«Camminare a me non va, in bicicletta vo’ meglio. È un mezzo meno faticoso. Fino a poco tempo fa pedalavo spesso, ricavandone equilibrio, voglia di fare e volontà». L’effetto ‘dinamo’ della bici, come suggerito dall’astrofisica Margherita Hack, è un concetto che scavalca il senso letterale delle parole. Come se si saltasse dalla produzione di energia meccanica a una dimensione di benessere, dalla scelta di un mezzo di locomozione a quella di uno stile di vita. E di bici e riciclo abbiamo parlato con i ragazzi della cooperativa ‘Il Germoglio’. All’interno dell’officina in via Darsena 132/a, a illustrarci l’origine e gli sviluppi del progetto ‘Ricicletta’, è Gianluca Gardi.

Ci racconti quando e come è nata l’idea del progetto ‘Ricicletta’?

«Io ci sono dal primo giorno in cui è nato il progetto, nel 2002. L’idea è venuta a un signore, appassionato di biciclette, che era presidente di un centro anziani di Boara. Ogni anno, a Natale, ospitava pazienti del centro diurno di psichiatria di Ferrara. Così, durante una chiacchierata, mi ha parlato del suo progetto di coinvolgere i pazienti del centro nella creazione di un laboratorio per riciclare le bici»

Quale era l’obiettivo?

«Insegnare che cosa fosse una bici. E al tempo stesso realizzare un percorso finalizzato a creare integrazione fra le persone, coniugando l’aspetto ecologista a quello sociale».

In che modo il progetto si è potuto concretizzare?

«L’idea si è sviluppata da una serie di volontà. Proprio in quegli anni era attiva la cooperativa ‘Nuova Mente’, della quale ero presidente. Cooperativa che era nata per creare opportunità di integrazione. E che, nel 2010, è confluita all’interno della cooperativa ‘Il Germoglio’».

Di cosa si occupava prima, ‘Il Germoglio’?

«Di attività educative per minori e adolescenti. Dapprima operava nell’ambito di asili e scuole. In seguito ha ampliato il suo raggio di azione nel ramo dei servizi lavorativi».

Quante sono le tappe che hanno portato alla realizzazione del progetto ‘Ricicletta’?

«Il percorso prevedeva prima la formazione, e poi il lavoro. Quindi il primo passo è stato trovare uno spazio che fungesse da officina. Siamo partiti grazie alla donazione di una piccola casa con garage, a Porotto. Per circa un paio d’anni, abbiamo lavorato sul tema del riciclo e del recupero dei materiali. La formazione ha riguardato inizialmente circa sei, sette persone. Con il tempo abbiamo notato che l’idea piaceva. Abbiamo avuto la possibilità di spostarci dapprima in uno spazio a Largo Barriere, aprendo l’officina al pubblico e assumendo un meccanico. Poi ci siamo trasferiti in questa sede, che è di proprietà comunale. Una sede più ampia, dapprima in comodato gratuito, dopo con un canone agevolato».

 

Foto di Giulia Paratelli

Come funziona la fase del recupero delle bici abbandonate in strada?

«Dal 2007 a oggi si è svolta tre volte. Dura circa una settimana, nel corso della quale dobbiamo avvisare con dei volantini dell’attività che verrà svolta. Sono circa trecento le bici recuperate, a cui si sommano quelle che gli stessi cittadini ci donano perché intendono disfarsene. Quindi si lavora sul materiale a disposizione per ridare a esso nuova vita. Il concetto è molteplice. Rigenerare risorse, dalle persone alle materie prime, agli spazi».

E se la bici non è più utilizzabile?

«Se, per esempio, il telaio è rotto, ci sono pezzi che possono essere riutilizzati, come il campanello. Abbiamo elaborato dei percorsi ad hoc per le singole persone. Dalla pulizia dei pedali alle tecniche di ‘irraggiatura’ della ruota. Quello a cui guardiamo non è soltanto il lavoro, ma la socializzazione, la creazione di inclusione sociale. Io mi occupo di inserimento lavorativo».

Quali sono i servizi che svolge l’officina ‘Ricicletta’?

«Si va dalla manutenzione alla riparazione, dal noleggio alla vendita. Abbiamo una cinquantina di bici turistiche da noleggio. Recentemente abbiamo stipulato una convenzione con due hotel, oltre ad alcuni accordi di fornitura su misura e di manutenzione».

Ultime iniziative in programma?

«Ci hanno contattati per raccontare la nostra esperienza, lo scorso 28 novembre, a Milano, nel corso di un convegno».

Quanto dura, in media, il percorso di professionalizzazione per le persone svantaggiate?

«Dipende dalle abilità di ciascuno. Ci sono percorsi che possono durare un mese. Altri che, per ragioni di inclusione sociale a cui ho fatto cenno prima, possono durare anni».

E oggi quanti sono complessivamente i dipendenti?

«Attualmente, circa una ventina. Alcune persone hanno percorso tutta la scala delle opportunità. Uno di loro è diventato dipendente a tempo indeterminato».

Chi sono le persone che si rivolgono a voi per acquistare o noleggiare una bici?

«Direi che è un pubblico trasversale. Ci sono gli studenti, le famiglie e gli anziani».

3 Commenti

  1. scattofelice scrive:

    Noto che quello che pubblicate dei bellissimi articoli, ma su realtà che evidentemente interessano alla amministrazione comunale di Ferrara. Ci sono realtà e progetti che sono prevalentemente sulla mobilità della bicicletta, che non vi sto a spiegare per questioni di spazio; il nostro progetto era finalizzato a creare lavoro per i giovani e persone disagiate, ma grazie a questa amministrazione è 9 mesi che non ci permettono di attuarlo e comincio a pensare che sia voluto, essendo una cooperativa INDIPENDENTE

    P.S. non chiediamo soldi, ma poter sviluppare il nostro progetto.Grazie

  2. Eugenio Ciccone scrive:

    Gentile “scattofelice”, saremmo molto lieti di dare spazio anche al vostro progetto e sostenerlo provando a raccontare di cosa si tratta e in che modo potrebbe essere realizzato. Se non l’abbiamo ancora fatto è perché non ne eravamo a conoscenza, non ci indica sicuramente l’amministrazione comunale gli argomenti di cui parlare. Se dopo le feste avrete voglia di fare due chiacchiere con noi saremo a disposizione per approfondire anche questo argomento sulle pagine del nostro magazine. Grazie!

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