Chi sono gli edicolanti ferraresi? Come mai fanno quel lavoro? Chi sono le persone che ancora frequentano l’edicola? Per capire chi è che ci vende il giornale al mattino e indirettamente chi lo compra, sono andato in sei edicole diverse sparse intorno e nel centro di Ferrara.

Gli edicolanti sono sempre stati molto accomodanti sia con me che con la clientela che durante le interviste si accingeva a comprare una rivista o il quotidiano. Tutti hanno riferito di amare molto il loro lavoro per il contatto che gli permette di avere con le persone e per l’amore che provano nei confronti del prodotto venduto. Purtroppo non mancano i problemi. In molti lamentano un forte calo nelle vendite, e tutti sono stati d’accordo nell’ammettere che ai sacrifici imposti dall’attività non corrisponde più un guadagno adeguato. Per questo motivo, chi più chi meno, gli intervistati confessano di aver perso nel tempo un po’ di passione.

Come hanno cominciato, i sacrifici legati al lavoro, cosa vendono di più e chi non va mai in edicola
Le difficoltà legate a questo lavoro sono soprattutto i turni. Chi svolge l’attività di edicolante è “costretto ad orari molto duri e ad esserci sempre, anche in caso di malattia” come mi spiega Stefano M.: “siamo piccoli imprenditori e oggi questa categoria viene schiacciata dalla pressione fiscale e lasciata sola con i suoi sacrifici”. Chi ha un chiosco poi deve resistere al freddo durante la stagione invernale, Elisa sottolinea quanto sia “impegnativo lavorare in un ambiente poco riparato, senza un bagno e nessuna comodità”.

Quasi tutte le persone intervistate hanno iniziato l’attività lasciandosi alle spalle un altro lavoro. La frase che si sente pronunciare più spesso è: “ho deciso di fare un investimento e di cominciare a lavorare in questa edicola”. Il marito di Eleonora, ex venditore di telefoni, si lascia aiutare dalla moglie quando non svolge la professione di parrucchiera. Pierpaolo una volta faceva il commesso. Elisa, che ha un chiosco in corso Piave, lavora tutt’ora come insegnante di danza, nonostante fare l’edicolante le rubi molto tempo e sacrificio, costringendola a preparare le sue lezioni tra un cliente e un altro. Vedendomi stupito aggiunge: “non ballo mica qui dentro”. Lei svolge l’attività con la madre, che ha aperto l’edicola perché il suo vecchio lavoro lo ha perso. Anche Stefano R., trovandosi disoccupato, è diventato giornalaio nei pressi dell’incrocio tra via Garibaldi e corso Isonzo.

Chi ha cominciato prima di tutti è Stefano M., l’unico – tra gli intervistati – che non possiede un chiosco ma un locale al chiuso. Stefano svolge il suo attuale lavoro da ben sedici anni. Ha cominciato dopo un periodo di grande difficoltà: “ho iniziato perché costretto, con un grande aiuto da mia nonna e tanti dubbi”. Disoccupato, decise di investire tutto aprendo il locale. Mi spiega: “oggi per fare l’edicolante bisogna essere continuamente aggiornati sui gusti della clientela, investire sempre in qualcosa di nuovo, dai quaderni alle ricariche telefoniche, ai fazzoletti e quant’altro”.

Le edicole oggi vendono spesso materiale da cartoleria e giocattoli per bambini, anche se i prodotti che sembrano andare forte ovunque restano le riviste di gossip. Massimo dice: “interessano più agli uomini che spesso le sfogliano, fanno dei commenti, anche se poi non le comprano”. Tengono bene anche le riviste settimanali di enigmistica, di cucito e cucina; Eleonora ad esempio è un’appassionata, le sfoglia mente aspetta i clienti. Stefano R. sottolinea un aspetto importante per il venditore: conoscere il prodotto che si vende, “fa parte del lavoro, per potersi rapportare con la clientela quando chiede qualcosa”.

Ciò che non si vende, o si vende decisamente poco, sono i quotidiani e i dvd. Elisa da quando fatica a vendere il giornaliero ha difficoltà anche a piazzare il resto della merce: “il quotidiano era un mezzo per vendere altro, il cliente veniva e magari comprava anche una rivista, oggi questo non succede più”. Elisa aggiunge: “la zona di corso Piave è in forte degrado, girano molti spacciatori e loro naturalmente non sono interessati a comprare delle riviste”.
A prescindere dal singolo caso, l’impressione generale è che le vendite dei quotidiani siano ovunque destinate ad un gruppo di clienti affezionati, costituito principalmente da anziani attenti alla cronaca locale.

Chi non si vede più in edicola sono sicuramente i giovani di età compresa tra i sedici e i trenta anni, Massimo ritiene che non vengano più “perché interessati solo a giocare con il cellulare”, questo si ripercuoterebbe “nella loro istruzione ed educazione”. Stefano M. sottolinea: “non solo non leggono più i quotidiani, ma nemmeno i libri”.

Il calo delle vendite e internet
Quando chiedo i motivi che hanno portato al calo delle vendite della carta stampata le risposte sono piuttosto omogenee. I giornalai sono convinti che internet abbia dato una brutta batosta al mondo dell’informazione offline ma che non sia l’unica ragione. Massimo ritiene che “l’editoria stia investendo in altri settori”. Quasi tutti sono concordi che il calo sia legato al fatto che le persone, ma in primis sempre i ragazzi, leggono molto meno e quindi non comprano. Naturalmente la tecnologia, internet e gli abbonamenti ai giornali online hanno portato via una buona fetta di clientela, nessuno lo nega. Eleonora ritiene che il vero calo nelle vendite e il passaggio dalla carta al digitale si vedrà nelle generazioni future, siccome “già oggi a scuola i tablet stanno sostituendo i libri”.

I giornalai si informano anche in rete ma preferiscono la carta stampata. Massimo non legge nulla in rete mentre Stefano R. – se è costretto a documentarsi sul web – preferisce stampare gli articoli che gli interessano: “piuttosto mi arrangio così”, dice. Elisa sostiene: “le pagine potranno anche consumarsi ma vuoi mettere il profumo della carta?”

Pierpaolo invece consulta spesso i giornali online ma il più delle volte – quando è alle prese col digitale – si sofferma più sul titolo che sul contenuto degli articoli.

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