IL FEMORE DELLA NONNA

1964972_468516786584122_8228128215239581579_nEsattamente in questo punto, qui c’era una buca famosa, mia nonna – la nonna Jolanda – per colpa di questa buca si ruppe un femore. Quand’è successo? Prima che morisse, di sicuro. Sarà stato sei o sette anni fa. Si era fermata in bicicletta e voleva appoggiare il piede ma non ha trovato la terra, boom! Si fece male anche al polso. Io l’accompagnai dall’infermiere. Lui il polso lo mise a posto in un attimo, a mani nude, scrac, lei cacciò due urli ma era una roccia. In ospedale poi le misero il femore artificiale, era contentissima. Uscì dopo due, tre mesi, praticamente scappò via.

Se è vera la teoria del caos, quella che dice che dal battito delle ali di una farfalla si scatena un uragano dall’altra parte del mondo, mia nonna col suo femore nuovo – rotto per colpa del listone vecchio – ha causato il rifacimento del listone.

Racconto di Eugenio Squarcia

 

LE SCARPE DELL’IMPERATORE

Foto Bighi (2)– Cristiano, mi racconti una storia sulla piazza che ti ricordi?
– Eh, ma ne so tante di storie sul listone io! Come si fa? Dobbiamo rivederci con calma.
– Me ne basta una, una soltanto per ora.
– Ma ho la pizza alle sette e mezza da andare a prendere, sono in ritardo. Va bene, dai, una veloce. Ti racconto la leggenda della scarpa, o meglio, la leggenda del borzacchino.
– De che?
– Del borzacchino. È un tipo di scarpa, un calzare che arriva fino a metà polpaccio, coi lacci. Comunque, vediamo se me la ricordo. Allora, questa leggenda parla di un imperatore che era venuto a Ferrara per farsi fare delle scarpe. Va dal calzolaio e gli dice «ho bisogno di un buon paio di scarpe, al più presto». Il calzolaio si mette subito al lavoro per creare una scarpa degna di un imperatore. Una volta finito, gli porge un paio di borzacchini. L’imperatore allora li prende, li indossa ed esce dove ora c’è il listone per vedere come calzano. Fa due tre salti sulla piazza, si gira verso il calzolaio ed esclama «Oh, ma che bene che sto! Queste sì che sono delle scarpe. E sono comodissime. Quanto vi devo?». «Ci mancherebbe altro, imperatore. Per me è già un onore che le stiate indossando» esclama contento il calzolaio. Allora cosa fa l’imperatore? Per ripagare il calzolaio del pregiato lavoro, si slaccia un borzacchino e indietreggia per lanciarlo. «Voi avrete dominio fin dove arriverà il mio calzare» e lo lancia. E così, si narra, venne decretata l’estensione della Loggia dei calzolai, che dal palazzo San Crispino si prolungava fin dove arrivò la scarpa dell’imperatore. Sul palazzo dove ora c’è la libreria Ibs infatti ci sono ancora delle sagome di suole, a ricordare la loro corporazione. Le vedi lì in alto? Certo che da questa leggenda viene subito una domanda: ma che braccio aveva questo qua?
– Già, deve avere avuto un braccio grosso così l’imperatore, per lanciarla fino alla fine del listone!
– Ecco in realtà, a parte che è una leggenda, la piazza arrivava fino a qua, a metà listone, perché poi lì c’erano le case di San Romano. I calzolai arrivavano fin lì. Vedi lì sopra gli archi della cattedrale? Dove c’è l’insegna della tabaccheria, lì, un po’ più in su? Ecco la vedi quella lapide? Lì arrivava il dominio dei calzolai. L’hai vista? Dai che ora devo scappare a prendere la pizza.

Racconto di Cristiano Luciani

 

MORTI DI FREDDO

Per gentile concessione di Leopoldo Santini3Una volta abitavo sopra al Teatro Nuovo. Lì sotto sono morte tre persone, assiderate dal freddo. Dormivano nella galleria. Uno era Romano Lisandri, lo conoscevano tutti. Gli avevo anche detto di venire a dormire su da me, a casa mia, ma niente. Quando l’ho visto ho telefonato a don Bedin, ma lui aveva già un piede congelato. Un altro era un infermiere della mutua, aveva perso il posto ma non aveva avuto il coraggio di rivolgersi agli assistenti sociali.

Io li rispetto i barboni, hanno la loro dignità. Sono diversi dagli accattoni. Non credo che la loro sia stata una brutta morte, almeno non hanno sofferto il dolore. Dicono che quando muori di freddo non te ne accorgi neanche. Se non hai più voglia di vivere può essere anche una cosa positiva.

Racconto di un lettore

Foto dall’archivio di Leopoldo Santini

 

SCIOPERI, FORCONI, STUDENTI

Manifestazione studentesca, 1970(Storia di Ferrara e provincia dalle origini ad oggi, a cura di Renato Jannucci, Vol. II, p.339)Organizzavamo le manifestazioni in orario scolastico, ma anche la domenica mattina. Bloccavamo tutta la città. I cortei partivano dal Poledrelli e arrivavano in piazza. Io frequentavo l’Itis, ero capoclasse. Mi ricordo ancora quando la polizia fece irruzione a scuola. C’era anche Paolo Rossi che studiava lì in quegli anni, già da ragazzo era particolarmente “focoso”. Per farmi diplomare la mia famiglia fece dei  sacrifici enormi, mio padre era facchino, mia madre lavorava la frutta, era una stagionale.

I miei genitori, come quelli dei miei compagni, erano d’accordo con le nostre manifestazioni. Venivano dalle lotte nelle fabbriche e nelle campagne, tra noi e loro c’era continuità. Gli scioperi ovviamente erano tutti controllati, cercavamo di non farci fotografare anche se eravamo tutti schedati. Alla polizia politica ci conoscevano uno per uno. L’influenza del Fgc era forte: chi è che ogni volta portava gli altoparlanti, i fischietti?
Ricordo lo sciopero dei braccianti comacchiesi, erano arrivati in piazza con i forconi. Quella volta una camionetta della polizia rischiò di mettermi sotto, mi salvai per un pelo: la macchina passò a sirene spiegate e io letteralmente mi buttai dentro il Leon d’oro per schivarla. Quando protestavano gli operai del petrolchimico le persone arrivavano a piedi dal Barco. Ricordo anche quando Berlinguer venne a Ferrara. Il palco stava lì dove ora c’è il lampione. Bellissimo anche quando venne a parlare Luciano Lama.

DSC_1409Ci sono cose che, sindacalmente, trent’anni dopo le stiamo ancora cercando. Pensa al fiscal drag, siamo ancora qui a discuterne.

Racconto di Roberto Dondi

Nelle foto Roberto Dondi ieri e oggi

 

 

3 Commenti

  1. Paola scrive:

    Che belli questi racconti ! Bravi !!

  2. ANNA DE PAOLI scrive:

    Buon giorno, mi chiamo anna, mio bisnonno lavorava alla Chiozzi e Turchi di pontelagoscuro, e da quello che so era anche “un pezzo grosso”, diremmo oggi.
    In casa, fin da quando ero bambina, ho sempre visto un quaderno, (considerato l’oracolaio) scritto da lui, nel quale erano annotate tutte le ricette per fare : Inchiostro, Colle, Profumi, Saponi…….e tutto quello che si produceva nella fabbrica.
    Mi piacerebbe riuscire a vederlo pubblicato.
    Mi aiutate
    Grazie

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