Essendo ferma ai Dieci piccoli indiani dell’Agatha Christie, devo ammettere che di noir, ultimamente, ne so davvero poco. Pensando a questa cosa mentre pedalo verso l’incontro con Vincent Zandri mi sorge un grande dubbio: perché Agatha era un giallo e Vincent è un noir? Dilemmi che si uniscono ad altri dilemmi. Arrivo da lui con queste perplessità, chiudo la bicicletta ed entro da Feltrinelli. Secondo me tutti quelli che sono qui la sanno la differenza, eccome se la sanno. Ok, ok, smettiamo di riempire la testa con questi stupidi interessi cromatici. Sei ferma ad Agatha Christie, perdio! E Ken Follett? Ok, ok.

Vincent Zandri, Vincent Zandri. Suona bene, non trovate? Vincent Zandri è sorridente, si sorbisce le varie interviste dove ribadisce più o meno gli stessi concetti in inglese tradotti poi in italiano, ma lo fa con fare gentile, con buon animo.

Vincent Zandri è uno scrittore americano di origini italiane che vive ad Albany, città a 140 miglia a nord di New York. Con i suoi libri noir è stato tra i best seller di Amazon Usa.

Vincent è di passaggio a Ferrara per presentare Moonlight Sonata, per la prima volta tradotto in italiano da Meme Publishers, la realtà franco-ferrarese di cui già abbiamo parlato qualche tempo fa, con sede a Parigi e staff operativo a Ferrara. Moonlight Sonata fa parte di una saga di romanzi che hanno per protagonista Richard “Dick” Moonlight, un investigatore privato. Dick è un ex poliziotto della squadra investigativa di Albany, la stessa città di Vincent.

Vincent, chi è Dick Moonlight? «L’ispirazione per il protagonista – spiega l’autore Vincent Zandri – mi è venuta dopo il secondo divorzio. Volevo un personaggio che si sentisse profondamente disperato, che tenta il suicidio, ma che poi all’ultimo ci ripensa. Il colpo intanto parte e il proiettile gli si conficca nel cervello, in una zona in cui risulta impossibile da estrarre. I medici lo avvertono di quanto sia rischiosa la sua situazione, poiché alla minima emozione o sentimento, il proiettile potrebbe muoversi creando danni letali. Ovviamente che fa? Ogni volta Dick è costretto a prendere una decisione importante e ogni volta la sua è una decisione sbagliata: in ogni romanzo diventa il protagonista di situazioni in rischia tutto pur di ricercare e scoprire la verità».

So che non si dovrebbe commentare un libro dalla sua copertina, ma non resisto. Vado quindi a vedere il sito di Vincent per avere qualche informazione in più e scopro una grafica e una impaginazione web che farebbe morire all’istante due o tre grafici di mia conoscenza. Anche le copertine nella versione americana sono nel pieno stile Kenfollettiano, ovvero: titolo giallo oro in rilievo con pesanti, pesantissimi font, teschi spesso e volentieri, immagini torbide e dai colori ‘fantasiosi’. Osservo dal kindle l’edizione Meme di Moonlight Sonata: è molto sobria, lineare. Tiro un sospiro di sollievo, la vecchia Europa ogni tanto si concede ancora il gusto del bello.

Moonlight Sonata è il secondo dei sette romanzi che finora completano la serie ed è il primo di Vincent ad essere tradotto in Europa e in Italia. Perché avete scelto di iniziare da questo e non dal primo? «La scelta – risponde Marco De Luca, direttore editoriale di Meme – è stata dettata semplicemente da una scelta stilistica, poiché il secondo è quello più cult, quello con l’approccio più forte. Inoltre il bello è che nei lavori di Vincent non c’è una vera e propria sequenza da seguire, perciò si riesce benissimo a partire da quello che più ispira il lettore». «Infatti – spiega l’autore Vincent Zandri – proprio per il fatto di non avere una vera sequenza cronologica, tendo a scrivere in ogni romanzo perché il protagonista abbia un proiettile piantato in testa, tanto che i lettori spesso mi scrivono: “ok, Vincent, abbiamo capito che Dick ha una pallottola nel cervello, ora basta!”».

Perché, Vincent, hai scelto una casa editrice che si occupa solo di digitale per approdare in Europa? «Io credo che se ignori il digitale sei un dinosauro. Gli americani amano certi tipi di oggetti, vengono visti come gadget immancabili. Non siamo fanatici come i cinesi ma quasi. Quando ho iniziato io a scrivere, ricevevo le mie copie dall’editore e dovevo guadagnare la mia parte vendendole. Se devo guardare al profitto personale, non posso che essere felice. Le royalties dell’autore sono cresciute enormemente con l’arrivo dell’ebook, perché i costi per la casa editrice sono di gran lunga inferiori. E poi chi se ne frega se è cartaceo o no: la cosa importante è che si legga. Se il kindle aiuta le persone ad avvicinarsi alla lettura, io sono ancora più felice. E poi sono convinto che il libro di carta non scomparirà. Prima pensavo che uscire in Italia con il digitale fosse prematuro, perché qui da voi non è ancora così diffuso. Poi l’ultima volta che sono stato a Roma ho visto un autista che leggeva dal suo kindle, e ho pensato: “è arrivato il momento”». Parlo poi con Marco Belli e Marco De Luca di digitale in Italia. «L’ebook – spiega Marco Belli della casa editrice digitale Meme – in Italia è tassato come ogni altro oggetto e non viene ancora considerato come un prodotto culturale a tutti gli effetti. In Francia, invece, l’Iva sul libro elettronico equivale a quella sul cartaceo. Per questo abbiamo deciso di aprire Meme a Parigi».

Quest’anno Vincent Zandri ha firmato un contratto di 30000 dollari con Amazon per il suo nuovo lavoro, “Everything Burns”. La Amazon ha da tempo preso Zandri sotto la sua ala protettiva; infatti tutti i libri della saga del detective Moonlight sono usciti per il colosso di Jeff Bezos. Vincent, com’è essere Vincent Zandri? Com’è essere tra i più venduti su Amazon Usa? «It rocks! It’s La dolce vita! È incredibile, è bellissimo. Lavoro dalla mattina alla sera e ti dirò che se scrivi tutti i giorni non hai di certo il blocco dello scrittore. Basta essere disciplinati. Prima lavoravo per la ditta di costruzioni di mio padre, ma ho capito presto che non faceva per me. Coi soldi della ditta, che andava bene, ho potuto permettermi di studiare. Ho letto i classici e ho studiato molto. Avevo anche appeso in camera la fotografia di Hemingway, sognavo di diventare come lui. Sai quella foto con lui con la barba e il maglione a collo alto? Per un periodo mettevo sempre il maglione a collo alto anche io, per assomigliargli».

Ho sentito dalle altre interviste che ti han fatto prima cosa ne pensi di Ferrara. Anche se è la prima volta che la visiti e suppongo sarai arrivato ora, da bravo scrittore hai detto che è una bellissima cittadina medievale. Vuoi dirmi qualcosa di simile così faccio contento il mio caporedattore che vuole un collegamento dell’articolo alla città estense? «Amo le città italiane e credo che Ferrara sia davvero molto bella. Da qualche anno ho un appartamento a Firenze, ma ti dirò che con tutti quei turisti mi sta davvero stancando. Chi lo sa, magari un domani mi trasferisco a Ferrara. Ora vado a pranzo e poi mi guardo in giro, chissà».

E i Bloody mary, vi chiederete voi? Beh, questo si che è un giallo! (O un noir?).

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