Il filo conduttore continua a essere la curiosità. L’oggetto di osservazione, la natura. Fotografata nell’immensità della sua grandezza, o nella particolarità dei suoi dettagli. Riparte a Ferrara il ciclo di appuntamenti targati ‘I Venerdì dell’Universo – Incontri e seminari su Astronomia, Fisica e Scienze’. E il primo incontro in programma è oggi, 16 gennaio, alle 21, in Sala Estense. La rassegna (http://www.fe.infn.it/venerdi/), giunta alla sua sedicesima edizione, prosegue nel solco di un percorso rodato da anni, proponendo a un pubblico di appassionati appuntamenti su temi di carattere scientifico legati all’attualità. Ne abbiamo parlato con Mauro Savriè, docente del Dipartimento di Fisica e Scienze della Terra, e curatore de ‘I Venerdì dell’Universo’.

Come è nata l’idea di dar vita a un ciclo di seminari sulla scienza astronomica e sulle leggi che governano il cosmo?

«L’idea originaria nasce negli anni ottanta da una collaborazione tra l’allora Dipartimento di Fisica e il Gruppo Astrofili Columbia di Ferrara. Furono organizzate un certo numero di conferenze di Astronomia e Astrofisica. Avevano un taglio forse un po’ tecnico ed erano quindi più mirate a appassionati specifici e astrofili che a un pubblico di curiosi e non ‘addetti ai lavori’. La nuova versione, che allargava a tutti i campi della Fisica lo spettro delle conferenze, nasce nel 2000 per opera del professor Gianni Fiorentini, docente ordinario del nostro ateneo».

C’è una ragione dietro la scelta del venerdì per i singoli appuntamenti?

«La ragione fondamentale è quella di dare un’informazione scientifica corretta e onesta sui vari temi della ricerca scientifica curando in particolare modo l’attualità e l’importanza degli argomenti, anche in relazione al nostro sviluppo sociale».

Cosa ricorda dell’organizzazione delle prime edizioni?

«Appuntamenti indimenticabili sono stati quelli con Margherita Hack e Piero Angela, molto noti al grande pubblico, ma anche il professor Cassi con ‘La fisica in cucina’ e il primo planetario presso l’aula Angelo Drigo del vecchio Dipartimento di Fisica in via Paradiso. Sono stati successi di pubblico davvero indimenticabili»

Quando arrivò la percezione che l’interesse per gli incontri era destinato a crescere?

«In realtà non c’è stato un momento in cui si è percepito che cresceva l’interesse. La crescita è stata nel tempo ma forse un incremento, lo possiamo associare alla decisione di allargare lo spettro delle discipline scientifiche rappresentate».

Come vengono scelti gli argomenti che saranno trattati durante le conferenze?

«In base all’importanza e all’attualità degli argomenti, oltre all’abilità degli oratori nella divulgazione».

Nel corso degli anni si sono alternati rappresentanti del mondo scientifico e noti divulgatori. Crede che a suscitare curiosità nel pubblico sia l’argomento trattato o l’abilità comunicativa di chi lo affronta?

«Credo che sia naturale e umano che quello che porta al successo nella divulgazione sia l’insieme dei due aspetti. Gli argomenti più interessanti raccontati da un pessimo divulgatore risultano senz’altro noiosi e di poco interesse per il pubblico. Purtroppo è vero anche il contrario: una personalità affascinante e un buon ‘affabulatore’ riesce a rendere interessante e credibile anche l’argomento più assurdo o le cosiddette ‘leggende metropolitane’, che niente hanno di scientifico. Ci sono ottimi scienziati che sono pessimi divulgatori e viceversa. Per questo è difficile sia fare della buona e onesta divulgazione che organizzare eventi divulgativi di buona qualità».

Con la possibilità di assistere in streaming sul sito all’incontro, e di rivolgere via mail domande agli esperti, è aumentata l’interazione fra spettatori e ospiti. Da quali categorie di persone è rappresentato il pubblico de ‘I Venerdì dell’Universo’?

«Non mi risulta che ci siano particolari ‘categorie’. Mi piace credere che il pubblico sia davvero variegato, sia per estrazione sociale che per cultura, e che l’unica cosa che li unisce sia la curiosità per la scienza».

Agli appuntamenti, in passato, hanno partecipato anche astronauti come Umberto Guidoni e Paolo Nespoli. Quanta passione tuttora permane per un argomento come il rapporto fra la Terra e lo spazio?

«Credo che ce ne sia molta, a giudicare dall’affluenza del pubblico in quelle serate. Forse c’è meno spazio per la fantasia sfrenata che ruotava attorno allo spazio ai tempi della fantascienza classica. Adesso che siamo andati nello spazio c’è molta curiosità su come ci si vive, e sugli aspetti tecnici e tecnologici della permanenza umana nello spazio».

Nel 2011 una serata è stata dedicata alla fisica di ‘Star Trek’. Ha più presa sul pubblico un rimando alla scienza che parta dalla fantasia o dalla realtà?

«La domanda dovrebbe forse essere indirizzata più a uno psicologo che a un fisico come me. Posso però esprimere la convinzione, peraltro non molto meditata, che molto sia legato alla personalità del singolo. Ognuno, a seconda della propria cultura e sensibilità, credo che trovi nello spazio un interesse o una curiosità del tutto personale. Ci permette di ‘fantasticare’ o di confrontarci con aspetti della scienza, tra i più significativi della nostra epoca».

C’è un tema scientifico che ancora non è stato sviluppato e intorno al quale le piacerebbe organizzare un incontro?

«Per fortuna ce ne sono ancora molti. Direi anzi che i temi trattati fino a ora sono niente rispetto alle possibilità offerte dal mondo della ricerca. Spero anzi che questa enorme varietà sia anche uno dei punti di forza di una rassegna come questa de “I Venerdì…”.

Perché, sia sul piano umanistico che su quello scientifico, l’osservazione delle stelle continua ancora oggi a esercitare il suo fascino?

«Anche questa è una domanda che meriterebbe un lunga risposta. Credo che, se si cerca di guardare nell’infinitamente grande e nell’infinitamente piccolo, la natura ci appare in tutto il suo meraviglioso mistero e i misteri hanno sempre affascinato l’umanità. Nel bene e nel male».

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