“Chi suona stasera?”, mi chiede un signore sotto il Savonarola, incuriosito.
“I Franz Ferdinand”, gli rispondo pronta.
Lui mi guarda, sospira. “Ah, sono inglesi allora?”
Gli dico, “non so, penso di sì. Ora chiedo ai fans”. Vado a chiedere ai ragazzi in fila e torno dal signore.
“Sono di Glasgow, mi dicono”.
“Ah, di Blaslov, bene bene. Bravi”.

Ecco, tutto quello che sapevo dei Franz Ferdinand prima del loro concerto assomigliava molto a quello che sapeva questo signore. Pronunce a parte. Questo finché non è arrivato R.

Ma partiamo dall’inizio.

La giornata dei Franz a Ferrara inizia per me alle cinque, momento in cui io Luciana e Carlotta iniziamo il lavoro. Il nostro lavoro consiste nel distribuire quelle famose caramelle gommose a chi è in fila al concerto. La settimana scorsa avevamo fatto il concerto dei Bastille ma ora è diverso, il pubblico lo è. Ogni concerto ha le sue dinamiche e la sua schiera di affezionati. D’altronde, distribuire le caramelle gommose ti fa vedere molte cose che non vedresti a un concerto. Gente che è partita da tutta Italia per arrivare a Ferrara alle nove di mattina, ragazzi con accenti differenti che dialogano tra loro per far passare il lungo tempo prima dell’apertura dei cancelli. Un ragazzo, sulla ventina, è seduto in fila e legge Ragazzi di vita di Pasolini. Quella copertina rossa la riconosco subito, lo guardo ammirata. Gli do altre caramelle, come per ringraziarlo di qualcosa. Il tempo scorre più velocemente, oggi. C’è chi gioca a carte, chi si ferma a guardare la fila e afferma sospirando “mi ricorda me, alla loro età. Eh, io a trent’anni mi sono vista i Rolling Stones a Napoli, sai?”.

 

Foto di Carmen Ciclamini

Poi ci sono i curiosi. Molti curiosi. “Ma perché quelli sono tutti lì in fila?” mi chiede un turista. “Perché a Ferrara sono tutti matti” rispondo seria. Lui mi guarda, basito. “No scherzavo. C’è un concerto”. Gli do qualche caramella.

A un certo punto vedo uno dei ragazzi della security andare verso la fine della fila. Prende il cellulare e scatta una foto. “Fotografo il mio ultimo concerto – mi dice -, fotografo la mia Ferrara”. Cosa fai tu quando non sei qui?, gli chiedo. “Di lavoro, per vivere, faccio il facchino negli hotel. Però appena posso prendo dei permessi e vengo qua, è una vera passione per me. E questo è l’ultimo concerto, per quest’anno”. Gli occhi gli si illuminano mentre mi spiega un pezzettino della sua vita. Mette via il cellulare mentre gli altri colleghi lo chiamano e gli chiedono “Ma le piade col salame dobbiamo sequestrarle? Passo”. “No, no. Le piade col salame le dai a me. Chiudo”. Se la ridono. Ritorna a controllare la fila, impassibile. Si avvicina il momento dell’apertura dei cancelli.
Dicevo. Tutta colpa di R.

Che poi colpa… Diciamo che tutto capita perché incontro R. vicino al cannone in fondo a piazza Castello. Da lì vediamo poco, il concerto è andato sold out e la gente arriva fino al baracchino delle birre. “Perché invece di star qui non proviamo a raggiungere la prima fila?”, mi dice, dopo poco. “La prima fila?”, gli ribatto io. “Tu sei pazzo, ma non vedi quanta gente c’è?”. È serio. O meglio, ha in faccia quel tipo di serietà che si ha nel momento in cui in testa c’è già un “dai, facciamolo!”.

E lo facciamo, gli metto le mani sulle spalle e varchiamo la soglia, ci facciamo spazio tra la gente. Il caldo aumenta, ma sembra non essere così importante. Sempre più veloci, sempre più divertiti, sfrecciamo in avanti. Chiediamo permesso e scusa e avanziamo, fino ad arrivare alle prime file. E il concerto è lì, lì davanti a qualche passo da noi. Vediamo le loro facce i loro strumenti. Quelli sono i Franz Ferdinand. La gente intorno a noi è sudatissima, balla e ci sommerge. Balliamo anche noi e saltiamo. Facciamo finta di conoscere le canzoni a memoria e inventiamo coretti con parole a caso, alzando le mani a ritmo. A un certo punto ho pure la chiara sensazione che perderò entrambe le scarpe nella bolgia, ma quasi non mi importa. Il concerto mi sta piacendo molto, da lì sotto. Ed è proprio lì che capisco una cosa importante. Guardare i concerti davanti, tra la gente sudata e felice, fa bene alla salute. Pogare ai concerti che non avresti mai detto, sgolarsi e ballare anche se sono concerti di gruppi di cui non sai neanche una canzone, fa bene all’anima.

Torniamo indietro durante i bis, le ultime canzoni le lasciamo ai fans (quelli veri). Ripercorriamo a ritroso il tragitto che dal sottopalco ci porta verso il fondo di piazza Castello. Siamo sudatissimi, ma felici.

“Il più bel concerto della mia vita!” Mi urla R. sorridendo. “Il più bello dopo quello dei Pink Floyd”, aggiunge subito dopo. Ce la ridiamo. Ma quali Pink Floyd. Ferrara sotto le stelle è anche questo. I ciottoli sotto di noi, il cielo stellato sopra di noi.

In fondo è così. Le cose belle si fanno in due. Le cose sceme, anche.

2 Commenti

  1. bassan emanuela scrive:

    Bell’articolo, scanzonato quanto basta, ma molto simpatico. Leggendolo sembrava aanche a me di essere sotto quel palco, purtroppo non ho visto il concerto dal vivo.

  2. Artemisio Martegutti scrive:

    “Pogare ai concerti che non avresti mai detto, sgolarsi e ballare (…) fa bene all’anima”

    Goodbye my daaaaarlinng (coro) goodbye my looovve

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