A cosa pensate se dico Serbia? A una nazione della penisola balcanica. Giusto. Alla guerra del ’99. Vero anche questo. Alla cultura slava, agli zingari, alle bombe. Malgrado Belgrado insomma. Si vede, però, che non avete conosciuto Milica Vlajin. Era a Ferrara fino a qualche giorno fa.

Ventuno anni, apparecchio ai denti, top colorato, timida e risoluta come solo i ventenni sanno essere. Se l’aveste conosciuta avreste sentito parlare delle navi discoteca ormeggiate a Belgrado, delle sue strade in salita, delle colline e delle sue notti brave. Milica è l’esempio vivente di un’altra Serbia.

L’ho conosciuta in un lunedì sera ferrarese, placido come un gatto che dorme davanti al camino. Milica arriva insieme a Ajla Vasiljevic, rappresentante dell’AIESEC. Che cos’è l’AIESEC? E’ l’associazione no profit più grande al mondo, nata nel dopoguerra, nella scia utopica di intrecciare rapporti amichevoli tra gli stati. Da decenni pianifica e organizza esperienze lavorative all’estero per gli studenti. Un’associazione di universitari per universitari, vietata a chi ha più di trent’anni. A Ferrara il comitato locale è stato fondato da due studenti di economia, Paolo e Lollo.

«Ajla, cosa può fare uno studente che parte con AIESEC?»

«Noi offriamo due possibilità: uno stage di puro volontariato o uno più lavorativo, più lungo, in collaborazione con aziende partner. Si va da un minimo di tre mesi a un massimo di dodici mesi. Cosa si può fare? Qualunque cosa, dipende dalle proprie attitudini e competenze. Le possibilità sono tantissime: una volta, in Svezia, l’Electrolux ha offerto un lavoro di un anno. E lì gli stipendi sono da fantascienza rispetto ai nostri. Si può scegliere qualsiasi meta. Anche India o Nuova Zelanda».

«Quante richieste avete ricevuto nell’ultimo anno?»

«In un anno abbiamo ricevuto circa duecento candidature. Poi, però, sono partiti in diciassette. È un dato molto buono considerando che a Ferrara il Comitato locale opera da meno di due anni e che la città, seppure sia un centro universitario, è molto più piccola di Bologna o Padova, che sono qua a due passi».

Foto di Giulia Paratelli

«I ventenni ferraresi hanno paura di partire?»

«Beh, non so se si tratti di paura, ma penso che ai giovani qua manchi l’abitudine di partire, lo vedono come qualcosa di troppo faticoso e che porta via troppo tempo. Molti escludono la scelta a priori per dare la priorità alla loro vita quotidiana e alla costante presenza degli esami. Invece penso che partire possa paradossalmente far guadagnare tempo e, senza dubbio, arricchire il proprio curriculum».

«Cosa deve fare uno studente che vuole partire?»

«Può venire a trovarci su appuntamento nel nostro ufficio nel Dipartimento di Economia, in Via Voltapaletto 11. Studieremo insieme una soluzione personalizzata».

«Come fece Milica all’università di Belgrado?»

«Sì» risponde Milica. «Mi sono rivolta all’ufficio Aiesec Belgrado, che ha inserito il mio profilo sul network» racconta Milica. Successivamente Aiesec Ferrara, dopo aver creato il progetto con IBO, associazione di volontariato di cooperazione internazionale che accetta turisti stranieri ha cercato il profilo di una stagista ed è stata trovata Milica sul network. Il profilo è stato quindi fornito da Aiesec ad IBO (l’alloggio e il disbrigo delle pratiche sono sbrigati dal comitato Aiesec ospitante) e Milica ha iniziato a lavorare al progetto. Ajla spiega: «IBO organizza tirocini e attività per studenti stranieri. La sede nazionale è a Ferrara, le due associazioni collaborano insieme».

Arrivano gli Spritz e il vetro dei bicchieri arancioni interrompe la conversazione. «Ah, una delle cose più belle d’Italia!» esclama Milica sfregandosi le mani.

«Milica, quando sei arrivata in Italia e di cosa ti sei occupata?»

«Sono arrivata a metà luglio per un’attività di volontariato di due mesi. Mi sono occupata dell’organizzazione dei volontari del Buskers Festival. Reclutavo i volontari per il “Grande Cappello”, un’iniziativa che organizzano IBO e Ferrara Buskers per raccogliere i soldi per finanziare i progetti IBO e per sostenere il Festival. Selezionavo i ragazzi, scendevamo nelle strade insieme. E’ stata un’esperienza unica. Lo stage non è stato per niente difficile e mi sono divertita. Per tutto il soggiorno sono stata ospite di una signora volontaria dell’IBO. C’erano alcune regole da seguire in casa ma è andato tutto bene».

«Era la tua prima volta in Italia?»

«A Ferrara sì. Ma l’Italia la conosco già. Sono stata in tournée con il mio gruppo di ballo a Reggio Calabria. Ballo le danze tipiche serbe».

«Parlaci della tua città. Belgrado-Ferrara. Il paragone impossibile».

«Assolutamente. Belgrado ha tre milioni di abitanti e Ferrara è l’antimetropoli, nel bene e nel male. E’ piccola, si gira bene in bici, è tutto vicino, c’è una qualità della vita da far invidia. Ferrara, semmai, assomiglia di più a Novi Sad, una cittadina serba che significa nuovo giardino».

«Trasferirsi in un altro paese non è sempre facile. Cambiano i riferimenti relativi alla cultura di appartenenza, bisogna inserirsi in un nuovo contesto. Quali sono stati i tuoi shock interculturali?»

«So che sembra stupido da dire ma il cibo mi ha dato qualche problema all’inizio. Non riuscivo a concepire la colazione italiana. Si mangia troppo poco e solo dolci. Io ero abituata a wurstel, maionese e ketchup. Il bello è che ora ho cambiato gusti, sono diventata dipendente dalle pasticcerie e dai cornetti!»

«C’è qualcosa che non ti è piaciuto di questa città?»

«Mah» fa spallucce «nulla di grave. Magari, ecco, i ferraresi la sera sono troppo tranquilli. Sono abituata a ritmi notturni più metropolitani».

«Perché, secondo te, Belgrado non viene vista come una meta turistica? E’ raro sentire un amico che ci va in vacanza».

«Perché non ci sono voli low cost e i treni non funzionano bene. E poi rimane sempre l’associazione con la guerra. Per carità, lo capisco, è normale. Però, vedi» dice mostrandomi le braccia «Quando sento parlare della mia città mi vengono i brividi. E’ bellissima».

Un’esperienza all’estero a vent’anni è irripetibile, è la vita che spinge e indietro non si torna. Essere giovani significa essere in costruzione. Attenzione, però, ai dettagli: Il viaggio è a carico di chi parte, per questo pensateci bene prima di sognare l’Australia, anche se l’AIESEC e l’IBO provvedono all’alloggio gratuito e al disbrigo delle pratiche burocratiche. Per quanto riguarda l’AIESEC bisogna pagare una quota fissa di 250 euro, forse un po’ cara per uno studente universitario. C’è anche un progetto per chi il passaporto non lo vuole rispolverare: è il progetto GLOBAL FAMILY, un programma che permette di ospitare uno stagista straniero a casa propria per un periodo di sei settimane.

Chiediamo a Ajla chi sarà la prossima stagista. «Paula» ci risponde «dalla Romania, effettuerà uno stage professionale presso una scuola di lingua, insegnerando inglese agli italiani». E Dio sa se ce n’è bisogno.

L’entusiasmo di Milica e la professionalità di Ajla possono riassumersi così: “Caro studente, hai meno di trent’anni e vuoi restare a casa? Ma anche no!”

Per saperne di più: http://aiesec.it/lc/ferrara – http://www.iboitalia.org/it/

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