Al limite nord di Copparo, sulla via per andare a Ro, si erge all’interno di un grande parco, un edificio che più che una casa assomiglia a una fabbrica, solitaria rispetto all’ambiente circostante. Fin dalla prima occhiata il materiale dominante è il mattone rosso, elemento tipico dell’ambiente campagnolo. Arrivando all’ingresso principale una grande scritta ti aspetta sulla porta: “Bighi”, con quel font così atipico, firma inequivocabile del padrone di casa. Progettata dal suo poliedrico proprietario Dante Bighi che la fa costruire nel 1963, unico esempio in zona di quel movimento riformista definito International Style, che ha attraversato tutta l’Europa e che vede tra i suoi esponenti Le Corbusier, Frank Lloyd Wright, Walter Gropius e in particolare Alvar Aalto.

La villa si staglia isolata al centro di un grande parco, la sua pianta architettonica si fonda su una doppia L, altro elemento influenzato dalla corrente europea dell’International Style.

Costruita inizialmente per essere abitazione privata, poi convertita a residenza di campagna per il fine settimana e infine trasformata in opera d’arte essa stessa dove fare e parlare di cultura, ideare ed esporre opere di arte contemporanea, funzione che tuttora ricopre grazie all’impegno dell’Associazione Dante Bighi.

Il parco nella quale è immersa diventa parte integrante della costruzione architettonica, la Natura è fonte primaria di ispirazione e riflessione morale. Ecco allora che l’interno della casa offre angoli in cui ci si confonde con l’esterno, il prato continua sul pavimento con una moquette verde e solo una grande parete di vetro li divide. E lo spettacolo diventa la natura e la sua forza, la sua capacità di modificare lo stato delle cose: una FIAT 500, ultima macchina di Bighi è lasciata invecchiare nel parco, vicino una grande elica di nave. Tutte le opere strizzano l’occhio anche alla grande innovazione duchampiana del Ready Made: la decontestualizzazione degli oggetti dal loro ambiente familiare.

Gli ambienti interni sono cambiati nel tempo, insieme alla destinazione d’uso della Villa: inizialmente suddivisa in due appartamenti uno destinato a ospitare Dante Bighi e la famiglia e l’altro per il fratello Donato. Nel 1985 la Villa si trasforma in galleria d’arte e di conseguenza anche i suoi spazi cambiano, le parti strutturali diventano parti integranti dell’arredamento e opera d’arte esse stesse colorandosi di rosso e nero, ispirandosi alle creazioni di Sol Lewitt e Theo van Doesburg. Gli ambienti si popolano di pezzi di design e ospiti internazionali del panorama artistico iniziano a frequentarli. L’appartamento del fratello è destinato a spazio privato per l’Ammiraglio della Marina Militare Massimo Benedetti, amico e compagno di viaggio di Dante Bighi. La passione per il mare e la navigazione ritorna in più elementi sia all’interno sia all’esterno: i corridoi ricoperti di legno scuro con piccole finestre ricordano i velieri, una finestra rotonda gli oblò, l’ancora all’ingresso, l’elica nel parco, i libri fotografici pubblicati dall’artista dedicati alla Marina Militare Italiana. Oggi l’aspetto della casa è frutto di un rigoroso studio e recupero filologico basato su testimonianze fotografiche e racconti orali.

Foto di Eugenio Ciccone

Ma chi era il progettista e artista della Villa? Dante Bighi nasce a Copparo nel 1926, a metà degli anni Cinquanta si trasferisce a Castiglione Olona dove rimane fino al 1960, per poi andare a Milano dove fonda il suo “Studio grafico e di consulenza tecnica”. Durante il periodo milanese realizza l’immagine coordinata e i loghi di importanti marchi, tra i quali PAM Supermercati, Università Bocconi, Touring Club, Illy Caffè, portando avanti una cultura del progetto visivo che lo contraddistingue quale importante esponente della Milan School. Inizia a frequentare la Galleria Apolinnaire, diretta da Guido Le Noci, dove incontra Pierre Restany che diventerà suo fedele amico, inseparabile compagno di viaggio e con cui collaborerà all’interno di D’Ars, una delle prime riviste di arte contemporanea edite in Italia, di cui realizza il restyling grafico nella metà degli anni ottanta.

La presenza di Restany, fondatore del movimento del Nouveau Réalisme all’inizio degli anni ’60 traspare nelle opere di Dante Bighi. Egli infatti, non è solo un grafico, ma un artista eclettico che si confronta con diverse tipologie espressive grafiche, fotografiche, architettoniche, artistiche tutte accomunate da un denominatore comune: il viaggio, un viaggio attraverso il quale ricercare nuove ispirazioni e un viaggio attraverso cui incontrare e conoscere nuove culture.

Nascono così i “libri oggetto” e le Teche di plexiglass: testimonianza concreta dei suoi itinerari e dei suoi incontri.

Gli imponenti e maestosi “libri oggetto”, alcuni acquisiti dal MART di Rovereto, sono volumi in grande formato con copertine realizzate in materiali ricercati e insoliti: Elogio della pianura, opera fotografica caratterizzata da un formato lungo e stretto del 1971 dedicato alla campagna emiliana; Milano Vive del 1973 contraddistinto da una copertina in vetro temperato che presenta immagini della città meneghina e di alcuni suoi illustri abitanti con foto in cui il bianco e il nero sono completamente desaturizzati e non lasciano spazio ai grigi. Infine, il più imponente India Prega del 1978 che scaturisce dai viaggi fatti con l’amico Restany, in questo caso è autore anche delle immagini e lo produce in due versioni, di cui una con copertina con bassorilievi in legno raffiguranti scene dell’iconografia religiosa indiana. Tutti i libri sono corredati da poesie, testi e testimonianze caratterizzati dall’inconfondibile font senza maiuscole né puntini sulle i.

Sulle pareti è possibile scorgere anche le Teche in Plexiglass in cui sono raccolti ricordi e oggetti recuperati durante i viaggi, annotazioni e riflessioni. Le teche relative al suo viaggio in India riportano anche delle linee grafiche disegnate, che se messe su uno stesso piano tracciano il percorso compiuto da Dante Bighi, con il compagno di viaggio Restany nello stato asiatico; partendo e arrivando a una Teca contenente i biglietti aerei. Altra serie molto particolare appesa alle pareti è quella delle Spremute di Carta, quadri dal grande formato in cui l’artista ha incollato pagine “accartocciate” in modo sottilissimo di quotidiani, fumetti, e altri giornali, alle quali in alcuni casi ha applicato un trattamento cromatico.

Cercando nella libreria si ritrova il volume Traccia personalizzata Personal Mark in cui Dante Bighi ha raccolto tutti i marchi che aveva realizzato fino a quel momento, il libro è stato stampato nel 1984 in monocromo, di cui Restany ha scritto la prefazione.

Oggi la Villa, ceduta da Dante Bighi al Comune di Copparo, è tenuta viva dall’associazioneCentro Studi Dante Bighi, nata nel 2008, e dallo studio di architettura UXA – acronimo di Ufficio X l’Architettura – che occupano gli spazi dell’appartamento dell’Ammiraglio.

L’obiettivo è quello di approfondire gli studi sulla sua eclettica figura, organizza mostre, concerti, serate di lettura, approfondimenti sull’architettura e tutto ciò che concerne il campo delle arti applicate, della grafica e della pittura riportando la Villa alla funzione che aveva voluto per lei il suo proprietario. Luogo d’incontro, di discussione e di diffusione della cultura del nostro tempo.

Visitare la Villa è una passeggiata nel tempo, alla scoperta dell’International Style, del Nouveau Realisme, della cultura degli anni Sessanta intrecciata agli artisti del nostro tempo che lasciano le proprie opere dopo un’esposizione organizzata dal Centro Studi.
Visitare la Villa è sentire nascere una curiosità per una figura importante per la nostra cultura ma ancora troppo sconosciuta, vissuta a pochi passi da dove viviamo.
Visitare la Villa è voglia di tornarci in tutte le stagioni per vedere la Natura che muta, scoprire nuovi particolari e vedere le opere al suo interno con uno sguardo diverso, sfogliare i libri nelle sue librerie.
Visitare la Villa è incontrare persone come Elena Bertelli che ti appassionano raccontandoti gli aneddoti della vita di Bighi e la nascita delle sue opere.
Visitare la Villa è conoscere la cultura del nostro territorio e impegnarsi a diffonderla e valorizzarla.

3 Commenti

  1. Loredana Bondi scrive:

    Veramente interessante…”quanti tesori si nascondono nella silente e umanamente ” nebbiosa” provincia!

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