Sul programma del festival, c’è scritto “graphic novel”, ma io non so che aspettarmi da una serata come questa, dove da ore ricevo notizie di sovrabbondanza di pubblico e di frettolosità nell’accaparrarsi un famigerato tagliando per l’ingresso. Pur frequentando poco il mondo del fumetto, conosco la fama del personaggio, e so che in questa serata non presenterà di certo una nuova uscita editoriale o nell’ipotesi un qualche nuovo esperimento cinematografico. Per cui dopo aver abbandonato una birra e un paio di amici, mi dirigo verso il Mercato coperto, dove la vivacità dello staff mi fa avere un posto a sedere tra le prime file, per scoprire di cosa si discuterà.

Ed eccolo lì il tanto atteso Gipi, occhiali da vista neri e maglia a righe stile marinaio, vicino al piccolo palco allestito, mentre vengono tolti tavolo ed alcune sedie. Forse troppo esosi per una chiacchierata in amicizia. Basta l’essenziale, due sedie, due microfoni e grande spirito, per dar vita all’appuntamento conclusivo del primo giorno del Festival di Internazionale. 

“Dove ci eravamo lasciati? Lo abbiamo fatto con un film se non sbaglio.”

Esordisce il direttore Giovanni De Mauro.

“Si, un dvd rotto, dove non si riusciva a vedere il finale. Passiamo ad altro che mi imbarazzo” risponde Gipi. Il film in questione è “L’ultimo terrestre”, che dopo aver ricevuto 15 minuti di applausi al Festival del cinema di Venezia nel 2011, è stato un flop al botteghino.

“E’ uscito dopo il festival e non c’è andato nessuno a vederlo. Solo la mi mamma, anzi no, mi sorella, perché mi mamma è vecchia!” esclama l’autore.

Dal primo film diretto. Parte da qui la lunga chiacchierata tra i sorrisi dei due sul palco. La descrizione del lavoro sul set, la solitudine del dover dirigere una squadra di 49 persone. Forse la stessa condizione di solitudine che si ha nel momento in cui si disegna un fumetto, chiusi nella propria stanza davanti ad un foglio bianco. Il racconto di un cortometraggio pazzo, una scusa utile per smettere di fumare (Smettere di fumare fumando ndr) – “anche se poi ho ricominciato” – e le sfide ai videogiochi per girare il film “Wow”. Perché smettere di fumare è difficile, un po’ come smettere di disegnare. Poi succede che al posto di giocare ad un videogioco “il tuo sedere ha avuto il desiderio di stare in un’altra condizione”. L’autore descrive così la nascita delle prime tavole di “unastoria”. Un po’ per caso, un po’ per esigenza, ma questo fumetto improvvisato, è stato selezionato tra i 12 libri finalisti del Premio Strega, sui cinquemila proposti. “Non avevo il coraggio di chiedermi quello che stavo facendo” dice “non ho cambiato niente dalle tavole iniziali”.

Foto di Lucia Ligniti

Nel frattempo un lavoro in carcere con dei corsi di disegno, dopo averci passato anche qualche nottata in gioventù. Un metodo per “spegnere” la parte sinistra del cervello ed usare solo quella destra. Un romanzo quasi pornografico con grandi case editrici che lo richiedono, appena concluso. I litigi su Facebook con i grillini, ed il trasferimento a Roma con un simpatico Brunetta come vicino di casa. Si articolano questi temi nelle risposte dall’accento toscano di un esplosivo Gipi. Humor e serietà di argomenti personali si dividono. Sketch e battute. Parole dette con onestà, come fossimo tanti amici seduti al bar di fronte ad un buon caffè.

Dopo le delusioni cinematografiche e le turbolenze del passato, ora Gipi si dice felice. La paura di una delusione serpeggiava anche tra alcune ragazze che incontro a fine serata, uscendo dal Mercato coperto. La paura di una delusione per le aspettative riposte nel Gipi uomo, idealizzato a partire dalla lettura dei suoi fumetti. Ma non c’è stata, anzi una di loro mi confida: “la sincerità delle sue parole me lo hanno fatto ulteriormente rivalutare”. Ed io che non sapevo cosa aspettarmi, alla fine non ho visto tavole o disegni e nemmeno spezzoni di film, ma ascoltato semplicemente parole. Che fanno stare bene.

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