Giovedì pomeriggio mi è successa una cosa strana, una cosa che mai mi era accaduta prima. Mi sono commossa ascoltando parlare il sindaco Tiziano Tagliani. Cioè: non mi hanno propriamente commosso le sue parole, ma le sue parole abbinate ai volti che gremivano la sala consiliare all’interno della quale sono state pronunciate, abbinate a qualche vaga reminiscenza di film e telefilm americani.
Adesso mi spiego.

Giovedì 22 gennaio è stato presentato alla cittadinanza Ferrara Mia, progetto proposto dall’Urban Center estense al bando regionale per la promozione dei processi partecipativi, classificatosi secondo in un mare magnum di circa novanta proposte. La notizia non è recente, l’esito del concorso è stato pubblicato diverse settimane fa. Con Chiara Porretta e Ilenia Crema, le ragazze che lavorano all’Urban Center, avevo nel frattempo avuto modo di parlare in via del tutto informale di ciò che si proverà a realizzare grazie al finanziamento ottenuto (11mila euro dall’Emilia-Romagna, ai quali si sono sommati 9mila euro da sponsor cittadini). Mi sono dunque recata all’appuntamento con una curiosità più formale che sostanziale, senza aspettarmi di incontrare in quella sede così tante persone.

C’erano ovviamente tutte quelle facce che si rimpallano da iniziativa a iniziativa – le facce dei fotografi, dei cronisti, dei segretari di partito, dei consiglieri comunali, degli assessori – ma le altre facce per una volta erano molte di più. Le facce delle nonne che accompagnano i nipotini al parco, degli studenti, dei disoccupati, dei pensionati, dei musicisti, degli stagisti, degli impiegati, dei social media manager, dei falegnami, dei baristi, dei personal trainer, degli scout, dei videomaker.

Al centro della stanza stava una grande mappa di Ferrara e tutti vi sedevano attorno, mescolati come in una grande insalata, senza che ci fossero distinzioni tra organizzatori e fruitori dell’evento, tra rappresentanti politici ed elettori, tra stampa e lettori.

Roberta Fusari, assessore all’urbanistica, ha aperto l’incontro spiegando gli obiettivi del progetto, che si svilupperà in sei mesi, da gennaio a giugno 2015: “Ferrara Mia servirà ad agevolare i cittadini nella cura dei beni comuni. Questo tema è molto importante e sentito, sono sempre di più i gruppi o i singoli che spontaneamente chiedono di poter agire per migliorare la città. Ci sono realtà che per anni hanno portato avanti delle pratiche di cittadinanza attiva senza aver bisogno del sostegno dell’amministrazione, altre che chiedono al Comune di intervenire, perché le richieste di chi vuole sistemare un’aiuola o coinvolgere i vicini in una festa non sempre riescono ad ottenere risposte rapide e precise”.

“Il lavoro seguirà due binari – ha proseguito Anna Rosa Fava, portavoce del sindaco. Il primo sarà quello di creare all’interno dell’amministrazione, con persone proveniente da servizi diversi, un gruppo tecnico impegnato a individuare e rimuovere gli ostacoli che si frappongono tra il cittadino e la cura del bene comune. Il fine sarà quello di semplificare gli atti normativi, studiare delle procedure per superare le tante burocrazie, trovare il giusto modo per condividere queste pratiche con la città. Il secondo binario sarà la mappatura delle realtà attive, accompagnata da microinterventi di uso e cura dello spazio pubblico e da laboratori di discussione pubblica, organizzati a partire dal 14 aprile”.

Foto di Stefania Andreotti

Tagliani è arrivato in ritardo, si è scusato facendo capire di aver appena finito un convegno su tutt’altro argomento – “abbiamo discusso di pere fino adesso” – e ha parlato così:

“Viviamo un momento in cui la democrazia è a rischio, la complessiva deresponsabilizzazione e globalizzazione non aiutano, ma c’è un fatto ulteriore: la città sembra essere di nessuno, affidata ai contratti di servizio, a Hera. L’iniziativa che presentiamo oggi non significa chiedere aiuto per fare qualcosa che deve fare qualcun altro. Il Comune continuerà a fare in modo che Ferrara sia sempre più verde, più ciclabile, più vivibile. Il tema di oggi è completamente diverso, riguarda il bene comune, che si chiama comune non perché c’è il sindaco che lo amministra o una società a partecipazione pubblica che ha vinto una gara. Si chiama così in virtù del presupposto contrario a quello della delega, in virtù del riconoscimento che la città è nostra. C’è un meccanismo amministrativo per la risoluzione dei problemi ma c’è spesso anche un sentimento di distacco. Ci siamo abituati a sentirci dei clienti, degli utenti di contratti di servizio, e non dei cittadini. Ferrara ha sopportato dei grandi scossoni nella sua storia, dieci anni fa moriva Federico Aldrovandi, non c’è stato solo il terremoto, e in questo momento sono tanti i cittadini che chiedono alle istituzioni di dare loro una mano per un nuovo scossone, civile, che ci richiami ad una partecipazione diffusa. Il sistema delle regole è un sistema di difesa, è il limite che poniamo per far fronte alle aggressioni, ma talvolta è talmente efficiente che blocca anche l’iniziativa. Se qualcuno vuole piantare un roseto in un’aiuola avrà problemi di carattere edilizio, arriveranno i vigili urbani, gli si chiederà una tutela assicurativa. E’ in questo modo che la società finisce per non muoversi più, per leggersi solo come cliente. Ma questa città ha il diritto di essere più bella, perché è nostra”.

Ho cercato di riportare integralmente e il più fedelmente possibile il discorso affinché si capisse il momento esatto in cui mi sono trovata gli occhi lucidi di lacrime.

C’erano almeno duecento persone davanti e attorno a me, tantissime le conoscevo: c’erano gli amici della redazione di Listone Mag, di Consorzio Wunderkammer e del centro sociale La Resistenza, i contradaioli di Santo Spirito, il preside dell’istituto Aleotti e i suoi studenti, i ragazzi della sala prove Sonika e quelli del Centro mediazione, vecchi e nuovi colleghi. L’elenco completo sarebbe veramente lungo. Guardavo tutte queste facce – facce di persone che in un pomeriggio piovoso di metà gennaio hanno voluto uscire di casa o dall’ufficio, dalla sala studio o dal bar, per andare a conoscere Ferrara Mia – e per un attimo mi è sembrato di essere all’interno di una townhall, di quelle che si vedono nei film americani quando gli abitanti di un piccolo paese si ritrovano tutti assieme per discutere animatamente e risolvere assieme un qualche problema.

Mi sono trasferita qui ormai undici anni fa. Il mio dna è evidentemente composto di altro – altri odori e altri modi, altre parole, altre abitudini – e ho sempre considerato Ferrara come una tappa, un passaggio sicuramente lungo e nutriente, ma niente più che un passaggio. A giorni alterni ho continuato per anni a rimuginare su dove e come avrei potuto trasferirmi. Fino a quel momento, in cui guardavo le tante persone che avevo conosciuto e mi sentivo all’interno di una piccola townhall, e sentivo il sindaco dire: “la città è nostra”, ecco fino a quel momento non avevo mai avuto la percezione così netta di appartenere a una comunità. Ed è stato bello.

Lascia un commento

Prima di lasciare il tuo commento, ricordati di respirare. Non saranno ospitati negli spazi di discussione termini che non seguano le norme di rispetto e buona educazione. Post con contenuti violenti, scurrili o aggressivi non verranno pubblicati: in fondo, basta un pizzico di buon senso. Grazie.