Non si gioca con il cibo. Quand’ero piccola a tavola era quasi un mantra.
Spalmavo per bene il risotto ai bordi del piatto, costruivo un’arena. Poi sceglievo un chicco ciccione e un chicco mingherlino e li mettevo al centro. Eccoli, il leone e lo schiavo, pronti a fronteggiarsi sotto lo sguardo della folla. Oppure scavavo delle grotte nel purè e ci infilavo dentro quello che avrebbe dovuto essere un orso in miniatura, modellato malamente con la patata spappolata.
Licia, cosa stai facendo? Non si gioca con il cibo. Non. Si. Gioca. Con. Il. Cibo. L’ineluttabilità della prescrizione scandita parola per parola. Guai a replicare. L’unica reazione possibile era salutare l’arena, disintegrare la grotta, infilare in bocca un boccone dietro l’altro a capo chino, fissando la tovaglia.
Chissà cosa penserebbe mia nonna di chi utilizza l’impasto da pizza per farci le acrobazie. Di chi mescola con cura farina e acqua col solo obiettivo di cavarci stupore e meraviglia. Sicuramente non ne penserebbe male, se solo sapesse che spesso dalla meraviglia al lavoro il passo è breve.
Piero Asaro nel settore della pizza acrobatica ha vinto praticamente qualsiasi titolo: ha cominciato come campione provinciale a Trapani, la sua città, poi ha vinto il titolo regionale siciliano, è diventato campione italiano, europeo, e per ben due volte ha portato a casa la medaglia d’oro al mondiale. Da circa un mese e mezzo abita a Ferrara, dove si è trasferito con moglie e figli per aprire la sede emiliano-romagnola di Apw – Acrobatic Pizza Word, la prima scuola di pizza acrobatica del capoluogo estense. 
Vado a trovarlo nel locale che ha comprato in piazza Squarzanti, dove gli apprendisti si esercitano facendo volare tra le dita dischi di plastica colorata. Mi faccio spiegare il suo strano mestiere: «l’amore per la cucina viene dai miei genitori – racconta. Mamma e papà sono entrambi chef, la cultura della ristorazione in famiglia si è sempre respirata. Ho cominciato a impastare pizza quando avevo cinque anni, adesso lavoro come tecnico della Mulino Padano, ditta di farine per pizzaioli. Il progetto di aprire una scuola da dedicare all’acrobatica risale a circa un anno e mezzo fa, adesso è finalmente diventato realtà, abbiamo avviato i primi corsi».
Chi partecipa a queste lezioni? «Sia persone che non hanno mai fatto questo mestiere, che vogliono imparare per piacere personale, sia pizzaioli professionisti. Conoscere il freestyle aiuta molto nel lavoro, insegna ad avere movimenti più morbidi e a velocizzarsi. Chi partecipa impara la tecnica ma non solo, i corsisti li porto a vedere come si macina il grano, la conoscenza delle materie prime è fondamentale per utilizzare i prodotti nel modo migliore possibile. Prendiamo al massimo sei persone alla volta, vogliamo seguirle al meglio. Se vediamo che qualcuno proprio non è portato interrompiamo. Alcuni allievi che hanno già avviato un percorso con noi vorrei riuscire a portarli a Parma per  il mondiale nel 2016».

Foto di Giulia Paratelli

Mi domando come mai a Piero e al suo socio, Luca De Giorgi, sia venuto in mente di insediarsi proprio qui. La risposta non si fa attendere: «Ferrara geograficamente è predisposta bene, è  facile da raggiungere, a metà strada tra due grandi centri come Bologna e Padova. Vogliamo costruire radici forti qui, abbiamo comprato i muri. Apw è stata fondata 16 anni fa da cinque fratelli, cioé: da me e i miei due fratelli –  Gabriele e Pietro – assieme ai fratelli Giuseppe e Vincenzo Di Girolamo. Ha diverse sedi, non solo in Italia ma anche all’estero, in Germania, in Inghilterra e in Spagna. Vogliamo che questa diventi la principale».

Come si trova un siciliano in mezzo all’umidità della pianura padana? Il quesito non è dei più originali, ma avendo avuto coinquilini che iniziavano a saltare sui divani in preda a ira funesta al ventisettesimo giorno grigio di fila, mi pare doveroso sottoporlo al nuovo arrivato:

«Te lo dico tranquillamente, mi trovo da dio! In verità abito qui da poco ma è già da un anno e mezzo che vengo a tenere i master. Pensavo che al Nord le persone fossero fredde, invece ti posso garantire che mi sento a casa, l’accoglienza a volte è tale da da mettermi in imbarazzo. L’altro giorno la signora che abita sotto ci ha portato la crostata di mele. Per lavoro ho girato molto l’Italia, in Veneto si sta economicamente un pochino meglio ma qua si vive tranquilli».

E cosa pensa Piero delle pizzerie ferraresi? Senza fare nomi o cognomi, che opinione si è fatto? «Alcune lavorano bene ma tante altre… insomma. Al Sud la cultura è quella del sapore, si esalta maggiormente. Qui c’è tanta pizza effetto piadina. In generale è più sottile, più croccante. Tanti sono convinti che più la pasta è cotta più diventi digeribile ma non è vero niente. Bisogna conoscere le materie prime, saperle sfruttare nel modo giusto. C’è gente che compra a caso, tanto tutto è farina. Anche quella dei panettoni è farina ma il risultato non è lo stesso».
Che impasto si usa per fare la acrobazie? «Farina, acque e sale, senza lievito perché nel freestyle non serve che cresca».
Ma alla fine dell’esibizione la pizza si può infornare e servire? «No, perché l’impasto è particolare, viene creato per essere particolarmente elastico, duraturo. Non va bene per esser mangiato».
Si gioca e si lavora, ma non con il cibo.

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