acquerelli. Altre volte può succedere che usi la tecnica a olio. O che rappresenti antiche vie di Ferrara, come prosecuzione immaginaria di altre strade della stessa città di cui ho visto vecchie fotografie. Fra le persone ritratte ci sono anche amici, come nel caso del disegnatore Nicola Mari».

Foto di Andrea Bighi

In passato ha insegnato disegno all’istituto ‘Dosso Dossi’. Inoltre, fra le sue attività, c’è anche l’insegnamento delle tecniche pittoriche. È più affascinante rappresentare la realtà o insegnare a qualcuno gli strumenti e i metodi per farlo?

«Sono due situazioni differenti. Dipingere è un’attività che mi piace molto. L’insegnamento richiede che prima si stabilisca una regola generale per tutti, e che poi la si cali nell’individuale».

Nel blog del suo fanclub sono presenti numerose sue copertine, realizzate nel corso degli anni. L’impressione è quella d’imbattersi in locandine cinematografiche, per via della precisione delle immagini. Si è ispirato a personaggi reali o immaginari?

«In alcuni casi mi sono ispirato a personaggi reali. A volte, nell’illustrazione delle copertine, gli editori chiedevano di disegnare personaggi che ricordassero attori famosi».

Nel suo universo creativo c’è posto per la pittura, per l’illustrazione e per la scenografia. C’è qualcosa che lega queste tre discipline?

«Sono tutte collegate. L’importante è conoscere sempre più tecniche diverse di rappresentazione delle cose».

La città di Ferrara, dal punto di vista artistico, conta diversi talenti nel mondo del fumetto contemporaneo. È soltanto una coincidenza?

«Prima di dedicarmi all’insegnamento non avevo mai sentito parlare di fumettisti ferraresi. Poi, lavorando all’istituto ‘Dosso Dossi’, fra gli allievi, ho avuto modo di conoscere tanti bravi disegnatori. Alcuni, come Germano Bonazzi o Nicola Mari, hanno proseguito la loro carriera nel mondo del fumetto. Per andare avanti, infatti, sono necessari talento e carattere».

Qual è l’ultimo progetto che la riguarda?

«A marzo uscirà ‘Sex and horror – The art of Emanuele Taglietti’, un libro in lingua inglese, edito dalla Korero Press, che raccoglie in centosessanta pagine una serie di mie illustrazioni, vecchie e nuove».

2 Commenti

  1. Yak scrive:

    Emanuele’s book is available now from http://www.koreropress.com/sex-and-horror-the-art-of-emanuele-taglietti. Free worldwide delivery.

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