La mia scrittrice giapponese preferita si chiama Sei Shonagon, dama di corte dell’imperatrice Teishi. Visse a Kyoto a cavallo del X e dell’XI secolo. Tra il 1001 e il 1010, all’età di circa trent’anni, scrisse “Le note del guanciale”, trecentodiciassette capitoli in cui si alternano descrizioni della vita a corte a incredibili, delicatissimi elenchi. Qualche esempio per chi non li conoscesse: “Cose deludenti”, “Situazioni insulse”, “Cose che si vorrebbero sapere subito”, “Caratteristiche piacevoli delle varie stagioni”, “Particolari squisiti”, “Cose che procurano un caldo soffocante”, “Cose che si disprezzano imprudentemente”, “Persone che in pubblico si esaltano”.

Proverò a raccontarvi il Kappa Festival, la manifestazione dedicata alla cultura giapponese organizzata a Ferrara nel weekend lungo appena trascorso, usando lo stesso metodo, prendendo a prestito alcuni titoli originali. Sarà un gioco, un esperimento senza pretese, un piccolo e improvvisato omaggio a quella che Yukio Mishima definì giustamente «una donna incomparabile».

Condizioni atmosferiche ideali

Niente di meglio che una bella giornata piovosa, umida e buia, per inoltrarsi nel ventre rosso del Castello Estense, nei corridoi labirintici dell’Imbarcadero. Niente di meglio che un sabato pomeriggio invernale spoglio e freddo, per visitare un esposizione dedicata al Paese del Sol levante, dimenticare per qualche ora le pacchiane decorazioni natalizie appese nelle strade.

Cose che fanno bella figura nella casa

A disposizione negli stand: i servizi da the in ceramica, gli acquarelli realizzati a mano su carta washi, i sandali infradito con la suola di bambù.

Cose che procurano felicità

Vincere la lotteria del festival, organizzata nel pomeriggio di sabato. Per partecipare bastava scrivere il proprio nome e cognome sul biglietto di ingresso alla manifestazione, infilare il pezzo di carta ripiegato nella scatola e attendere l’estrazione. Premi in palio: ingresso gratuito alla proiezione dello storico lungometraggio di animazione “La principessa Mononoke”, romanzi “Candy Candy”, birra Yourbeer. Recita l’etichetta: “vero spirito giapponese”.

Foto di Francesca Susca

Particolari rumorosi

Il venditore impegnato allo stand dei fumetti, che durante le presentazioni dei libri non ritiene opportuno parlare sommessamente, quindi appella i curiosi con voce forte e chiara per commentare il tempo.
I flash dei fotografi durante gli eventi speciali.
Lo scroscio d’acqua nei bagni pubblici della metropolitana di Osaka, raccontato dalla scrittrice Keiko Ichiguchi, autrice del libro “Non ci sono più i giapponesi di una volta”: «le donne usavano spesso lo sciacquone per evitare l’imbarazzo di alcuni rumori, così per non sprecare acqua hanno inventato un pulsante che, se schiacciato, semplicemente riproduce lo stesso suono. Quei bagni li hanno rifatti da poco è sono veramente bellissimi e pulitissimi, praticamente sono abitabili».
Il gorgoglio dei clienti dei ristoranti di ramen, raccontato dal professore e ricercatore di paleontologia Davide Bassi, invitato a presentare la sua prossima pubblicazione, «Scusi, manca molto per il Giappone?». «Sono cresciuto in una famiglia ferrarese la domenica a casa mangiavamo i tagliolini in brodo. Se avessi provato a sorbire mio padre e mio fratello mi avrebbero guardato con disgusto. In Giappone invece è normale, serve ad assaporare completamente il sapore della zuppa, potete immaginarvi che gorgoglii che si sentono. Io ci ho provato una volta ma il brodo era bollente e mi sono ustionato l’interno del labbro, mi è venuta una vescica gigantesca».

Persone che soffrono

Gli abitanti di Tohoku, regione che si trova nella zona a nord est del Giappone, colpita duramente sia terremoti sia dallo tsunami del 2011.
Kazuo Sugawara e Kazuo Uchiyama, ospiti del festival, vengono proprio da quella zona. Il signor Sugawara è il fondatore del gruppo Kakeashi-no-kai (Correre per aiutare la gente in difficoltà). Il signor Uchiyama è promore del gruppo Egao-todoke-tai (Vogliamo portare il sorriso). Hanno allestito a Ferrara una mostra fotografica dedicata alla loro terra, realizzata delle cooperative dei consumatori del Giappone. Le immagini, poco diffuse dai media, mostrano chi cerca di riprendere la propria vita di sempre, il sostegno dei volontari, una comunità che lotta per la ricostruzione. Tra gli stand degli espositori c’è anche il loro, che propone prodotti artigianali realizzati dagli abitanti di Rikuzen Takada e Miyako, i Comuni maggiormente colpiti. Si tratta di t-shirt, borse, cartoline e piccoli ciondoli costruiti da studenti e sfollati, anziani, disabili. Il ricavato andrà interamente devoluto ai rifugiati.

Situazioni che tengono in ansia

La performance notturna “Korosu – to kill (Io uccido)”, organizzata sabato sera presso la Palazzina Marfisa da Mlb Home Gallery. L’artista Yumi Karasumaru – originaria di Osaka, in Italia da dieci anni – ha inaugurato la propria mostra leggendo ad alta voce alcune storie di fantasmi, o meglio: storie di uccisioni immotivate, crudeli, indifferenti, soprattutto inaspettate. Sul suo volto truccato di bianco, sul kimono tradizionale indossato per l’occasione, schizzi di sangue. In bocca narrazioni scarne, elaborate a partire dai fatti di cronaca, omicidi tra amici, tra familiari, tra compagni di classe. Infine la leggenda mortifera di Marfisa d’Este, mantide religiosa, si dice gettasse i suoi amanti in un pozzo di rasoi. «Che sorpresa!»

Particolari che destano invidia

Le adolescenti con lunghissime parrucche colorate, codini azzurri che scendono fino alle ginocchia, chiome fucsia che scintillano di sintetica elettricità.

Cose ingarbugliate e altre che sgomentano

“Thermae Romae”, film tratto dall’omonimo fumetto, proiettato domenica sera al cinema Boldini. La trama è ambientata tra l’antica Roma e il Giappone contemporaneo. La quasi totalità degli attori (compreso quello che interpreta l’imperatore Adriano) è giapponese.
In sintesi (ma senza spoiler): Roma potrà continuare a governare il suo impero solo se sarà capace di offrire ai cittadini e ai soldati bagni pubblici sempre più confortevoli. Lucius Modestus, l’architetto, riesce nell’impresa perché – ogni volta che si immerge in una vasca – viene risucchiato in una specie di vortice spazio tempo, che lo sputa fuori in svariati lavandini, piscine e stagni del Giappone contemporaneo. Dalla gente “con gli occhi allungati” – così definisce questo popolo sconosciuto – Lucius copia invenzioni e tecnologie, come il latte al sapore di frutta e lo spruzzino interno al vaso del wc. L’incontro con un’aspirante disegnatrice di manga si rivelerà fondamentale per superare prove sempre più ardue e difficili – come ad esempio coltivare nella capitale le prime banane.
L’intero film è stato doppiato in italiano ma quando il protagonista si trova in Giappone, per sottolineare la sua estraneità, parla in latino. Nella versione in lingua originale queste parti sono state sottotitolate. Nella versione italiana no. Si consiglia dunque di andare al cinema con un piccolo dizionario pronto all’uso.
Le opere di Puccini e Verdi costituiscono la principale colonna sonora del film, enfatizzano in particolar modo i viaggi spaziotemporali, i quali assomigliano visivamente a incredibili discese dallo scivolo dell’acquapark.

Particolari volgari

I turisti che si avvicinano al Castello dicendo «andiamo a vedere, ci sono i cinesi».

Distrazioni per la noia

Interrogarsi sul significato degli squittii di Yocci, illustratrice famosa soprattutto per gli ironici e divertenti disegni pubblicati dal settimanale Internazionale.
Curiosare nelle bancarelle di giochi e giocattolini e improbabili action figure.

Cose rare

I kimoni vintage, esposti da Maria Cristina Marotta. «Questi abiti non sono facili da incontrare nemmeno in Giappone – spiega la commerciante -. Tanti li abbiamo trovati attraverso le comunità giapponesi di New York, perché noi abbiamo cominciato a lavorare con il vintage americano. Il pezzo più prezioso che abbiamo è questo, una veste cerimoniale di metà ottocento, pare che all’origine fosse completa di maschera. Il taglio è quello della veste imperiale Manchu. E’ di seta, con i ricami in argento. Il valore? Per questi pezzi si parte dai 5mila, si può arrivare a 20mila».
Gli haori, «giacche che nascono da uomo ma già a fine 800 hanno iniziato a essere indossate anche dalle donne. Si indossano sopra i kimono più lunghi. I piccoli simboli cuciti dietro corrispondo alle casate familiari o alle caste militari. Ogni dettaglio dell’abbigliamento giapponese ha un suo significato. Ad esempio le maniche, quelle lunghe e ampie sono per le donne giovani e nubili».

1 Commento

  1. Filippo Landini scrive:

    Brava Licia, ottimo articolo, un percorso utile che delinea la varietà dell’evento. Brava anche la Francesca fotografa. K festival è e sarà sicuramente fra le eccellenze culturali in Ferrara.

Lascia un commento

Prima di lasciare il tuo commento, ricordati di respirare. Non saranno ospitati negli spazi di discussione termini che non seguano le norme di rispetto e buona educazione. Post con contenuti violenti, scurrili o aggressivi non verranno pubblicati: in fondo, basta un pizzico di buon senso. Grazie.