“E’ come se non avessi sfumature: se non sono il primo, mi sento l’ultimo”, così dichiara Riccardo III alle prima battute di RIII, uno Shakespeare pop che ha incantato per ritmo e bellezza il Teatro Comunale.

Nato dalla “visione” di Alessandro Gassmann (da poco riappropriatosi della seconda “n” originale del suo cognome), questo Riccardo è un essere esagerato, in bianco e nero, ora abbagliante ora cupo, che si muove in un mondo estremizzato dove, appunto, per le sfumature non c’è spazio.

“Ho voluto rendere l’opera comprensibile per tutti”, perciò popolare, in modo da depurare Shakespeare dalla difficoltà linguistica e dai molti personaggi che impedivano di far risaltare il nucleo centrale, racconta Gassmann durante l’incontro con la compagnia tenutosi come di consueto nel weekend di programmazione.

“Dopo La parola ai giurati e Roman e il suo cucciolo presentati anche a Ferrara le scorse stagioni-, che trattavano temi sociali a me cari come la pena di morte e l’integrazione in Italia, -prosegue-, cercavo un testo che trattasse la conquista del potere e il non rispetto delle regole. Nessun romanzo contemporaneo è riuscito a superare la modernità e attualità di questo Shakespeare”.

Ecco allora prendere forma RIII, nel fresco adattamento di Vitaliano Trevisan per 16 personaggi (e 10 attori) e due “tempi”, che riesce a far risaltare tutti i nodi centrali che rendono quest’opera un classico sempre attuale e un capolavoro insuperato.

A sipario alzato, colpisce la scenografia gotica, plumbea, con forti echi della cinematografia tedesca anni ’20 e ’30 fino a Tim Burton, regista che Gassmann ama molto e da cui ha tratto ispirazione per le scenografie e il trucco perlaceo, livido dei personaggi sui quali “il sole di York”, invocato da Riccardo in apertura della tragedia, non splenderà mai e per un atmosfera dagli echi cinematografici molto forti.

Punto di forza di Gassmann, trovare una sinergia tra la tecnica teatrale e quella cinematografica, al servizio dell’opera e del ritmo che qui si vuole il più possibile naturale, incalzante, non “di maniera”. Per fare questo si avvale, qui come negli allestimenti precedenti, della proiezione su pannelli disposti sulla scena, curato dallo storico collaboratore Marco Schiavoni, dove l’immagine può essere duplicata o rallentata a fini drammatici con effetti molto suggestivi come durante il sogno di Riccardo.

E’ un sistema che aiuta a portare in scena cose che non avrei potuto avere, -spiega il regista- eserciti, nevicate, boschi, falò, e un ritmo simile al montaggio cinematografico senza bui o cambi scena che interromperebbero il flusso di emozioni”. La tecnica al servizio della drammaturgia, per “amplificare e pantografare le emozioni”, così come con i suoni, le voci, che provengono distintamente da luoghi diversi del palcoscenico grazie ai microfoni indossati dagli attori e le musiche, a cura sempre di Pivio e Aldo de Scalzi, che spaziano in una cavalcata melodica dalle musiche tradizionali scozzesi ai Dire Straits, affinché ogni brano contribuisca ad arricchire di significato le scene.

E’ una regia molto insolita, quella di RIII, che sfugge all’attualizzazione a tratti pericolosa del classico e ad una riproposizione da teatro elisabettiano: “Volevo che la Storia fosse racchiusa in un non-tempo, dal Rinascimento alla Seconda Guerra Mondiale, inserendone parti che hanno fatto del male alla storia umana come nazismo, fascismo, gulag, oscurantismo. Credo sia un buon servizio all’opera oggi, perché Shakespeare ha una grande preveggenza, ovvero che il male si è ripetuto ciclicamente, rendendo le sue opere incollocabili dal punto vista storico”.

Anche i costumi assumono perciò un ruolo centrale nel racconto, contribuendo a costruire i personaggi per i quali sono stati disegnati. Fasciano regine avvolte in una ragnatela di dolore dalla quale non possono sfuggire, ma solo continuare a tramare e lanciare maledizioni contro chi “è insieme causa e effetto” della morte dei loro cari e della perdita della protezione del potere. Abbelliscono comprimari dandy che giocano con anacronistici (ma nel non-tempo tutto coesiste) orologio da taschino, o lord in atteggiamenti militareschi anche nelle più piccole operazioni quotidiane. Infine avvolgono in un tessuto lucido, anonimo, il sicario Tyrrell, sineddoche per tutti i personaggi che ruotano intorno al Riccardo III originale e ne sono di volta in volta la mano assassina. Un personaggio rivisitato da Trevisan come tormentato, a richiamare quasi la figura di Amleto, alle prese con una coscienza silenziosa ma mai sopita: “il re aprirà di nuovo la sua borsa e lei volerà via… e chissà che un giorno non si stanchi di tornare”. Infine, una giacca militare, sostegni pesanti e grossi stivaloni che rimandano al Frankenstein di James Whale caratterizzano un Riccardo smisurato (“non potendo farmi piccolo, mi sono fatto altissimo”), goffo, preda di tic e nevrosi che rievocano insieme Peter Sellers ne Il dottor Stranamore e Boris Karloff, pur con una cifra molto personale.

Con così tante e precise fonti d’ispirazione, a volte anche di taglio fumettistico, il rischio di apparire  feticci o blandi imitatori è grande, ma scongiurato da un imponente lavoro d’attore dietro ogni singolo dialogo ed espressione.

“I mostri mi rassicurano: Riccardo mi ha dato coraggio”, ride Gassmann, “quando ho paura cerco di usare la forza, ecco perché nelle prime repliche era più fisico, poi nel tempo si è trasformato. E’ così che il personaggio diventa tridimensionale, prende uno spessore, delle volte non è quello che avevi immaginato, ma diventa un’altra cosa che devi imparare a conoscere e capire se è la cosa giusta”.

Abbiamo lavorato come se dovessimo essere inquadrati sempre in primo piano, e tenuto conto più dei silenzi che del parlato: volevamo che la battuta fosse detta nel modo più naturale possibile. Abbiamo fatto dell’ascolto un’altra parola d’ordine quando si lavora” aggiungono gli attori.

Un lavoro di squadra che dà grandi risultati, in quest’opera complessa rivisitata per 10 attori e 16 personaggi, dove la permanenza del classico è essa stessa in scena, per raccontare gli intrighi del potere in modo umano, attuale. Le parole di RIII che compie la scalata al potere e di chi non sa resistere alle sue sirene riecheggiano situazioni ancor oggi non lontane, nel tempo e nello spazio.

Eppure la scrittura di Shakespeare, sottolinea Giacomo Rosselli a cui sono affidate le parti di Catesby e Rivers, “non è mai totalmente drammatica o totalmente buffa, questo per aiutare a rendere l’opera più digeribile. […] La cosa che mi diverte di più è quando muoio e immediatamente dopo ritorno con un personaggio totalmente diverso. Può essere anche una chiave interpretativa generale: il teatro è sempre un gioco”.

Un gioco dove, ride Gassmann in chiusura, “fino ad oggi ho fatto eliminare 1088 persone, quindi state in campana… e sono morto 160 volte! …un piccolo vanto personale”.

Un vanto che si aggiunge a quello di essersi “misurati ancora una volta con un testo portato in scena centinaia di volte, da interpreti di grande levatura artistica”, sottolinea Sabrina Knaflitz, una sfida che la compagnia ha accettato a testa alta, riuscendo a dare un contributo originale all’opera e al panorama teatrale odierno.

La programmazione ferrarese di RIII è stata poi un’occasione per un altro lavoro di squadra già avviato da tempo tra Teatro e ARCI Ferrara, come ci descrive Marino Pedroni, direttore della Fondazione Teatro Comunale: “anche in questo caso si è deciso di collaborare per dare spazio agli eventi collaterali allo spettacolo, dalla proiezione al Cinema Boldini del film di Al Pacino Riccardo III – Un uomo, un re a quella del documentario Essere Riccardo… e gli altri, di Giancarlo Scarchilli, già collaboratore di Vittorio e «complice» della prima ora di Alessandro Gassmann”: un diario di viaggio della compagnia oltre le scene, dalla genesi della rappresentazione alla Prima nazionale nel 2013.

Una formula, quella di integrare il cartellone teatrale con quello cinematografico, che con la condivisione degli spazi permette uno sguardo d’insieme all’opera che non può che arricchire lo spettatore curioso di una visione d’insieme.

 

1 Commento

  1. Elena scrive:

    BRAVISSIMA!!!

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