“Alchematogeno. Raccomandato e prescritto continuamente dalle autorità mediche”.

“La deliziosa superbibita”.

“Caffettiera Orso. La più economica, la più pratica, la più sicura”.

“Aquilas, caffettiere brevettate. Il tipo record è indicatissimo per viaggi escursioni ecc”.

Ci sono almeno quattro buoni motivi per visitare la mostra “Grafica pubblicitaria e oggetti rari della Ferrara del 900”, inaugurata sabato mattina nel Salone d’Onore del Palazzo Ducale (aka: il Municipio). Io a quell’evento sono arrivata in ritardo, nessuna traccia di mondanità, spazio quasi vuoto, i guardasale del Comune impegnati a sistemare le ultime faccende prima di chiudere baracca e burattini, dai che è quasi l’una e si va a pranzo.

Meglio così, che nella solitudine e nel silenzio ho potuto osservare con maggiore attenzione e agio i pezzi esposti. Meglio così, che sono riuscita a intercettare e intervistare con calma i curatori: Francesco Scafuri, storico, e Alberto Cavallaroni, collezionista.

Ma andiamo con ordine, ovvero torniamo ai tre o quattro buoni motivi (di cui spero il lettore terrà conto, considerando che la mostra resterà allestita fino al 22 novembre).

Motivo 1: Genius loci. La Ferrara evocata dai materiali esposti è una città dinamica e propositiva, partecipe del cambiamento. Inventa caffettiere dal design spaziale, produce il sapone usato dalla casa reale inglese, organizza nel 1947 – nell’immediato dopoguerra, questo è importante – un congresso sullo sfruttamento del metano. Sicuramente ha poco da spartire col luogo comune che disegna il capoluogo estense come un abitato lento e sonnolento, irrimediabilmente lontano dalla vita, immobile, paludoso. Mi domando: quando e come la città si è addormentata? Quando e perché ha rinunciato alla corsa, preferendo scomparire dietro al trito stereotipo della nebbia? E infine: siamo poi sicuri che questa corsa si sia arresa? E se invece, come un fiume carsico, avesse semplicemente continuato ad avanzare senza più essere vista, senza più essere riconosciuta? Il ferrarese – masochista – spesso sembra provare piacere nel seppellirsi sotto gli impietosi cliché che si auto-attribuisce, rivendica l’inerzia, considerandola intrinseca e inalienabile. Forse avrebbe bisogno di nuove narrazioni, meno lamentose, meno miopi, meno chiuse alla realtà – che era ed è in movimento.

Motivo 2: L’arte al servizio dell’impresa. L’esposizione comprende opere realizzate da nomi di tutto rispetto – nomi come Carlo Rambaldi, Marcello Dudovich, Filippo Romoli. I loro lavori – splendidi – dovrebbero essere presi ad esempio dai tanti convinti che l’arte possa esistere solo al servizio dell’arte, e dai tanti convinti che la comunicazione di impresa possa essere affidata a chiunque sia in grado di improvvisare locandine pastrocciando con i font.

Motivo 3: Che bella la pubblicità quando ancora faceva la pubblicità! Quando non doveva inventare complicati giochi di parole, scomodare George Clooney, vendere emozioni. Semplicità struggente.
Motivo 4: Curiosità da giocarsi al bar, quando non si hanno argomenti con cui intrattenere gli amici.  Hei, lo sapevi che proprio nello spazio vicino ai Giardini Sonori c’era una volta un glorioso saponificio che esportava in ventisette Paesi di tutto il mondo?

Foto di Francesco Scafuri e Anja Rossi

Ed eccoci al racconto di Alberto Cavallaroni, il collezionista che da solo ha fornito l’intero patrimonio esposto. Alberto ha iniziato ad appassionarsi di grafica pubblicitaria negli anni Settanta, prima si occupava “solamente” di libri e stampe antiche: «frequentavo già da tempo i congressi dei filatelici e dei numismatici, congressi dove in realtà si trova di tutto, non solo francobolli e monete. Si tengono due volte l’anno. Quando m’imbattei nei manifesti di una tipografia emiliana dismessa decisi di comprare tutto il materiale relativo a Ferrara, comincia da lì. Continuai a raccogliere materiale frequentando i mercatini, non solo nel ferrarese ma anche in provincia di Bologna e di Rovigo. Adesso c’è internet, acquisto tramite eBay, ma nei primi anni Ottanta funzionava così, le conoscenze erano importantissime. Avevo amici che quando vedevano qualcosa che sapevano mi sarebbe interessato mi telefonavano, compravano l’oggetto per me e poi quando ci incontravamo me lo consegnavano. Nel circolo dei collezionisti bolognesi mi introdusse Pederzani, trovai delle cose da impazzire. Arrivavano venditori da tutta Italia e ti proponevano il pacchettino già confezionato su misura, sapevano cosa cercavi e te lo mettevano da parte. Io compravo tantissime cartoline, all’inizio cinquanta pezzi non costavano niente».

Cavallaroni infatti è anche il maggiore collezionista di cartoline ferraresi, e nel 1979 ha pubblicato uno dei primi libri italiani dedicati a questo tema, “Ferrara nelle cartoline illustrate 1895 – 1945”, edito dalla Banca di Credito Agrario. Il volume non è più in commercio, si può trovare in qualche bancarella di libri usati oppure prendere in prestito dalle biblioteche – «mi sono specializzato in quelle del capoluogo estense, c’è chi ad esempio si occupa solo di vedute, io invece considero tutte le tipologie, come ad esempio quelle sul palio. Per quanto riguarda la provincia ogni comune ha il suo collezionista».

La sua “fame” di cimeli è insaziabile: dai cartelloni pubblicitari si è allargata a comprendere gli oggetti reclamizzati. Per questo oggi a Palazzo Ducale è possibile osservare non solo manifesti e locandine, ma anche caffettiere, fanali, scatole portasapone e tanti altri piccoli gioielli. «Non è stato facile trovare i cartelloni, dopo l’uso venivano buttati via. Quello che è rimasto proviene più che altro dalle stamperie chiuse, o da qualcuno che ha conservato l’esemplare, magari piegandolo e infilandolo in qualche libro. La carta è un materiale sensibile, per questo per esporla l’abbiamo incorniciata come si fa con la tela, per tirarla. Franco Antolini mi ha aiutato nel restauro, c’era qualche buco da riparare».

La mostra accoglie solo una parte del patrimonio raccolto negli anni da Cavallaroni, il quale segnala a Listone Mag alcuni pezzi unici particolarmente importanti: la pubblicità su lamiera de La Deliziosa; il manifesto della prima esposizione d’arte a Ferrara, ideato da Carlo Parmeggiani negli anni Venti; le opere dal pittore Mario De Sisti; la monografia autentica, realizzata da Carlo Rambaldi, dedicata allo sbardo paracadutistico della marina italiana conosciuto come operazione Herring.

Sottolinea Scafuri: «il bello di questa mostra è che cattura il visitatore in modo sempre diverso, colpisce l’ingegnere che apprezza la costruzione tecnica dei manufatti, l’architetto si sofferma sul dato grafico, per il ferrarese in generale è bello poter scoprire un passato di cui s’è spesso s’è persa la memoria. Questa collezione è nata ed è cresciuta proprio come atto d’amore nei confronti di Ferrara e della sua storia».

2 Commenti

  1. pp scrive:

    ciao, è possibile conoscere gli orari della mostra?è gratuita o c’è un biglietto da pagare?grazie mille

    • Eugenio Ciccone scrive:

      Ciao! È gratuita e visitabile nei normali orari di apertura del Municipio, puoi trovarli sul sito del Comune di Ferrara!

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