Il mio incontro con l’attore e regista Antonio Tassinari risale a un pomeriggio piovoso, sul finire dello scorso febbraio. Cercando del materiale storico su piazza Trento e Trieste in occasione del progetto Backup di una piazza, m’imbatto nelle attività del Gruppo Teatro Comunitario di Pontelagoscuro, di cui Antonio era responsabile dal 2006. L’appuntamento, lo concordiamo via mail. Percorro in macchina via Ricostruzione, mi lascio dietro il Teatro Nucleo, e svolto a sinistra per parcheggiare. Pochi passi, aggirando le pozzanghere, e raggiungo l’ingresso. Fra i suoni e le voci che colorano i laboratori, qualcuno viene incontro ad aprirmi la porta. Il buonumore del suo accento fiorentino mitiga l’attrito del temporale fuori. Il tempo che vola, saltellando fra innumerevoli argomenti, mi restituisce l’immagine di una persona che crede nei progetti che coltiva.

Cerco una parola chiave, al termine della conversazione con lui, e non posso fare a meno di ricorrere al vocabolo ‘memoria’. Ogni dettaglio, qua attorno lo richiama. I ‘murales partecipati’ che rivestono le due facciate del Teatro Nucleo, il nome di Julio Cortazar, posto in cima all’ingresso, perfino il pulmino dal quale Antonio estrae, per farmene dono, un libretto con il cd di canzoni utilizzate nei suoi spettacoli. Nella raccolta ‘Noi siamo qui’ ci sono i testi originali, scritti da lui e adattati ad arie della tradizione popolare, colonna sonora delle esibizioni del Gruppo Teatro Comunitario di Pontelagoscuro. Gruppo del quale Antonio è stato coordinatore, come già ricordato su questo sito un anno fa nell’intervista di Andrea Musacci.

Il lavoro sulla memoria è una prerogativa del Teatro Comunitario, che tramite lo strumento del canto corale dà vita a una condivisione collettiva. «La memoria – sottolinea un passo di una pagina della raccolta – è quella materia che, trasformata attraverso l’atto creativo, è riportata in vita con i corpi, con le voci, con le anime che si mettono in gioco; da sterile ricordo nostalgico si trasforma in una sorta di specchio epico della comunità, il suo esercizio cura e cicatrizza ferite, è la miccia per creare e trasformare il presente». E dal 2010 questo lavoro sulla memoria si traduce in un’azione teatrale che si svolge su un luogo storico di Ferrara, piazza Trento e Trieste. Dietro il nome di ‘LiberAzione’, infatti, si rinnova un evento itinerante ormai consolidato con la città estense.

L’intervista che segue è il breve resoconto di quel pomeriggio. Ma è anche un omaggio di Listone Mag a un uomo e a un artista che ha creduto nell’importanza dei rapporti umani. Da ieri, Antonio non c’è più, una malattia grave lo ha strappato ai suoi affetti. Eppure mi piace pensare che nel mondo che lascia, ci sia sempre un momento per fermarsi a riflettere. Per continuare a sorprendersi. Per non smettere mai di discutere della politica, del teatro, della vita.

Per gentile concessione di Antonio Tassinari


Come è nata l’idea di realizzare ‘LiberAzione’?

«Nel 2010 Daniele Civolani, preside della scuola media di Pontelagoscuro, ci contattò per proporci di realizzare un’iniziativa teatrale dedicata al 25 aprile».

Perché venne scelta Piazza Trento e Trieste?

«Il riferimento è a un episodio storico avvenuto il 24 aprile 1945. In quel giorno la cittadinanza di Ferrara accolse i partigiani e le truppe inglesi, salutando il loro arrivo come un ritorno alla pace. I soldati inglesi attraversarono il Po di Volano ed entrarono nella città di Ferrara passando per via XX settembre, via Carlo Mayr, Porta Reno fino ad arrivare appunto nella festosa piazza Trento e Trieste. Quindi con la nostra azione teatrale abbiamo voluto rievocare proprio quel percorso».

Come mai è definita azione teatrale?

«L’intento è di rappresentare qualcosa che non sia un semplice spettacolo o una celebrazione agiografica, ma appunto un’azione che serva a ricreare l’emozione di quel giorno».

Quanti attori coinvolge?

«Sono circa sessanta gli attori non professionisti del Gruppo Teatro Comunitario, di tutte le generazioni, che partecipano all’azione teatrale, accompagnati dalla banda musicale di Cento».

La partecipazione è aperta a tutti?

«Certo. Con il tempo, peraltro, cambiano anche alcuni partecipanti all’azione teatrale. L’intenzione è lavorare per affermare sempre di più il senso di inclusione».

Quanto è difficile mettere in scena un’azione corale itinerante?

«Il lavoro richiede un periodo di prove che effettuiamo qui a Pontelagoscuro. Qualche giorno prima dell’evento io vado a fare una sorta di sopralluogo in piazza per verificare che sia tutto a posto, anche per via del passaggio, durante l’azione, di alcuni veicoli d’epoca».

Su cosa si è soffermato prevalentemente il tuo lavoro?

«Io ho lavorato molto sulle immagini. Penso al bacio, storicamente avvenuto in via Carlo Mayr, fra la ragazza ferrarese e il soldato inglese. Oppure alla mamma che dà il suo bambino in braccio al soldato inglese».

Quale è stata la prima reazione dei cittadini?

«Alla prima nostra messa in scena, nel 2010, c’è stata una partecipazione incredibile da parte della gente».

L’appuntamento rimane invariato ogni anno?

«Io cerco sempre di inserire nella scrittura scenica qualche elemento di novità. Nel primo anno, per esempio, pensai a delle ceste piene di fiori lungo il listone».

Che ruolo hanno la musica e la danza?

«Servono a ricreare l’atmosfera di gioia di quel giorno. Anche nel caso delle musiche originali su melodie di tradizione popolare da eseguire, cerchiamo di modificare qualcosa ogni anno».

E la funzione del teatro in quest’ambito?

«Restituire alle piazze il loro ruolo. Il teatro è un’arte che comprende tutto, è un lavoro di costruzione dei rapporti. Fra il palcoscenico e gli spettatori c’è il teatro».

Ci sono nuove iniziative che riguardano il Gruppo Teatro Comunitario di Pontelagoscuro?

«Greta Marzano ed Erica Guzzo sono le giovanissime autrici del libro ‘Un’avventura utopica – Teatro e trasformazione nell’esperienza del Gruppo Teatro Comunitario di Pontelagoscuro’. Un volume, edito dalla Titivillus, che ripercorre il nostro lavoro di ricerca sul senso di essere comunità».

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