Parto per un viaggio on the road nel Nordeuropa. Germania, Olanda e Belgio. In ogni stato che attraverso vedo la loro nazionale vincere e sembra già la fine dei mondiali. Poi torno a casa. Torno nella mia città. Che è piccolina ma tanto caruccia. Torno da un Eurotrip e quello che mi è mancato di più non è il cibo, non è il mio letto che è comodo e non ha le pulci come quello dell’ostell: è il bidet. Che ha il nome francese ma in Francia manco sanno cos’è.

E un po’ ti scende sai, dopo che hai visto così tante cose. Dopo che le orecchie e il cervello si sono abituati a tutte quelle diverse lingue e quelle assurde grammatiche. Dopo che hai camminato talmente tanto da bucare le suole delle scarpe stare seduto sul muretto del castello a guardare il passeggio fa strano. Fa strano pagare una birra media cinque euro. Fa strano il sabato sera in centro. Perché qui da noi il mare è a due passi e la gente si riversa là. Almeno per una sera.

C’è la crisi anche questa estate. E allora l’unica cosa saggia da fare è svagarsi appena possibile. Magari immergere le pudenda nell’acqua per stare freschi. Fa strano non trovare più Pino Insegno a condurre Reazione a Catena. I grilli che sviolinano tutto il pomeriggio.

Il mio amico Fede studia a Colonia. Ero andato a trovarlo. Lui è uno di quelli che «è meglio sempre altrove che casa tua». Non sono d’accordo. Sì certo. Sei in una grande città. Una città che non dorme mai. Ma a me dormire piace. Forse pure troppo.
Mi piacciono i ghiaccioli al tamarindo. Prova a trovare un ghiacciolo al tamarindo in Germania.
Mi piace l’anarchia delle nostre biciclette scassate e vecchie. Là sfrecciano su citybike ultramoderne, con il caschetto in testa, e occhio a uscire dalle linee della ciclabile.
Mi piace il ristorante italiano che fa davvero cucina italiana.
Mi piace che qui non mettono le patatine fritte ovunque.
Mi piace che qua non producano la Coca-Cola alla ciliegia.
Mi piace meno la crisi.

Gli italiani all’estero? Sono i boss. Sono come i funghi, li trovi dappertutto. E tutto il mondo lo sa che siamo i migliori. Se solo non ci facessimo la guerra in casa nostra.

Inforco la bici per la prima volta dopo un tempo che mi sembra infinito. E inizio a pedalare per
la città. Quest’aria buona che sa di Montedison. E vedo che tutto in città è vivo, o sopravvive.
Quanto è vero per davvero che ci si fa la guerra tra vicini e non ha senso.
Quanto amo il ciotolato della piazza che ti fa male al culo ogni pedalata.
Quanto amo il gesticolare sincopato che accompagna la frase. Che poi è quella la frase e le parole escono dalla bocca solo come contorno al nostro teatrino.
Una questione culturale. Una questione gutturale. Siamo tutti figli di Carmelo Bene, volenti o nolenti.
A che serve quest’aria da intellettuali che ci circonda come la nebbia alle sei di mattina…

Mi viene in mente Toto Cutugno che canta l’Italiano e i critici non capiscono che è la canzone più autocritica che c’è.
E se vai a cercare fortuna in America ti accorgi che l’America sta qua. La crisi però ti mette in ginocchio come l’asfissia da caldo e il bagno ai lidi lo farai un’altra volta.
Mentre tutti vorrebbero essere ganzi come noi, per davvero.
Come l’alunno discolo che ha i bei voti in pagella e i compagni non lo sopportano.
E mi perdo completamente. Tra il parco urbano reggae, il Reload rockenrolle e la piazza formicaio.

È bello. Non esiste un altro posto così. Mi mancavano i muri rossi.E gli abbracci. E i “Maiallll”. Sibbel. There’s no place like home. Ma casa mia è anche meglio. Basta solo riconoscerlo.

1 Commento

  1. Artemisio Martegutti scrive:

    I grilli che sviolinano tutto il pomeriggio. I grilli. Il pomeriggio. Forse alludi al M5S?

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